Cose che valgono
Pochi giorni fa abbiamo fatto un riunione del Coordinamento dei soci di Banca Etica del Centro Italia a Perugia (stiamo cercando di fare le riunioni in giro per l’Area e non solo a Roma).
Abbiamo fatto in modo di arrivare più presto del necessario e una socia del luogo che di mestiere fa la guida turistica ci ha regalato un assaggio di visita guidata della città.
Non so se ci siete mai stati, ma Perugia è una città straordinariamente suggestiva fin dal percorso d’ingresso che porta in centro tramite le scale mobili: si passa infatti attraverso i sotterranei dell’antica rocca papale, un luogo affascinante costruito sui resti di un quartiere medievale che cela mille sorprese (comprese delle notevoli rovine etrusche). Un luogo che anche solo visto sbrigativamente mentre si sale per le scale mobili fa molta impressione; esplorato con l’aiuto di una guida diventa straordinario.
Eravamo là che ci godevano ogni particolare quando ho detto a Massimo Marinacci, che è responsabile dei soci di Roma e che mi stava a fianco: «Bellissimo, no?». «Davvero», mi ha confermato. E poi ha aggiunto: «Ma io mi chiedevo: com’è che non si paga, qui?».
Alla battuta di Massimo si potrebbero dare alcune risposte sbagliate. Per esempio che non si paga perché il luogo è posizionato sul percorso di ingresso alla città, e quindi deve essere libero. Oppure che in realtà era gratis perché Antonella la visita ce la stava regalando: normalmente si fa pagare. Oppure anche si poteva far notare che una piccola parte della fortezza richiede in realtà un biglietto d’ingresso.
Ma in realtà quello che Massimo ed io avevamo in mente era altro: e cioè il fatto che, a differenza di tante altre nazioni, l’Italia è talmente ricca di storia, di cultura, di ricchezze ambientali o archeologiche che semplicemente non puoi far pagare tutto: dovresti chiudere mezzo Paese. E quindi ti trovi in mezzo a posti straordinari senza alcun vincolo d’ingresso, e magari proprio per questo ti capita di sottovalutarli.
Era la stessa esperienza che avevo vissuto pochi giorni prima in un qualche svincolo della 131, forse dalle parti di Cheremule o di Borutta (due paesi non proprio di primo piano): ho svoltato per ricongiungermi alla superstrada e là, a due passi dall’incrocio, c’era un nuraghe. Perfetto. Un oggetto edificato più o meno tremila anni fa da un qualche popolo ormai scomparso, lì a bordo strada, assolutamente integro, senza nemmeno una segnalazione. Era contro il sole e mi ha colpito l’immagine, ma altrimenti probabilmente non ci avrei fatto molto caso: lungo la 131 la vista pullula di nuraghi e d’altra parte uno più uno meno non fa una gran differenza, no? Voglio dire: conosco gente che ha un nuraghe dietro l’orto, in campagna, e né lui né nessuno dei suoi conoscenti trova la cosa particolarmente eccezionale. È un nuraghe, mica Stonehenge, no?
Eppure in quel momento ho pensato quasi la stessa cosa di Massimo: cosa ci fa questo qua, così, semplicemente? Com’è che la strada non ha un pedaggio speciale da centro metri prima a cento metri dopo, per il privilegio di guidare a fianco di un nuraghe?! Lo svincolo del nuraghe, siore e siori, potete anche farvi un selfie, volendo. E invece è gratis, ed è normale. Bello vivere in Italia, no?
Poi ieri sono andato in gita all’Asinara. Ve lo racconto non per farvi invidia ma per chiarire il discorso: non sto facendo le solite lamentele del genere in Inghilterra a Stonehenge c’hanno quattro pietre e ne fanno gran cosa e noi invece, che ne abbiamo migliaia…
All’Asinara infatti ho pagato. C’è lo skipper o l’altra barca che ti ci porta, il quale paga i permessi del Parco e così via. Ti danno da mangiare, e lo paghi. Ti guidano, ti danno spiegazioni, ci mettono la barca, da parte loro, e alla fine la gita ha un costo che non è neppure bassissimo.
Ma qualunque cosa avessi pagato sarebbe stato il giusto prezzo?
Boh. Secondo me no. Voglio dire: quante isole ci saranno nel mondo che sono belle come l’Asinara, dove puoi fare un bagno come quello che abbiamo fatto noi? Molte, sicuramente, ma non tantissime. E quante di queste hanno la varietà di flora e fauna che si può vedere là? E anche una storia umana complessa come quella della colonia penale? E quante oltre a questo sono anche testimonianza del 41bis, dell’antiterrorismo, della lotta alla mafia? E quante sorgono in un golfo che ha anche tutta la storia irripetibile di una comunità allogena trapiantata dall’Asinara alla Sardegna, a Stintino? E se anche avessero tutto questo, quante hanno anche collegata con esse la storia delle tonnare? E, infine, quante sono state teatro delle scorribande giovanili (e oltre…) di alcune delle famiglie che hanno segnato la storia d’Italia, come i Segni, i Berlinguer e così via?
Sono cose uniche e non c’è niente che possa pagare tutto questo, com’è evidente. Il prezzo che paghi serve ad compensare dei servizi che ricevi, ma sotto certi punti di vista sarà sempre troppo basso rispetto al dove ricevi questi servizi. Il valore della ricchezza ambientale e culturale di un posto come l’Asinara andrà sempre oltre la pura dimensione della ricchezza economica che può generare, un tema che gli certi sviluppisti del turismo o dell’industria culturale sembrano spesso dimenticare. Vale per l’Asinara ma anche per la 131 col suo nuraghe nello svincolo o Perugia o per mille paesi della Sardegna o centomila paesi e città di tutta l’Italia molte delle quali hanno una storia altrettanto straordinaria di quella dell’Asinara (basta pensare a quella che ho raccontato tempo fa di Atzara).
Tutto questo insieme costituisce la ricchezza di un posto straordinario come è l’Italia, e la discussione su come amministrare questa ricchezza non può essere ridotta al puro dato economico.
«Com’è che tutto questo è gratis?». Quanto vale l’Asinara? E Perugia? Quale biglietto dovresti far pagare per tutto quel po’ po’ di roba? D’altra parte avere la possibilità di goderne è un privilegio: il rovescio della battuta di Massimo era chiedersi, in fondo, se senza la segnalazione del biglietto d’ingresso come “certificato di importanza” chi passa per le scale mobili di Perugia, come chi si reca in un Parco Nazionale, è cosciente di questo privilegio (probabilmente no); e se la comunità nazionale è cosciente del compito complesso che l’essere depositaria della ricchezza ambientale e culturale d’Italia le poe (certamente no).
P.S. Come dice il Vangelo,
chi lavora ha diritto alla sua ricompensa (Lc 10,7b)
quindi mi sembra giusto segnalarvi il ricco sito di Antonella Bazzoli, una guida bravissima per chi fosse interessato a visitare Perugia e tutta l’Umbria. E lo skipper (e ottimo cuoco) che ci ha portato all’Asinara si chiama Franco Cuccu (date anche un’occhiata a tutte le proposte del Consorzio Turistico Stintino).