Slittamenti di senso
Ieri ho avuto un breve scambio su Facebook con un amico.
Lo riporto qui per due motivi. Uno è che il blog serve esattamente a questo: a riportare tutto a casa di quel che spargo sulla rete. La seconda è che il breve dialogo svela alcuni, come dire?, impoverimenti del ragionamento politico che giungono spesso da provenienze inaspettate. Non commento il dialogo, ma sarei lieto di sentire pareri, per vedere se quella sensazione di dissonanza è percepita anche da altri o sono io che mi sbaglio.
I vari partecipanti alla discussione, a parte me, sono indicati con le iniziali, posto che il livello di privacy garantito da Facebook non mi è chiarissimo. Ho tolto anche tutti i vari “mi piace”, “19 ore fa” e altri dati inutili.
D. ha condiviso il post di il Post.
I casi giudiziari si chiudono, a volte con i processi, a volte senza.
Ma, nel frattempo, che danni hanno fatto le campagne di stampa, le catene su FB, le generalizzazioni, i luoghi comuni (“tutti ladri”) sulla fiducia generalizzata, sulla formazione delle nostre opinioni, sulle decisioni pubbliche?
Le vecchie prime pagine sull’inchiesta “sistema Sesto”, da riguardare ora che Penati e gli altri sono stati assolti
G.: il problema è che dell’assoluzione se ne parlerà per un giorno, in un articolo posto a pagina 16-17…. e giusto perché si tratta di un politico davvero importante… altrimenti neppure quello.
D.: Sì, G.. Ma intanto quanta gente ha smesso di votare un partito e ha iniziato a votarne altri perchè “sono tutti ladri”? È una gigantesca distorsione della democrazia.
D.: Oppure: quanti non vanno più a votare, per lo stesso motivo?
G.: certo, il problema media-magistratura ha delle conseguenze pazzesche anche sulla qualità della democrazia… purtroppo non vedo rimedio nel breve termine… quando si è provato a fare qualcosina il baccano è stato tale da avviare la marcia indietro
Roberto Sedda: Leggo che il PM dichiara che la prescrizione ha “sfasciato l’indagine”, quindi forse le cose non sono così nette…
D.: Infatti Roberto, invece le prime pagine, i blog politici e i talk show da anni spacciano cose “non così nette” per “rubano tutti”. Il problema della corruzione è mediaticamente sovradimensionato. E questo riduce nelle persone la capacità di discernere, facendogli credere che il casellario giudiziario sia l’unico criterio per scegliere un rappresentante. Mi piacerebbe fare un esperimento: sono sicuro che un politico potrebbe esercitare il proprio mandato in modo odioso, arrogante, moralmente riprovevole e inefficiente senza infrangere nemmeno una legge o un regolamento
Roberto Sedda: Si possono avere tante opinioni, ma il problema della corruzione non potrà mai essere “mediaticamente sovradimensionato” perché è IL problema dell’Italia (o uno dei primi tre). E con tutto il rispetto e da ex elettore democratico, pensare che il PD ancora possa godere del primato morale del vecchio PCI è mistificazione: il che non vuol dire che non ci siano persone oneste nel PD, per carità, ma pensare che sia “fuori” o “meglio” degli altri partiti è davvero ingannevole.
D.: Infatti non lo penso. Non voto un partito per la presunta concentrazione di santi nelle liste. Preferisco guardare alla cultura istituzionale, alle modalità di selezione dei rappresentanti, alla capacità di interazione con il territorio, alla qualità delle regole di partecipazione. Semplicemente, l’onestà non è una categoria politica
Roberto Sedda: Dillo a Palermo…
Qui intendevo dire: ci sono posti, come i territori ad alta concentrazione di criminalità organizzata, in cui l’onestà è senza dubbio una categoria politica – l’antimafia è stata una categoria politica, e anche necessaria. Ma non mi volevo addentrare e c’era un altro esempio molto più vicino.
Roberto Sedda: Ma banalmente, secondo te la legalità non è stato un elemento chiave nell’orientare la vittoria di Zedda a Cagliari alle scorse elezioni?
D.: Boh, dici? Perché i concorrenti avevano grane giudiziarie? Non mi ricordo. Sicuramente ricordo che Zedda era meno “solita faccia” tra tante “solite facce”. Anzi non lo era proprio
Roberto Sedda: Ma no, ma perché fra le due alternative una pareva certamente molto meno portata alla politica come prosecuzione dell’economia con altri mezzi. Ti farei sommessamente notare che la “cultura istituzionale” senza onestà non saprei dire che sia, e che l’onestà non implica la concentrazione di “santi” nelle liste, ma di persone teoricamente “normali”. Scusa se insisto, ma noto in tutto questo discorso pericolosi scivolamenti di significati…
D.: Forse soffro di una visione antropologica pessimistica che mi impedisce di attribuire automaticamente all’essere persone “normali” un significato positivo. Tanto più nel coprire cariche pubbliche
E qui ho capito che finivo a dover spiegare di non essere grillino e mi sono arreso.