Come parlare al muro
(ho cambiato i nomi per proteggere gli innocenti)
Sono all’aeroporto, seduto mentre si esaurisce la coda dell’imbarco. A fianco a me un tizio, seduto, e due in piedi che parlano.
Uno dei due in piedi si gira verso quello seduto e fa: «È Paolo, te lo ricordi?!».
Quello seduto abbozza.
I due finiscono di parlare, poi uno se ne va al bar e l’altro si siede.
«Era Paolo Floris, te lo ricordi?».
«No».
«Eddai, Paolo Floris. L’amico di Mario Pisano, ti ricordi?».
«No».
«Quando scendevo con Mario Pisano e Giovanni Cadeddu, non ti ricordi?».
«No».
«Ah». Pausa. «Comunque…», pausa significativa, «comunque è molto cambiato».
«Cambiato in che senso?».
«Cambiato».
«Cioè, come cambiato?».
«Cambiato. Cioè nel senso che ha cambiato gusti».
«Come “cambiato gusti”?».
«Eh, nel senso che prima gli piacevano certe cose e adesso non più».
A questo punto io ho capito. L’amico, direi, invece no.
«Quali cose?».
«Eeeeh, cose».
«Oh, e che cose?».
«Eh! Che prima gli piacevano le donne».
«E scusa, e adesso?».
«Adesso no».
«Ma scusa…».
E io penso: ancora?!
«… e adesso cosa gli piace?».
Si. Ancora.
«Gli piacciono gli uomini».
«Ah».