Opera buffa del Giovedì Santo
Devo confessare che io di Roberto De Simone non so moltissimo: che è un musicista e musicologo importante, certo, che è stato determinante nella nascita di una scena musicale napoletana che negli anni ’70 e ’80 mi piaceva molto, pure, ma a parte questo non ho mai ritenuto necessario approfondire e non ho neppure mai visto a teatro qualcosa di suo. Probabilmente pesava, inconsciamente, il giudizio un po’ sprezzante che emergeva in Rinnegato di Bennato che, lui sì, era l’idolo della mia giovinezza:
Oggi, però ho scoperto casualmente la sua Opera buffa del Giovedì Santo (ci sono in giro anche un po’ di foto dell’allestimento del 2001) e sono rimasto molto colpito. Tanto colpito da desiderare davvero di approfondire e da rimpiangere il fatto che oggi con Oggi parliamo di libri non vado in onda: altrimenti avrei fatto in modo di presentarlo in radio: sarebbe stato perfetto.
Però mi sono segnato il libro, per ricordarmi di procurarmelo e leggerlo, e ho girato un po’ la rete per cercare di capire meglio di che cosa si trattasse, non tanto dal punto di vista della lettura politica della città di Napoli e della questione meridionale, né della metafora (una promessa non mantenuta, una speranza non sbocciata, una città bloccata al Giovedì Santo nell’attesa di mai soddisfatta di giungere a Pasqua e risorgere) ma nel senso più propriamente artistico, musicale, dell’effetto teatrale.
La ricerca non ha prodotto moltissimo, ma ho trovato due brani che ho pensato di condividere con voi.