Mimetismo di genere
Sto leggendo Il Risorgimento italiano di Alberto Mario Banti (Laterza, 2008, € 9,50). Il libro, pur molto ben fatto, è molto più breve di quanto mi aspettassi: oltre a una corposa nota bibliografica, infatti, circa sessanta pagine sono occupate dalla trascrizione di documenti d’epoca, il che ovviamente toglie spazio alla trattazione.
In questi documenti, tuttavia, si trovano chicche notevoli. Per esempio quando discute del sorgere di idea nazionale durante il Triennio patriottico successivo al primo scossone napoleonico, Banti si interroga sul ruolo delle donne – sia quello da loro assunto, sia la visione del loro impegno da parte dei patrioti maschi – e ne trae la conclusione che era esiguo e che comunque le figure femminili impegnate attivamente, come la Eleonora Fonseca Pimentel, attuavano una sorta di «mimetismo di genere». A riprova cita subito dopo un testo scritto per il Monitore Napoletano, nel quale la Fonseca, dopo avere descritto con soddisfazione la parata della neocostituita Guardia Nazionale, scrive (il grassetto è mio):
Il vario suono delle belliche marce, il veder questa truppa creata a un tratto quasi un miracolo della libertà, faceva insieme tenerezza e meraviglia. Qual madre non si sentì allora capace di dire, come le Spartane, quando ai figli presentavan lo scudo: «Torna o con questo o su questo»; qual donzella non desiderò, come le Sannitiche, di esser per mano della patria data in premio al più forte?
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