Elon Musk, Mark Zuckerberg e la politica di Washington
Ho l’impressione che non molti in Italia abbiano mai sentito parlare di Elon Musk, eppure è una figura interessante: co-fondatore di PayPal, poi presidente e amministratore delegato di aziende che producono cose che (forse) cambieranno la nostra vita, ha messo il suo nome sul primo successore commerciale dello Space Shuttle, sulla prima auto elettrica competitiva… Ha solo quarantadue anni, è miliardario, è bello e il regista di Iron Man pensava a lui girando il film. Ed è anche ambientalista e di sinistra. Praticamente perfetto.
Mark Zuckerberg, invece, fondatore di Facebook, è molto più noto. Come Bill Gates. Questi tre, insieme con molti altri giovani miliardari e tecnocrati della Silicon Valley dal cuoreliberal e ambientalista (forse) – Marissa Mayer di Yahoo!, Eric Schmidt di Google, Ron Conway e Jophn Doerr (la lista di società da loro co-fondate o finanziate è più lunga della Carlo Felice a Ferragosto), Reid Hoffman di LinkedIn, Drew Houston di DropBox e parecchi altri – pochi mesi fa hanno fondato FWD.us (che in italiano sarebbe sia facci proseguire che manda avanti gli USA). Lo scopo? Promuovere una legislazione più aperta in tema di immigrazione.
Cioè: voglio andare a vivere in America, terra di opportunità e solidarietà, in cui i miliardari hanno il cuore verde e socialmente responsabile. Altro che Benetton. Addio, Berlusconi. Addio, Marchionne. Ah, ma Marchionne non sta anche lui in America? Alt. Fermi tutti.
Infatti: perché a guardar bene tutta l’apertura politica in tema di immigrazione di FWD.us consiste nella richiesta di emissione di più visti d’ingresso temporanei per personale tecnico altamente specializzato (i cosiddetti visti H1B) e per le categorie di lavoratori intellettuali catalogati STEM – science, technology, engineering, mathematics – cioè per personale che troverà lavoro, tra l’altro, indovinate dove? Certo, nella Silicon Valley, nelle stesse aziende dei generosi benefattori.
Ok, qui però siamo ancora nel campo delle opinioni. Meglio alcuni miliardari furbi, attenti alla realtà delle cose e disposti a pagare principescamente un informatico bengalese che non quel deputato del Kansas che ha invitato a dare la caccia agli immigranti illegali con gli elicotteri e a sparargli come se fossero cinghiali. In un paese in cui un deputato dice cose del genere, forse anche quelle proposte da FWD.us sono grandi riforme.
Forse. Ma questa non è tutta la storia. Perché FWD.us ha scelto un approccio bipartisan, che in pratica vuol dire che ha assunto maneggioni di Washington con solidi agganci dappertutto: un ex consigliere di Clinton insieme con uno che ha fatto la campagna elettorale di Ryan, e così via.
Come ha dichiarato un altro dei finanziatori di FWD.us, Jim Breyer:
«Le nostre decisioni in materia di promozione sono prese da una squadra molto abile di agenti politici che sanno che per far adottare riforme importanti sono necessarie tattiche diverse e innovative»
Le tattiche innovative di questi abili artigiani si traducono in una sola: soldi ai politici. Quindi si è deciso di non fare una campagna di comunicazione specifica sui temi dell’immigrazione, ma piuttosto di finanziare pubblicità a favore di alcuni politici, democratici e repubblicani, particolarmente a favore di una riforma dell’immigrazione. L’idea sarebbe che rendendoli individualmente più forti e popolari anche le loro proposte avrebbero avuto più forza e popolarità. Gli spot però non riguardano, a questo punto, solo le posizioni del senatore o deputato in materia sociale, ma tutto lo spettro delle sue attività.
È così che i miliardari dal cuore verde, sostenibile e solidale hanno speso ceninaia di migliaia di dollari affinché fosse lodato un senatore perché vuole trivellare il parco nazionale dell’Alaska, o quell’altro che sostiene un oleodotto che spacca in due l’America (Graham, il senatore in questione, è un repubblicano interessante, consiglio su di lui un articolo del Wall Street Journal).
Non male, no? In realtà grazie alle leggi americane che permettono ai finanziatori di enti senza fine di lucro di rimanere anonimi, anche quando questi enti sono sostanzialmente dei gruppi di pressione politica (c’è un articolo in materia che vorrei tradurre, ma chi legge l’inglese se lo può vedere subito) non si sa esattamente chi ci sia dentro FWD.us, però alcuni nomi sono stati dati in pasto alla stampa nella fase di lancio dell’iniziativa, Musk fra questi. Alcuni hanno minimizzato, altri si sono congratulati con se stessi per il fatto che a Washington è tutto uno schifo e per fortuna c’è chi fa il lavoro sporco per loro, e così via. Di Zuckerberg non ho trovato commenti.
La reazione di Musk è stata raccontata dalla Reuters: ha lasciato pubblicamente FWD.us. E a All Things Digital ha dichiarato:
«Penso che dovremmo provare a far succedere le cose perché sono giuste. Non dovremmo cedere alla politica. Se ci abbandoniamo ai compromessi, avremo il sistema politico che ci meritiamo».
Elon, sei il mio idolo.