Le pecore e il pastore
Un Camilleri in vesti di storico e non di giallista, Le pecore e il pastore, edito da Sellerio, un libriccino piccino picciò e utile perciò da leggere in viaggio.
Si tratta della ricostruzione (vera, verissima) di un episodio della Sicilia degli anni ’50: sullo sfondo delle lotte fra latifondisti e contadini per la gestione delle terre e la riforma agraria, un vescovo conservatore ma sociale e perciò schierato con i contadini si piglia una fucilata e viene dato per morto. Operato in condizioni disperate da un geniale “chirurgo dei poveri” versa per diversi giorni in condizioni disperate.
A questo punto, in un convento di suore di clausura viene presa una decisione disperata: dieci suore decidono di offrire la loro vita in cambio di quella del Vescovo, e si lasciano volontariamente morire perché il loro pastore sopravviva.
Camilleri tratteggia con finezza e grande partecipazione la figura del Vescovo e le lotte di quegli anni, dà pennellate rapide e interessanti sulla società siciliana e la sua religiosità, compresa la storia misteriosa e miracolistica del convento di clausura in cui si svolge il dramma, e si arresta, rispettoso ma palesemente dubbioso, sulla soglia delle porte delle celle in cui le dieci, giovanissime, suore si lasciano morire di fame.
Il libretto è molto carino (tanti personaggi sono tratteggiati con finezza) e si lascia leggere con piacere, anche se sul fondo lascia un senso di disagio, di una scelta che si lascia comprendere ma non completamente accettare.
Recensito ai primi del 2007 nella mailing list del gruppo La Pira