Buone abitudini fumettistiche (e segnalazioni)
Dopo più o meno un anno di interruzione (o forse più) ho ripreso a comprare Skorpio e Lanciostory, un’abitudine di lettura che mi ha accompagnato fin dalla giovinezza e che sicuramente ha avuto un gran peso nel formare il mio gusto in termini di fumetti e di racconti di avventura e di genere.
Sono davvero contento di avere ricominciato. Ho ritrovato Dago un po’ imbolsito e le rubriche sempre più difficili da leggere e apprezzare, compresa, spiace dirlo, quella di Luca Raffaelli.
Ma i fumetti… aaah, i fumetti.
So che molti non comprano Skorpio e Lanciostory (e le altre riviste contenitore, peraltro per la maggior parte ormai defunte) perché non sono in grado di reggere il gioco della serialità, che porta i vari fumetti a non concludersi immediatamente ma a durare puntata dopo puntata per più settimane. A me invece questo tipo di razionamento non pesa, di solito riesco a ricordarmi che cosa era successo nel numero precedente e apprezzo invece molto la dimensione antologica, la possibilità di avere a prezzo contenuto e nell’edicola sotto casa, senza bisogno di andare in fumetteria, un gran numero di storie, stili e autori diversi. Non mi pesa neppure l’adattamento su carta meno nobile di quella delle edizioni da libreria o certe concessioni necessarie per la pubblicazione economica: non solo perché ci sono pure edizioni costosissime di fumetti nei quali le tavole originali sono state ampiamente rimontate, ma anche perché fa parte strutturale dei limiti della lettura antologica, in cui spizzichi e assaggi: se di qualcosa ti innamori e vuoi conservarlo ti potrai sempre rivolgere a edizioni di migliore qualità.
Certo riprendendo dopo l’interruzione mi sono reso conto meglio che questa dimensione antologica negli ultimi anni si è andata asciugando, per questioni di mercato globale: le storie provenienti dal mercato franco-belga sono ormai la stragrande maggioranza e i fumetti provenienti dall’area sudamericana o da autori emergenti italiani invece un’assoluta minoranza (giapponesi e statunitensi su Skorpio e Lanciostory non hanno mai abbondato).
Anche così, comunque, la varietà è ampia e permette sempre delle belle sorprese. Io per esempio ho scoperto da poco Léo Malet e il bell’adattamento dei suoi romanzi fattone da Tardi (Malet è la passione del 2015: ho anche comprato in fumetteria l’adattamento ancora successivo a opera di Moynot e ho preso pure i romanzi in lingua originale, ma questa è un’altra storia).
Per dire dell’abbondanza delle diverse possibilità di lettura nei numeri delle ultime settimane mi sembrano interessanti Patxi Babel, di Boisserie e Abolin, e la storia di gangster in stile Edward Bunker Tyler Cross di Nury e Bruno, appena cominciato, e la nuova puntata della complicatissima serie La principessa di sangue, di Manchette e Headline/Cabanes, ricca di belle figure di avventurieri. Conoscevo già da qualche altra lettura precedente le storie napoleoniche con protagonista Torpedine di Dufaux e Damar (la serie si chiama Doppia maschera) e sono stato contento di ritrovarle, mentre vedo che viene proposto in questo periodo anche qualcosa di Van Hamme; nei mesi passati ho rivisto anche Jeremiah di Hermann, per esempio, quindi alle scoperte si alternano autori affermati che conoscevo già. Mi piaceva molto agli esordi Cassio di Desberg e Reculè, una storia a metà fra romanzo storico e fantascienza: adesso mi piace un po’ meno, così come trovo un po’ in calo La mondana di Zidrou e Lafebre, ma sono comunque delle storie di alto livello. Di altissimo livello, sebbene un po’ impacciata nello sviluppo narrativo, è anche Eleonora, biografia romanzata di Eleonora d’Aquitania, di Carlos Gomez (che disegna Dago) e Mogavino/Delalande. Se proprio non riuscite a indurvi all’acquisto dei settimanali in edicola tutti i fumetti che menziono meritano almeno un’occhiata accurata in fumetteria, se li trovate, o in qualunque forma di pubblicazione integrale che riusciate a reperire.
La cosa strana che mi capita in questo periodo, però, è soprattutto il fatto di avere la sensazione che in un certo senso i fumetti giungano… a gruppi. Per esempio seguo da un paio di mesi con vero piacere un fumetto che si chiama Il treno degli orfani (di Charlot e Fourquemin) e che racconta il grande movimento che negli Stati Uniti del XIX secolo condusse centinaia di migliaia di ragazzi orfani delle grandi città dell’est verso l’adozione in famiglie rurali del midwest, con un carico di dolori, separazioni e sommovimenti sociali facilmente immaginabile. Mentre leggo continuamente nella mia testa mi viene da sentire che in fondo la storia che si racconta è la stessa di un fumetto pubblicato poco prima, Carlisle di Chevais-Deighton e Seigneuret (ne vedete un’immagine nella copertina di Lanciostory in alto). In realtà i due fumetti sono diversissimi e Carlisle racconta della occidentalizzazione forzata dei giovani nativi americani in scuole destinate a questo scopo: un po’ collegi e un po’ campi di concentramento dal volto umano. Fra queste due pubblicazioni c’è stato un fumetto di cui non ricordo il titolo che raccontava dell’odissea di un gruppo di bambini ebrei durante la II Guerra Mondiale e anche qualche altra cosa: improvvisamente mi sembra che una buona percentuale dei fumetti che leggo parli di orfani, di bambini sbandati, o deportati.
Oppure mi accorgo che 120, Rue de la Gare di Léo Malet e Tardi è ambientato dopo la disfatta francese e l’occupazione del paese da parte dei tedeschi nel ’40-’41, e che la seconda puntata de La mondana è adesso ambientata esattamente nello stesso periodo, come pure Joan di Robin Wood (e Pedrazzini): la Parigi occupata non è propriamente un’ambientazione classica dell’avventura, eppure guarda improvvisamente quanti fumetti ne parlano…
Questa sensazione è un po’ spaesante, e naturalmente dipende da ben note esigenze narrative (gli “orfani” sono uno dei mattoni fondanti dei romanzi di avventura) e da semplici coincidenze commerciali: sono fumetti pubblicati in tempi diversi e in maniera indipendente, acquistati magari in blocco e casualmente ora pubblicati in Italia a distanza ravvicinata, però è lo stesso una cosa curiosa e, al fondo, un’altra caratteristica piacevole della dimensione antologica.
Di antologie su altre sponde editoriali
Mentre scrivevo questo articolo e radunavo le segnalazioni mi è venuto in mente che c’è un’altra casa editrice (praticamente la casa editrice italiana di fumetti per antonomasia) che zitta zitta quatta quatta ha reintrodotto nel mercato una dimensione antologica, ed è la Bonelli. Dopo la collana delle Storie, che programmaticamente alterna ogni mese autori e ambientazioni diverse, la nuova collana di “romanzi a fumetti” inaugurata in primavera esplora la stessa strada con un maggiore respiro narrativo: se le Storie si concludono infatti in un solo numero, nella nuova collana a ogni coppia di autori sono affidati tre numeri successivi coi quali concludere il proprio “romanzo”, quindi con la stessa dimensione a puntate tipica delle riviste contenitore (è anche probabile che in questa rinascita delle narrazioni a puntate conti il successo delle narrazioni seriali televisive).
L’esordio dei romanzi a fumetti è stato affidato a Gianfranco Manfredi con Coney Island, che era molto interessante per l’ambientazione anni ’20 e disegnato benissimo ma alla fine un po’ inconcludente nel suo mix fra gangster ed esoterismo; trovo per il momento più riuscito il successivo Tropical Blues di Mignacco e Foderà, ambientato nei mari del sud, che inizia come Corto Maltese, prosegue come Cuore di tenebra (o forse come L’uomo che volle farsi re) e sembra di capire che il mese prossimo si concluderà in un bagno di sangue. Sinora mi sta piacendo molto ma parecchio dipenderà dalla qualità del finale: in ogni caso il secondo numero si trova ancora in edicola e reperire il primo per leggere la storia per intero non dovrebbe essere complicatissimo, quindi il suggerimento è di comprarlo.
A proposito di giravolte della trama e della collana Le storie, uno che in questa estate dimostra di saper tenere saldamente in mano una trama complessa e di padroneggiare in toto lo stile di ambientazione alla Fenimore Cooper è Mauro Boselli, creatore di Dampyr e curatore di Tex: nello speciale a colori della collana pubblicato questa estate, Mohawk River, mette in campo un gran numero di personaggi e esplora con cura lo stesso tema de L’ultimo dei Mohicani: il dividersi e ricongiungersi di un gran numero di personaggi, il costruirsi e il rompersi di relazioni, alleanze e inimicizie nella zone di confine fra colonie inglesi e francesi durante la Guerra dei Sette Anni: le linee lungo le quali i personaggi si dispongono non sono necessariamente le stesse che sarebbero richieste dalla nazionalità, ma sono legate a una ragnatela di rapporti, anche sentimentali, che seguono logiche diverse da quelle dei capitribù e degli alti comandi militari. Una prova di abilità davvero notevole di Boselli, servito ottimamente da Angelo Stano: peccato che rispetto all’originale di Fenimore Cooper gli manchi, alla fine, quel guizzo retorico, quel tanto di sentimentalismo o di tragedia, da rendere la storia indimenticabile – l’impressione finale è un po’ di freddezza, ma è comunque un fumetto che merita certamente di essere letto (e che trovate ancora in edicola, credo).
Dopo essermi riempito tanto la bocca di antologie, carrellate di autori diversi e compagnia bella chiudo l’articolo in realtà… contraddicendomi. Perché l’ultima segnalazione è di nuovo per Boselli, che questa estate firma (con Luca Rossi) anche il numero normale della serie – vedete che poi quando dico che i fumetti escono a gruppi ho ragione? – che si intitola L’abisso. Anche qui Boselli dimostra di avere alle spalle letture enciclopediche e una grande sensibilità per i generi: la sua resa di una storia di mare sospesa a metà fra racconti di pirati e orrori alla Edgar Allan Poe (e Lovecraft) tocca tutti gli accenti giusti e cita con discrezione i mostri sacri del genere (un paio li ho menzionati, ma si potrebbero nominare un’altra dozzina di autori di storie marinaresche, da Melville a Stevenson a O’Brian) inserendoli oltretutto in una cornice storica molto curata.
Anche qui alla fine si cade u po’ nella chiusura della storia, che è un po’ telefonata e soffre della ricerca della sorpresa in stile – guarda un po’ – “libero di Lanciostory“, che è peraltro un limite ricorrente della collana: anche qui un po’ più di retorica non avrebbe guastato. A confronto di altri autori che sono stati via via presentati nelle Storie, però, devo dire che Boselli spicca: della padronanza del genere ho già detto, ma per esempio dilata anche i tempi narrativi prolungando l’esperienza di lettura per assecondare il carattere straniante del racconto e la lunga odissea sul mare che accompagna la nave dei pirati giorno dopo giorno e mese dopo mese e gestisce con naturalezza un gran numero di comprimari senza alcuna banalità. Il numero è appena uscito, quindi si trova sicuramente con facilità e merita l’acquisto.