Il sessismo dei trafficanti di droga
L’altro giorno, scorrendo gli articoli di Feedly lasciati da parte per una lettura successiva, mi è caduto l’occhio su questa foto, associata al titolo Ragazze carineHo avuto un attimo di soprassalto, come se pensassi di avere una vita da sonnambulo: per quanto mi capiti di archiviare foto di attrici (e attori) a futuro riferimento per giochi di ruolo, di solito non ho articoli intitolati Ragazze carine (questo era incastonato, peraltro, fra uno dedicato alla variazione delle misure dei cani preferiti dagli americani nei decenni e un altro dedicato ai bitcoin; cose più adatte a me, insomma).
E quindi me lo sono letto per capire a cosa stessi pensando quando l’avevo salvato: era un articolo dedicato a queste due tizie canadesi – reddito non alto, lavori normali – che improvvisamente se ne sono partite per una crociera di sogno di diversi mesi, documentandola accuratamente su Instagram, e che alla fine, all’arrivo in Australia dopo diverse soste, guarda caso in paesi latinoamericani, sono state arrestate: avevano nelle valigie 95 chili di cocaina.
Novantacinque chili sono molti.
Anche le foto disponibili delle ragazze erano molte (i vestiti indossati, invece, pochi) e quindi il caso ha avuto una certa notorietà, con articoli di solito fra il malizioso, l’ironico e il moralista: due sceme che fanno un viaggio sospetto, molto al di sopra delle loro possibilità, fanno di tutto per farsi notare e alla fine vengono arrestate; ben gli sta. Donnacce.
In realtà della cosa si è parlato per tre giorni tre e poi basta e quindi non sono riuscito a scoprire come sia andata a finire. Ricorderete l’articolo sul professore di fisica e la modella: mi chiedevo se qui ci fosse all’opera qualcosa di simile, se le ragazze fossero state incastrate o manipolate (hanno arrestato un terzo, con loro, un uomo di una certa età di cui si è parlato pochissimo) e in generale come stessero le cose, ma non sono riuscito a trovare niente.
Ho scoperto, comunque, che l’uso di navi da crociera per trafficare droga è relativamente diffuso: ci sono racconti di un sacco di casi, sempre su rotte che da una parte toccano i Caraibi o l’America Centrale o Meridionale e dall’altra arrivano in Europa o giungono fino all’Australia o alla Nuova Zelanda. I vantaggi sono abbastanza evidenti: i turisti scendono in massa tutti insieme ed è – rispetto a un aeroporto – sia impopolare che poco pratico lavorare la fila con i cani antidroga; il viaggio tocca diverse altre tappe, oltre alle regioni di produzione della droga, e l’itinerario è una scusa legittima; molti dei passeggeri dovrebbero essere considerati al di sopra di ogni sospetto: ci sono infatti un sacco di casi di tranquilli pensionati scoperti a sbarcare valigie zeppe di droga al termine della crociera; talvolta sono corrieri volontari, talvolta, come nel caso di sei pensionati bloccati a Hong Kong, sono semplicemente ingenui (e talvolta stanno in mezzo, immagino).
Ma la categoria bloccata più frequentemente, ho scoperto, sono donne (c’è un interessante articolo sulle donne usate come corriere in Sud America). In moltissimi casi, ho notato, sono belle donne: a parte le due poverette da cui siamo partiti, le prime ricerche su Google riportano le finaliste di un buon numero di concorsi di bellezza di posti diversi come il Sud Africa, la Guyana, l’Inghilterra, la Thailandia, la Serbia, il Canada, l’Italia eccetera.
In parte è un’impressione falsa, che dipende dal fatto che questi casi solleticano il pubblico, come le due ex carcerate peruviane che adesso fanno la bella vita a Lima e riempiono i tabloid inglesi.
La realtà, infatti, in particolare nel Sud America, è che un largo numero di corriere sono donne povere, disperate, facilmente condizionabili o ricattabili e, essenzialmente, sacrificabili. L’organizzazione è maschile, la manodopera di basso rango, che si prende tutti i rischi, è femminile.
La questione, però, è un po’ più complicata. In altri casi i trafficanti fanno leva sugli stereotipi, per i quali una ragazza giovane, carina e pulita è un’ottima copertura: è il caso della ragazzina inglese usata come copertura – una bella vacanza in famiglia! – da una coppia di trafficanti, padre e figlio, per portare droga dalla Spagna alla Francia. E in altri casi fanno leva, evidentemente, su altri tipi di stereotipi: si suppone che l’arcigna guardia di confine di fronte allo sbatter d’occhi di una bellona – meglio se generosamente svestita – dimentichi tutto, si faccia intortare e voilà! la valigia colma di droga non viene controllata.
In realtà ho trovato un’ultima spiegazione, e per le suddette bellone è la più disturbante, perché prevede che in realtà la loro cattura sia messa in conto e sia, addirittura, utile: perché essendo giovani, belle, fotogeniche, magari fornite di account su Instagram, catturano così tanto l’attenzione – sia degli agenti al momento delle indagini e della cattura, sia dei media successivamente – che questo sposta opportunamente la luce dei riflettori dal gran numero di altri corrieri che contemporaneamente stanno facendo passare altri carichi. Per l’organizzazione è una situazione win-win: se passano, bene; se non passano, almeno hanno aperto la strada ad altri. Anche nel traffico di droga, come in altri casi, non è un paese per donne.
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