L’inverno di Frankie Machine
Essere Frankie Machianno (Don Winslow, The winter of Frankie Machine) è un lavoro impegnativo. Buttarsi giù dal letto nel cuore della notte, farsi la doccia mentre il lettore CD suona Puccini, prepararsi al buio un caffè, rigorosamente tostato sul momento con una macchinetta francese e fatto con una moka italiana, prepararsi al buio un panino alla cipolla con dentro l’uovo fritto in una noce di burro, catapultarsi fino al molo di Ocean Beach per aprire il negozio di esche, dispensare insieme consigli di pesca e lezioni di vita fino a quando scocca l’ora dei gentiluomini, farsi un po’ di onde insieme agli altri surfers, poi tornare al negozio di esche, poi fare il giro dei ristoranti per il suo secondo lavoro (fornitura di pesce di qualità) e per il suo terzo (fornitura, agli stessi ristoranti, di tovaglie e biancheria pulita), pranzare con tua figlia, che adesso vive da sola ma a cui devi far sapere che tu ci sarai sempre, avere tempo per una pausa pranzo ad alto contenuto erotico con la tua amante, tenere dietro alla tua ex-moglie, che ti ha lasciato ma che non può fare a meno di te, sbrigare le scartoffie delle tue aziende, rivedere la tua amante la sera, essere un pilastro della comunità, un gran lavoratore, un padre amorevole, un amico fidato… è un lavoro duro, ma il primo capitolo del libro ti fa desiderare di essere come Frankie, il metodico, calmo, servizievole, so-apprezzare-le piccole-cose, affidabile, soddisfatto Frankie.
Metodico, soprattutto. Non parcheggia mai direttamente sotto casa, e fa sempre due giri dell’isolato per controllare che non ci sia nessuno che lo aspetta: un particolare buttato lì, una crepa che introduce a tutta una storia diversa da quella che credevi di leggere. Perché Frankie Machine Machianno è stato una leggenda della mafia californiana, un killer il cui nome suscita ancora ammirazione mista a incredulità. The winter of Frankie Machine è un thriller, quindi non vale la pena di raccontare la trama successiva, rovinando magari la tensione: basta dire che di un passato come quello di Frankie non ci si libera mai, e quindi il romanzo è una lunga corsa contro il tempo della Machine per evitare che il suo passato lo ingabbi definitivamente e rovini tutto quello che ha costruito.
Divertente e appassionante, The winter è impostato come una alternanza di flashback che ricostruiscono la vita di Frankie (e forniscono indizi sui suoi attuali guai) e una caccia all’uomo in presa diretta. Il romanzo è molto apprezzabile: rispetto ad altri libri di Winslow è molto meno gore e anche meno adrenalinico, come si conviene a un gentiluomo posato con i modi di altri tempi quale è Frankie – non a caso il ritmo si alza quando entra in scena il gruppo di fuoco avversario, i giovanotti sfegatati del Wrecking Crew, tutta un’altra generazione di mafiosi, momenti in cui sembra di sentire in sottofondo non Puccini ma il rap. Un contrasto di intelligenze, una lotta fra predatori temibili che fa da contrappeso al dipanarsi delle vicende del passato, che invece sciorina tutto il consueto campionario di amicizie virili, tradimenti, conquista di un posto al sole da parte dei poveri figli di immigrati tipico delle storie di mafia.
A proposito del Crew, Frankie Machine è un personaggio spettacolare, che vale il libro da solo, ma tutti i comprimari sono ottimi, come ottima come sempre in Winslow è la parte di documentazione e di ricostruzione storica. La lunghezza del libro è perfetta, lo sviluppo della trama molto solido e la tensione costruita nella maniera migliore man mano che i conti del passato vengono regolati nel presente. Invece debole e affrettato, per quanto perfettamente coerente, è purtroppo il finale, una cosa che avevo già pensato per Il potere del cane.
Note editoriali e di altro genere: io ho letto il ibro in versione originale (quella sopra è la copertina), ma esiste una buona edizione italiana nella collana Stile libero di Einaudi. E ho trovato in rete le ricette per farsi la colazione come Frankie Machine: non credo che io mi spingerò mai a fare il bagel in casa, ma chi vuole provarcisi non si faccia scrupoli (e concordo con il blog citato che Frankie Machine non è De Niro – si parla di un prossimo adattamento cinematografico – ma Eastwood a sessant’anni).
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