Ragazze che muoiono bruciate sotto chiave l’otto marzo. Nel 2017
Mi ha molto colpito, stamattina, leggere su Il sismografo la notizia che in un ostello in Guatemala lo scorso otto marzo sono morte trentacinque ragazzine minorenni in un incendio.
Tutti sapete che probabilmente il famoso incendio in una fabbrica americana da cui avrebbe preso origine la festa della donna è probabilmente un’invenzione storica, ma questo è vero.
E i particolari sono significativi.
Una struttura, alla periferia della capitale guatemalteca, gestito dal ministero degli affari sociali.
Destinata a ospitare circa cinquecento persone, ve ne stavano stipate più di ottocento.
E le persone ospitate erano un mix esplosivo: minori con problemi di disabilità, orfani e ragazzi e ragazze in stato di abbandono, vittime di abusi familiari, vittime di tratta, ragazze madri… e contemporaneamente minori con alle spalle una storia di criminalità, per quanto minore, e quindi affidati ai servizi sociali o posti in stato di semireclusione.
Un mix esplosivo in una casa sovraffollata per la quale, come per tante altre, il governo non stanzia fondi a sufficienza.
Una casa dickensiana nella quale ragazzi denutriti e maltrattati sono tiranneggiati e abusati dai ragazzi più grandi e probabilmente dal personale. Ovviamente le ragazze sono le più deboli della situazione, e quindi le più abusate: la casa ha una lunga storia di violenze sessuali.
Malnutrizione. Maltrattamenti. Violenze. Stupri.
Il sette marzo un gruppo di ragazze inscena una rissa in mensa per distrarre le guardie e tentare la fuga.
L’ultima volta che un gruppo consistente di “ospiti” è riuscito a fuggire il direttore della casa è stato licenziato. Quindi l’attuale e il personale reagiscono con durezza, neanche dovessero reprimere una rivolta carceraria. Interviene la polizia in stato antisommossa e, nell’arco della giornata, la rivolta è spenta e la maggior parte delle ragazze ricatturate.
Per punizione vengono stipate tutte insieme in un dormitorio. A quanto pare nella notte gli ospiti maschi riescono comunque ad avere accesso. Una parte delle ragazze per evitare violenze, scappa sui tetti. Altre, chiuse in più di cinquanta in una stanzetta di pochi metri quadri, essendo l’otto marzo decide di inscenare una nuova manifestazione. Per protesta qualcuna dà fuoco ai materassi. Il personale e la polizia, all’esterno, pensano a un nuovo trucco e reagiscono con lentezza.
Il resto fa dolore immaginarlo.
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