Gente cattiva
Domenica ero sul volo che tornava da Milano. A fianco a me due ex giovani sui quaranta (almeno), sul genere sporty chic (abbastanza vorrei ma non posso), col capello fatto, generose scollature, occhiali da sole (servono gli occhiali da sole in aereo?) e i vestiti della collezione Guess di due anni fa.
Sono tipe che parleranno per tutto il viaggio mentre io tento di dormire, più o meno sempre male di qualcun altro: ne hanno una vasta riserva e sono in grado di cambiare bersaglio con frequenza. Per riposarsi fra un linciaggio e l’altro parlano di diete, di palestra e di scuola di danza, di spese, di cose effimere fatte con colleghi o gente simile a Milano.
Per capire il genere: ascoltano musica a volume altino dal cellulare. A un certo punto vedo un tipo che si protende oltre di me – sono seduto verso il corridoio – e gli fa: «Scusate, avete un paio di cuffiette?» col tono di chi chiede una sigaretta, tanto che sto per offrirgli le mie, che tengo in borsa. Invece, quando loro fanno di no, lui prosegue: «Allora, cortesemente, potete spegnere la musica?», che c’ha ragione, ovviamente, in aereo non si può. Quelle fanno di sì, certo, e lui va via. E allora la prima: «Comunque ce n’è di gente, com’è la parola, intollerante». «No guarda», fa l’altra, «è che ti vogliono rompere il cazzo»…
… bonjour, finesse…
… «Si, lo fanno per romperti il cazzo, ci sono certi che lo fanno per quello», «Trovano soddisfazione così», «Si, sono miserabili», «Che poi, dopo che ti hanno rotto il cazzo, cos’hanno ottenuto?!». «Niente, solo che ti hanno rotto il cazzo»…
Dieci minuti.
Ok, sono così. In realtà sono peggio. Prima di partire stanno su Whatsapp con un’altra tizia che, che bomba!, gli annuncia che due della scuola di danza o della palestra o quel che è si sono mollati.
Siccome preferiscono i messaggi vocali, non posso che essere messo a parte dell’eccezionalità della notizia: «L’avevi detto tu! Sei davvero profetica!», «Presto, chiedi altre news» – dice così, news -, «Ma è stato lui o lei?», «E adesso lui resta a Cagliari o torna a Milano?», chiedi chiedi chiedi chiedi, ma soprattutto è tutto un tripudio: «Gli sta bene a quella zoccola!», «Adesso vedrai che lui buonino buonino torna a casetta», «Quella lì, quella là» (scusate, anche io ho un limite alle parolacce che posso riferire), ma soprattutto la frase decisiva:
«Guarda, mi dispiace solo che non hanno fatto in tempo a avere figli, che non si devono ciucciare anche i bambini nella separazione, ah, come gli sarebbe stato bene».
Gentaglia.