Alessio
Domenica mattina io e i Fabbricastorie siamo andati all’Auditorium Comunale per fare Mondi che funzionano al festival LEI.
C’era poca gente, una condizione che sempre ti procura un sacco di pensieri: dovevamo fare più pubblicità? Se abbiamo coinvolto poca gente cosa penserà di noi il festival che ci ospita? O magari sono loro che si sentono in imbarazzo e c’è qualcosa che gli dovrei dire per mettere le cose a posto? C’è tutto un galateo non scritto delle collaborazioni nel quale non sai mai bene come muoverti, ed è curioso che quando c’è la folla e c’è tanto da lavorare non ti poni mai domande: quando c’è poca gente, invece, le domande oziose abbondano.
Lo racconto per darvi l’occasione di una sbirciata nelle ansie e nelle paturnie di chi organizza o gestisce attività culturali, ma in realtà poi alla fine il gruppo di lavoro l’abbiamo formato senza troppi problemi.
E nel gruppo di lavoro c’era Alessio. Solo che siccome era minorenne (molto minorenne) il suo è un nome di fantasia.
E qui c’è lo spazio per un’altra sbirciata su tutta un’altra serie di questioni.
Per esempio: Mondi che funzionano l’abbiamo proposto nello spazio ragazzi di Isola delle storie di Gavoi ed era andata di lusso, con una storia divertente a base di omini di formaggio e di biscotti Ringo che prendevano vita, quindi noi sappiamo che coi ragazzi di dodici-tredici anni l’attività funziona benissimo. Infatti era prevista la presenza di un paio di figli e figlie dei Fabbricastorie, senza problemi.
Solo che prima del festival erano arrivate un po’ di mail che chiedevano se era un’attività per ragazzi, e noi avevamo un pochino tenuto a mettere in chiaro che, di base, era un’attività per giovani e adulti.
Un po’ perché ci eravamo fatti l’idea che si trattasse di un festival letterario non primariamente rivolto ai ragazzi. Un po’ perché storicamente questa storia che quando parli di gioco subito tutti pensano ai bambini ai Fabbricastorie non gli è mai piaciuta. E poi perché gestire la presenza di adulti e ragazzi insieme non è proprio la cosa più agevole del mondo, perché scattano una serie di meccanismi che ti complicano il lavoro: di paternalismo da una parte, soprattutto se – Dio guardi! – ci sono insegnanti, di reazioni artificiali dall’altra. Il peggio, poi, è quando ci sono i genitori che tentano di giocare per sé e per i figli o, peggio, che anche se gli hai detto che una certa attività è adatta a persone di almeno una certa età ti portano il pupo in fasce perché comunque, è molto intelligente.
E quindi quando è venuto Alessio un po’ ho pensato che era comunque da tenere d’occhio: poi in realtà in due battute ha dimostrato, come ovviamente doveva essere, di sapersela cavare benissimo da solo e quindi abbiamo proseguito senza troppo starci a pensare. Del resto abbiamo inserito agevolmente anche un paio di ragazze dell’alternanza scuola-lavoro (talvolta aidicassette anni sei meno spontaneo nel gioco che a dodici), e quindi avevamo età molto diverse e un bell’amalgama.
Mondi che funzionano è un’attività di scuola di scrittura molto sui generis, non solo perché è pensata per giocatori e autori di giochi, ma soprattutto perché di scrittura in senso tecnico insegna molto poco, e invece lavora molto di più sull’imparare a maneggiare le storie e a farsi le proprie, come la maggior parte delle nostre altre attività di questo genere.
E alla fine, invece, Alessio ci ha raccontato che lui vuole proprio fare lo scrittore. E ci ha chiesto se poteva fotografare i cartelloni sui quali avevamo scritto gli appunti delle cose inventate man mano, perché a lui sarebbe piaciuto molto scriverla, quella storia che noi avevamo costruito insieme e condiviso per sommi capi.
Che Dio glielo paghi.
E così andando via eravamo molto contenti. Io non lo so se fra dieci anni Alessio sarà avviato alla scrittura, o se inventerà giochi, o anche solo si ricorderà di noi: magari passerà sulla storia dell’isola galattica, sugli elfi cattivi o sul mondo trasformato da una catastrofe immane soltanto qualche sera piacevole da qui a Natale. O forse domani gli regalano il motorino o Sonia a scuola gli sorride in maniera diversa e addio.
Noi siamo andati via contentissimi lo stesso.