Un pasticcio riprovevole
Notte a Is Arenas (Pansa, Il Maestrale 2010)
Notte a Is Arenas di Giampaolo Pansa ha una trama arruffata e poco credibile, personaggi di cartapesta e una scrittura banale e sciatta, che oltretutto non trova mai il passo giusto, e dialoghi irreali. A questi difetti, in sé esiziali, si aggiungono una serie di altre difetti (minori?): dal punto di vista del linguaggio un uso insistito, ingiustificato e fastidioso di espressioni desuete, una quantità insopportabile di modi di dire piemontesi. Dal punto di vista dei contenuti, una lettura astiosa da una parte e mistificatoria dall’altra degli “anni di piombo”, con toni da pamphlet di terza categoria mascherati da romanzo; e, più volte, una sorta di fascinazione dell’incesto anch’essa incomprensibile. Quando sono comparsi anche i fantasmi, ho pensato che francamente era troppo.
La ricostruzione della Sardegna sud-occidentale è pesantemente basata, oltre che su una evidente esperienza personale, su una lettura mal digerita di testi documentari, ma ogni tanto affiora che l’autore parla di cose solo per sentito dire: clamoroso il caso in cui racconta di un paese abitato solo dalle vipere, animali notoriamente inesistenti in Sardegna.
Il libro è la riedizione di un testo del 1998 della Sperling e Kupfer: il fatto che si sia sentito il bisogno di cambiargli il titolo mettendo un riferimento geografico esplicito alla Sardegna la dice lunga sullo stato dell’editoria sarda (e del suo pubblico).
Commento (lo ammetto, al vetriolo) pubblicato su Anobii a dicembre 2010.