Prigioni, rivolte e condanne a morte
Oggi appunto qui sopra due fatti del tutto scollegati fra loro se non per il fatto che ne ho letto la notizia lo stesso giorno e per il fatto che genericamente hanno a che fare con le carceri e il sistema giudiziario – e quindi le condizioni sociali – di due paesi peraltro lontanissimi fra loro. Un po’ ci ricordano anche che il cyberpunk è già fra noi…
Rivolta a Porto Said
In un Egitto già attraversato da fuochi di rivolta l’esercito è stato schierato a difesa del tribunale di Porto Said per proteggerlo dalla folla dopo che erano appena state comminate ventuno condanne a morte, tutte assieme (vale la pena di ricordare che in tutto l’anno scorso in Egitto c’è stata una sola condanna a morte). Gli ultras della squadra di calcio e i parenti dei condannati hanno tentato di assaltare il tribunale e la prigione per liberarli, e gli scontri avrebbero originato una trentina di morti. La città è stata posta sostanzialmente sotto legge marziale mentre al Cairo un’altra folla esultava per le condanne: erano gli ultras di una squadra di calcio locale che si erano tenuti pronti a festeggiare oppure, viceversa, ad assaltare gli edifici pubblici locali in caso di assoluzione.
Le condanne si rifanno, infatti, alla strage allo stadio di Porto Said di due anni fa, causata da scontri fra tifosi locali e cairoti, in cui questi ultimi ebbero decisamente la pegggio: si contarono quasi ottanta morti, fra vittime dirette degli scontri e persone calpestate nella ressa. Gli imputati erano tifosi partecipanti al tumulto e pubblici ufficiali accusati di averli fomentati o permessi. La notizia è riprotata da diversi giornali italiani e anche da Al Jazeera.
Nel frattempo in Venezuela, nella prigione di Uribana…
Più di trecento persone sono morte nelle carceri venezuelane nel corso del 2012. Il 2013 si annuncia decisamente peggio, considerato che venerdì scorso una rivolta nel carcere di Uribana ha già causato sessantuno vittime.
Leggendo la notizia ho passato alcuni stadi successivi. Ho cominciato con: sessantuno morti?! E perché? Risposta (la fonte è la BBC):
The riot was triggered when local media broadcast news that soldiers had been sent to Uribana prison in Barquisimeto to search for weapons
cioè la rivolta è scoppiata perché ai prigioneri è giunta voce, via radio e TV locali, che dei militari sarebbero entrati nella prigione per sequestrare armi. Fermi tutti. Armi? Come, “armi”? Che armi avranno i carcerati? La BBC non lo dice, ma ammette che
Venezuela’s prisons are blighted by overcrowding and the proliferation of weapons and drugs […] It is thought that the search was aimed at disarming gangs within the prison and had been planned for some time
dipingendo un quadro di carceri piagate da violenza e traffico di droga e divise in violente fazioni criminali rivali (gangs). Sembra comunque abbastanza probabile che, nel caso specifico, sia per il preavviso ricevuto dai prigionieri, sia per la propensione ad usare con eccessiva facilità le armi che ad ogni latitudine unisce le forza armate quando si trovano a gestire situazioni di ordine pubblico, la situazione sia del tutto sfuggita di mano e che la maggior parte delle vittime sia legata all’azione indiscriminata dei militari (è, sostanzialmente, la versione suggerita da Time – naturalmente il tono delle notizie in qualche modo dipende anche della valutazione che la testata di orgine dà del governo Chavez: in ogni caso, la foto dei parenti dei carcerati che alle porte del carcere elemosinano notizie sui loro congiunti spezza il cuore).
Narcotica, di Alessandro Scotti (ISBN, € 12)
La combinazione di condizioni carcerarie disperanti e dell’illegalità diffusa legata al traffico di droga è il tema di un gran libro di Alessandro Scotti, Narcotica. L’autore ha fatto una sorta di giro del mondo sulle tracce dei grandi traffici della droga, e racconta paese per paese cosa questo voglia dire nella vita quotidiana delle persone, soprattutto di quelle che sono più toccate dal traffico: produttori di droga, poliziotti, consumatori, militari, magistrati e, appunto, carcerati (nel libro c’è sul tema un’attenizone particolare) – alcuni dei quali del tutto inaspettati.
È un libro che ho letto un paio di anni fa e non ce l’ho più freschissimo, per cui non mi sento di farne una vera recensione, ma lo consiglio senza riserve: è un buon punto di partenza per farsi un minimo di consapevolezza sia sul tema dei grandi traffici di droga sia sulle condizione delle carceri in giro per il mondo.
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