La più piccola delle città di Giuda
Premessa biblica a discorsi di ben altro tipo
Nel Vangelo di Matteo Erode si informa, dopo la visita dei Magi, circa il luogo della nascita di Gesù. Gli viene risposto (Mt 2,5b-6a)
«A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
E tu, Betlemme, terra di Giuda,
non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda».
La profezia (di Michea) è di carattere messianico e preannuncia l’avvento del Salvatore, quindi per gli scopi di questo articolo, che si propone di recensire un web-magazine, può risultare un pochino enfatica: diciamo che il brano fa parte della mia formazione e della mia struttura mentale e che come cristiano sono abituato a pensare che dai luoghi piccoli possono venir fuori cose grandi – al rovesciamento dei punti visuali: dal piccolo centro si pensa alla salvezza del mondo, il futuro della metropoli imperiale si decide in un posto sperduto della Giudea.
In Sardegna non c’è luogo più piccolo e sperduto di Lollove.
www.lollove.com
Lollove è una frazione di Nuoro con una decina di abitanti in tutto, che si aggirano in un paese quasi fantasma. Lollove è molto piccolo, e tutto vi sembra distillato. Chi lo visita non può sbagliarsi: tutto, le case, le rocce, i panorami, le persone, segnalano che siamo in Sardegna. Una Sardegna distillata, appunto, ridotta all’essenziale.
Perché tutti noi sardi sappiamo che la Sardegna è molte altre cose che non odori, sapori, tradizioni, rocce, paesaggi e quell’aria che porta il profumo di mare o elicriso o lentischio. E che i sardi sono molte cose diverse dal classico pastore vestito di fustagno o dalla tzia seduta sulla porta di casa; i sardi, oltretutto, stanno in molti posti diversi, tanti dei quali non sono nemmeno in Sardegna, ma vanno da Milano a Berlino e da Barcellona all’Australia.
Eppure tutti abbiamo dentro questo amo invincibile che ci tiene attaccati alla Sardegna, a una Sardegna ridotta all’essenziale. A Lollove, per esempio (nel mio caso, veramente, sarebbe Orani, ma il discorso non cambia). A quei sapori, odori, panorami, a quelle figure archetipiche, che sono dentro di noi e non ci possiamo strappare di dosso a nessun costo.
E quindi Lollove non è solo “la più piccola delle città” dell’isola: è la Sardegna. Intera.
Credo che sia con un pensiero come questo, per quel che ne capisco, che un gruppo di creativi sardi ha deciso di aprire Lollove. Io le leggo così, le motivazioni che mettono sul loro sito:
Un luogo, Lollove, che diventa concetto e punto di partenza per una rilettura alternativa e propositiva della Sardegna dell’oggi. Un’isola che ha visto nascere e crescere talenti, svilupparsi tendenze e fermenti nel campo delle arti visive, della musica e della letteratura, dell’architettura e delle tecnologie. Nel campo della comunicazione in tutte le sue multiformi espressioni.
Questo progetto – che per analogia e per contrasto abbiamo chiamato Lollove – vuole essere un contenitore di idee, alternative e proposte, raccontate attraverso la penna di giovani sardi provenienti da diversi background formativi, professionali e artistici, così da coprire ambiti di interesse che spaziano dalla musica all’arte, dall’economia alla politica, dall’architettura alla sostenibilità, dall’ambiente e paesaggio alle tecnologie.
Un piccolo progetto editoriale indipendente che raccolga la voce di chi guarda alla Sardegna come ad una possibilità, un luogo dove costruire il proprio percorso di vita e dove, per chi è partito, far ritorno. Un blog come un cantiere aperto e in prospettiva un magazine cartaceo per raccogliere e approfondirne i migliori contributi. Ponendo le basi per una rilettura dell’identità sarda in chiave contemporanea, che guardi al futuro, connessa col resto del mondo.
Quel che penso di Lollove
Mettiamo le carte in tavola: una parte della redazione e dei collaboratori di Lollove sono stati studenti della Facoltà di Scienze Politiche, e quindi li conosco piuttosto bene e, diciamo, gli sono affezionato come uno zio anziano verso il nipote laureato.
A Carlotta Comparetti, che è una dei direttori di Lollove, ho promesso addirittura una recensione del sito. Mesi e mesi fa. Poi le ho detto che la recensione era pronta (bugia!). Adesso, per un motivo che spiego poi, non posso più sottrarmi. Più che altro temo che la recensione, a partire dall’esordio biblico, non sia proprio quella che si aspetta…
E dunque, che penso di Lollove?
Beh, penso che non ci capisco (quasi) niente, ma mi piace molto.
La musica, i libri e l’arte di cui si parla su Lollove non sono i riferimenti a cui sono abituato, però mi piace molto leggere gli articoli e, di solito, scopro mondi sconosciuti in cui son contento di fare incursioni (salvo tornare poi nei miei cantucci più rassicuranti).
Diverso il discorso per la grafica, l’architettura, la creatività, temi a cui la redazione dà molta attenzione e che sono oggetto della maggioranza degli articoli: quella è una parte che mi piace proprio e che trovo, per quel che capisco, di buon livello; così come mi piace la cura per l’impostazione grafica del sito e le sperimentazioni di cui è stato oggetto. E trovo acuto l’occhio che si posa sulla Sardegna, che siano itinerari o la segnalazione di installazioni artistiche in posti inaspettati.
Ecco, qui ho l’occasione di dire un’altra cosa: l’occhio che guarda alla Sardegna a partire da Lollove è un occhio europeo, cosmopolita, non provinciale. Lo è come gusto, lo è come inserimento nelle correnti artistiche contemporanee e lo è perché è capace di valicare i confini dell’isola e segnalare cose che riguardano la comunità sarda ma che avvengono per esempio a Parigi o Berlino.
Se proprio devo trovare un difetto, lo vedo nei tentativi di fare informazione: nel qual caso Lollove rischia di scadere a giornalino online qualunque. Il punto di forza del magazine è nel punto di vista, nella curiosità intellettuale, nella capacità di far dialogare arte e società, nella energia creativa: se è costretto a dare notizie un po’ arranca (infatti non lo fa quasi mai).
Arrivati a questo punto la recensione sarebbe finita, ma ci sono due altre questioni di cui mi sembra interessante parlare, anche se un po’ vanno oltre la recensione diretta del sito.
In realtà spero che la redazione mi perdoni se li prendo a pretesto per parlare di altro.
Ma prima un altro intermezzo biblico.
C’è chi cresce e chi va a riposo
Perché sto usando la Bibbia in questa articolo che (apparentemente) non c’entra niente? Ma perché come dice Matteo (Mt 13,52), la Parola di Dio è simile a uno scriba che estrae dal suo tesoro cose vecchie e cose nuove – cioè può capitarti che ti accade qualcosa e improvvisamente un brano che hai sempre conosciuto diventa cosa nuova, assume nuovo significato. Io leggo spesso la Bibbia e trovo che c’e già dentro tutto, solo che certe volte lo devi riscoprire.
Pensando a Lollove a me è capitato proprio questo per un versetto molto noto, in cui Giovanni Evangelista si descrive in rapporto al Cristo (Gv 3,30):
Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere; io, invece, diminuire.
Ok, è un altro brano messianico, quindi va un po’ attenuato. Ma come paradigma, come vedrete, funziona.
Due questioni politiche riguardo a Lollove
Son ragazzi?
Durante tutto l’articolo ho evitato in tutti i modi di usare espressioni orribili tipo: «i ragazzi della redazione». Però è un dato di fatto che son tutti più giovani di me: piuttosto più giovani. In molti casi direi che, ahia, potrebbero essere miei figli (ouch: fa veramente male, dirlo).
Qualche mese fa abbiamo ricevuto, come Banca Etica, la proposta di fare rete con altre organizzazioni di Cagliari per un progetto. La domanda che ci siamo posti, aldilà delle qualità del progetto in sé, è stata: se collaboriamo con questi, scontentiamo delle altre realtà con cui siamo in relazione e che possono avere progetti concorrenti che anche loro vorrebbero fare con noi? Banca Etica è una realtà trasversale, una rete di reti, e una domanda del genere è importante.
Ho fatto una rapida ricognizione degli attori e delle reti importanti in quel settore, di chi stava presentando il progetto, e con tranquillità ho risposto che non c’erano conflitti possibili: non c’erano altri soggetti concorrenti che si potessero sentire abbandonati da una nostra scelta di campo.
Bene. Due giorni dopo mi hanno cercato, per un progetto concorrente, due ragazze. Due ragazze brave, preparate, che avevano studiato a Milano. E che io non conoscevo. Due ragazze brave e preparate inserite in un sacco di reti e di rapporti che io, due giorni prima, non avevo considerato.
Mi sono reso conto che c’era un mondo fuori dalle mie reti abituali, dai miei giri, dagli attori con cui sono abituato a interagire. Se non fosse stato un periodo in cui già leggevo Lollove non mi sarei reso conto che questi giri erano fuori del mio orizzonte per un motivo anagrafico.
La mia generazione, diciamolo, non ha ancora preso il potere. La gerontocrazia ci tiene ancora ai margini. Perciò tendiamo a pensare che dietro di noi non ci sia nessuno. Ma ormai c’abbiamo la nostra età e c’è già una nuova generazione che preme: e non sono neanche giovanissimi – la redazione di Lollove andrà per i trent’anni, un’età in cui si è già adulti. Se devo citare una iniziativa culturale importante dal basso mi viene in mente Monumenti aperti, non il Festival delle terre: ma forse quest’ultimo oggi è più innovativo. Solo che non ci penso subito, perché quelli di Monumenti aperti sono stati miei colleghi di Università. Gli altri hanno l’età di quelli di Lollove.
Ok: Monumenti aperti fa molti più visitatori del Festival delle terre, ma qui non voglio fare classifiche. Credo che ci siamo capiti.
Siccome non abbiamo ancora preso il potere, a loro non ci pensiamo. Probabilmente, penso, la mia generazione potrebbe pure pensare di cedergli il potere, cioè di saltare una generazione e lasciare spazio ai trentenni, che vincano loro le battaglie che noi abbiamo incasinato. O almeno dovremmo abituarci a non guardare solo avanti, ma a cercare rapporti e alleanze anche dietro di noi.
Ma in ogni caso ogni azione che dà visibilità alla generazione successiva alla mia, che la rappresenta e la fa emergere, in una situazione bloccata anagraficamente come quella italiana (e sarda), è significativa. In Sardegna non abbiamo tanti esempi (mi vengono in mente solo certe cose che organizza Matteo Lecis). Se poi questa capacità di assumere visibilità dice anche cose interessanti, come Lollove, beh, allora chapeau.
Ombelichi
L’altra cosa che mi piace di Lollove, come ho detto, è il linguaggio europeo.
Diciamocelo: c’è un’altra narrazione che in Sardegna vede il protagonismo di molti giovani, ed è quella sull’identità sarda, fino all’indipendentismo.
Ricordo che all’epoca della candidatura di Franciscu Sedda a sindaco di Cagliari rimasi colpito da un discorso sulla Sardegna finalmente non provinciale, europeo, aperto a correnti culturali attuali e lontano dal flokloristico.
Sei anni dopo (mi dispiace dirlo, e magari mi attirerò qualche antipatia) quella capacità di novità si è molto attenuata, il collegamento con le correnti culturali europee quasi sparito, tornata l’ossessione per le dimensioni identitarie in termini di chiusura, galoppante l’inseguimento di identità mitologiche. Tutti ce l’hanno con Doddore, ma il discorso culturale di Doddore Meloni è uguale a quello di tutti gli altri. Di questo passo mi sembra si prefiguri lo spreco di una parte importante di una generazione.
Per questo sono contento che ci siano altre narrazioni di ciò che la Sardegna è e può essere. Fatte da una generazione Erasmus che si muove con naturalezza in Europa ma si sente ancora attaccata alla Sardegna.
Lollove è molto piccolo, e sta al centro della Sardegna. Praticamente un obelico.
Ma all’ombelico si può pensare per stare lì a guardarlo, senza vedere altro, oppure lo si può considerare l’esteremità di un cordone che ha generato e genera vita nuova.
Sono contento che la redazione di Lollove abbia scelto questa seconda strada.
La preview del magazine cartaceo
Prima ho detto che volevo far uscire la recensione entro oggi. Come mai?
Perché oggi al Greta’s a Cagliari c’è la presentazione del magazine cartaceo di Lollove, un traguardo che era previsto dall’inizio e che ora si realizza.
La presentazione è una festa che prevede diverse cose che mi sembrano interessanti, e anche se oggi è Govedì Santo, fra la Messa in coena Domini e l’adorazione eucaristica un salto io vorrei farcelo. Ma anche se decidessi di non andare penso che l’iniziativa (la rivista, non la festa) meriti: e quindi tutto questo lungo articolo serviva a dire solo una cosa: abbonatevi. Io lo farò di sicuro.
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