Se non sapete chi sono gli One Direction, non leggete neppure
Oggi un post breve solo per segnalare che nello spazio di pochissimi giorni ho visto spuntare qui e là più di un articolo che, partendo dalla presenza online dei vari gruppi di fan degli One Direction, Justin Bieber eccetera, indaga su strategie di presenza sulla rete, meccaniche cooperative su Twitter, utilizzo dei cantanti come brand e parecchie altre cose ancora.
Un po’ è enfasi su fenomeni che chissà se dureranno, un po’ è (ottima) capacità di astrarre contenuti da fenomenologie casuali: secondo me vale comunque la pena di darci un’occhiata.
Un punto di partenza, soprattutto se non sapete di chi sto parlando (il che vuol dire che non avete figli adolescenti e probabilmente vivete in una torre d’avorio) è un articolo su Marketing Arena, che dà le basi, mentre un lavoro un po’ più approfondito sta su Ninja Marketing.
Sono due articoli seri, poi con una ricerchina sui Google sulla rete (e sui giornali cartacei) trovate tutto un hype che mette insieme nel calderone tribù giovanili, cyberbullismo, anni ’80, ignoranza crassa su cosa siano i social e, naturalmente, i polemisti di professione che vanno controcorrente per vedere l’effetto che fa. C’è anche l’hype semi-involontario: per quanto colti e preparati non è facile “entrare” su un tema come questo, se non si è nativi digitali e/o non si ha una piena comprensione della vita in una community sulla rete. Però, anche facendo la tara alle costruzioni giornalistiche, è evidente che il fenomeno c’è e che qualcosa in termini di riflessione se ne può trarre, a patto di non pretendere di affrontarlo direttamente: meglio gli scarti mentali laterali.
Per esempio ho letto un articolo di Giulia Blasi, Cose che il PD potrebbe imparare dalle Directioners: a prima vista è un altro articolo standard di presentazione del fenomeno, in realtà apprezzo l’operazione di usare lo spunto per provare a parlare d’altro (non andrebbe dimenticato che la comunicazione on line del PD è affidata a Trecento spartani. Così, tanto per ricordarlo).
Ma il salto laterale migliore mi pare quello di Gianluca Diegoli, il quale, invece di guardare il dito (le tribù) si è messo a guardare la luna: cioè l’idolo/cantante, la casa discografica, ciò che vendono e come lo fanno. Ne è venuto fuori un articolo molto interessante, che consiglio vivamente.