Play it again, Frodo
L’articolo che segue viene dal numero 79 di White Dwarf (luglio 1986), che era allora la principale rivista inglese sui giochi di ruolo e le miniature.
Lo stile satirico è quello riconoscibilissimo di Dave Langford, che allora era il critico letterario della rivista e che usa in realtà il pretesto dei giochi di ruolo per regolare scherzosamente conti fra scrittori di fantasy e fantascienza.
Anche così, però, i paradossi narrativi che contiene sono molto divertenti, e ho tradotto a suo tempo l’articolo per Janas, la defunta rivista della Porta d’Argento. Lo ripropongo adesso dopo aver corretto la traduzione anche se, allora come ora, non mi è possibile rendere la capacità di Langford di duplicare esattamente lo stile degli scrittori che prende in giro. Tenete anche presente che alcuni scrittori vittime della parodia erano molto noti negli anni ’80 ma adesso lo sono molto meno, e quindi alcune cose un po’ si perdono.
Giocala ancora, Frodo
Ancora confusi riguardo al gioco di ruolo? Avete problemi a convincere i vostri amici “seri” che non vi travestite con un saio e andate in giro ad agitare spade di plastica? Dave Langford mostra quanto strettamente gioco di ruolo e letteratura siano intrecciati.
Ho il fantastico compito di dire qualche parola sulle gioie del gioco di ruolo. «Alcuni fessacchiotti là fuori», ha spiegato il nostro riverito e tollerante direttore, «pensano che il gioco di ruolo stia tutto nel far rotolare orde di dadi complicati e trafiggere passanti innocenti con spadoni a due mani».
«Il gioco di ruolo non è questo?!», ho detto. «Ahia!» ho aggiunto. «Ovviamente scriverò sul gioco di ruolo», ho concluso ridendo di cuore per il solletico che la sua spada a due mani spiritosamente faceva alla mia giugulare.
Trascureremo il deplorevole fatto che le mie più partecipi esibizioni di gioco di ruolo (non ancora del tutto perfezionate) sono i tentativi di fingermi sobrio all’uscita dal pub. Proviamo ad affrontare l’argomento per un percorso meno diretto.
Vi è mai capitato di unirvi al resto del pubblico che grida: «Attento!» quando un cattivo da pantomima si arriccia i baffi alle spalle del disperatamente ignaro eroe? Dopo avere letto un fumetto in cui Superman modifica l’orbita della Terra, sradica catene di montagne e saetta rumorosamente oltre la barriera della luce, solo per cadere vittima della temuta kryptonite… avete mugugnato: «Io potrei fare di meglio»? Vi seccate quando l’eroina di un classico thriller obbedisce al biglietto anonimo che dice: «Incontriamoci da soli a mezzanotte vicino al pozzo senza fondo, non avvisare nessuno di dove stai andando e soprattutto non scordare di metterti al collo una pietra da venti chili»?
L’essenza del gioco di ruolo è quella di permettere di grattarsi questo specifico prurito entrando in una storia e modificandola nel vostro modo (naturalmente il risultato, per quanto divertente, può non essere dello stesso livello artistico di un Tolkien). Ecco a voi come delle scene familiari potrebbero essere stravolte nelle mani di un giocatore di ruolo. Il direttore, che non è mai responsabile degli eccessi dei redattori, si considera particolarmente non responsabile di questi.
*
«Fuoco d’inferno», eruppe Thomas Covenant, le sue rozze, auto-inflitte narici contratte in una stoica angoscia al calor bianco mentre il suo malinconico e obbligatorio viso si raggrinziva in miseria fatata. I suoi polmoni erano intasati di rovina. Una calda, gelida, fulva ondata di auto-accusa tintinnava nelle sue orecchie: lebbroso esule impuro… Liberare la rifulgenza analistica, la magia selvaggia dell’anello di bianco oro che indossava, poteva probabilmente spezzare l’Arco del Tempo, distruggere totalmente la Landa e condurre la trama a una fine prematura e remota!
E tuttavia che altra strada c’era? L’arguta informazione penetrò la sua mente come un giavellotto. Solo così si poteva cospargere d’unguento la malignità inincensata del Sire Immondo. Solo così, fuoco d’inferno e dannazione!
A quel punto fu colpito da da una lucubrazione sapida e saettante. «Ma io non credo nella Landa», gridò con improvvisa caducità, barcollando e traballando come dopo una overdose di un roboante luccicante. «Perciò anche se fosse completamente distrutta… che me ne importa? Sono un lebbroso, posso fare quel che mi pare…».
Con uno sforzo disserrò i denti e prese l’egida del suo asterismo. Nella sua mano l’anello di oro bianco cominciò a fiammeggiare sinistramente… «Aspetta un attimo», disse il Sire Immondo nervosamente. «Forse ne possiamo discutere?».
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G’rot guardò con affetto nelle cangianti pupille policromatiche del suo grande drago di bronzo. «Tu puoi farlo, non è vero, Schifoth?», disse con orgoglio.
«Fare cosa, G’rot?», chiese sospettosa Vaniglia.
G’rot ingollò un boccale di vino di Benden prima di rispondere. «Noi Dragonriders di Pern abbiamo scoperto che i nostri meravigliosi draghi non solo hanno capacità telepatiche e possono volare istantaneamente da un luogo all’altro, ma possono anche volare da un tempo all’altro».
Adulazione… la adoro, pensò Schifoth orgogliosamente.
«Dimmi qualcosa che non conosco ancora, o ti cavo gli occhi», rispose l’adorabile ma irritabile Vaniglia.
G’rot sospirò. «Bene, conoscerai anche la nostra canzone La ballata di Midiota, Signora dei draghi di Pern, in cui l’adorabile ma testarda Midiota fa una brutta fine perché vola troppo sopra tempo. La mia idea è questa: io e Schifoth potremmo tornare indietro nel passato e impedire questa stupida tragedia sequestrando Midiota prima di quell’ultimo, fatale volo».
«Portami con te, G’rot, o ti darò un calcio proprio nella tua sottosviluppata mascolinità», replicò l’adorabile ma insopportabile Vaniglia.
«Ogni cosa a suo tempo», disse G’rot. «Ahia!!».
«L’unico problema», fece tra sé tra sé l’adorabile ma suscettibile Vaniglia, «è che se roviniamo la sua grande tragedia, Anne McCaffrey potrebbe aversene a male…»
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Cinquanta uomini in armatura lo affrontarono sulla porta della stanza reale, ma Conan piombò su di loro in un tuono assordante di acciaio e spruzzi di sangue. Spade guizzavano e danzavano come fiamme. La lama del barbaro falciava i corpi come kebab, aprendoli dalla spina dorsale al ventre alla cassa toracica sfondata alla tibia tranciata. Poi Conan fu oltre, saltando l’ammasso fumante di carni e budella che pochi istanti prima si definiva orgogliosamente Guardia Scelta dell’Imperatore Supremo. Solo dal corpo contorto dell’unico sopravvissuto veniva un lamento, mentre l’uomo si artigliava il bozzo sanguinolento che era stato il suo naso.
Poi fu il turno dell’Imperatore. Pieno di paura, Ming lo Spietato si schiacciò sullo schienale del suo trono mentre la spada di Conan cantava verso di lui. Tutte le sue malvagie stregonerie non avevano più potere contro lo scatenato Cimmero!
«Perché, perché?» piagnucolò Ming mentre la spada affondava fino all’elsa e oltre nel suo ventre flaccido.
«Un’autentica analisi materialistica della dialettica del mutamento storico prevede l’inevitabile sostituzione del decadente imperialismo capitalistico con il più equo collettivismo socialista», grugnì Conan.
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A dispetto della meravigliosa alba e della loro meravigliosa vittoria contro la terribile Strega Bianca, Edmund non poteva fare a meno di continuare a parlare delle cose che aveva imparato alle lezioni di Sacra Scrittura alla scuola media.
«In pratica», disse, pensando faticosamente, «secondo la maggior parte dei teologi moderni, Dio non si manifesta mai in persona (con l’eccezione dei romanzi di Thomas Covenant), perché se uno sapesse che Dio esiste, allora avere fede senza prova non sarebbe più un merito. In altre parole, le manifestazioni della Provvidenza sono in realtà un danno per la fede!».
«È molto intelligente da parte tua ricordare tutto questo», disse Lucy.
Il grande leone dorato fece un ruggito preoccupato. «Non avevo affatto pensato a questo, ragazzo. Sarà meglio che controlli col Capo qual è la politica attualmente in corso…».
E Aslan si allontanò furtivamente da Narnia.
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«D’altra parte», disse Gandalf, «questi sono fatti più alti e più profondi e oscuri di quanto possano sapere dei piccoli hobbit nella loro allegra Contea. Per quanto possa essere pericoloso, devo sottopormi a questa prova almeno per qualche tempo. Frodo, prestami gentilmente l’anello…».
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Ciò che doveva fare era chiaro. Si trattava semplicemente di essere precisi al microsecondo: schivare le frecce avvelenate, saltare agilmente fra le lame rotanti, schivare il getto di lava infuocata, guadare il lago infestato dai piranha, attraversare di corsa la raffineria infuocata, usare l’astuzia per evitare la sollevazione in armi dell’intera nazione Sioux, sfruttare tutta la copertura possibile mentre attraversava la zona di prova di caduta delle atomiche, trattenere il fiato per l’ultimo scatto nella zona di vuoto interstellare e infine afferrare orgogliosamente la preda prima di ritornare incurantemente per lo stesso percorso.
«Altrimenti,» pensò Indiana Jones, «potrei sempre comprarmi un altro cappello».
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Un’esplosione di uno strano, arcano potere solleticò il braccio di Artù quando la sua mano si posò sulla potent elsa dell’antica spada. Le parole di Merlino rimbombarono nuovamente nella sua mente: Colui il quale estrarrà la spada dalla roccia sarà il legittimo sovrano dell’intera Inghilterra…
Egli tirò – e lieve come una piuma, la spada si lasciò trarre dalla fessura nella roccia dove l’incantesimo l’aveva tenuta così a lungo. Artù guardo la lama luccicante con ammirazione. La profezia era stata completata. Gridò a tutta voce: «Kay! Kay! Ce l’ho fatta! Ho estratto la spada di Merlino dalla roccia! Sono il vero Re d’Inghilterra!».
«Un altro maledetto gioco di ruolo sessista», mugugnò sua sorella Kay (socia fondatrice di Costola mancante). «Avresti almeno potuto farmi provare per prima- anche se quel fallocrate di Merlino insiste nei suoi assurdi pregiudizi contro le Regine».
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«Ho appena avuto *wiss* un’idea,» disse Darth Vader col suo rauco sibilo (desiderava tanto che ci fosse un modo di far passare pastiglie per la gola attraverso il fantastico elmetto). «Invece *wiss* di mandare astronavi d’attacco contro quei tizi che tentano di infilarsi nel canalone sulla superficie della Morte Nera, perché *wiss* non spostiamo la Morte lontano coi suoi motori e poi *wiss* non la facciamo finita con la nostra classica arma-terribile-che-può-distruggere-i-pianeti-come-cioccolatini?».
«Troppa fatica,» mormoerò il Gran Moff Tarkin. «Appena abbiamo capito che il “punto debole” delle nostre difese era stato individuato, ho fatto in modo di apportare una piccola modifica al canalone di sbocco dei rifiuti. Ora osservi…».
Mentre il Millennium Falcon sfrecciava verso l’obiettivo in mezzo a un fuoco di sbarramento spaventoso, fra decine di laser che esplodevano da ogni parte nonostante nello spazio non esistano i rumori… Han Solo gridò.
«Nello spazio nessuno può sentirti gridare» lo rimproverò Chewbacca.
Davanti a loro un nuovissimo muro di mattoni bloccava completamente la strada. Qualcuno vi aveva scritto con le bombolette Ciao ciao, sfigati. Con microsecondi fra loro e l’annientamento, tutti gridarono: «Luke! Usa la Forza!».
Obbediente, Luke Skywalker chiuse gli occhi…
*
Essi discesero un migliaio di umidi scalini sotto la cantina piena di brividi della strana grande casa il cui tetto spiovente si ergeva minaccioso sopra il più antico quartiere della maledetta Arkham. L’inquieta luce di una luna gibbosa non poteva penetrare in quell’abisso infestato di funghi, dove la muratura annerita e tormentata si contorceva in geometrie ciclopiche e irregolari, quasi l’avesse tessuta qualche abominevole razza di oscuri orrori che sbavavano nel fango primigenio sconsacrati eoni prima della nascita dell’umanità.
«Queste scale», bisbigliò Marcus Whateley, «non hanno forma umana».
«Che cosa vedi?» chiese il suo compagno, tenendo alta la lanterna. Quell’osceno sotterraneo crollato era colmo di empi volumi cadenti, le loro sole copertine un invito alla pazzia. Un odore innominabile di mattatoio saturava l’aria, come un’esalazione putrida del bagno privato dei Grandi Antichi stessi.
Tremante, Whateley si curvò per osservare i terribili testi. «Gran Dio», gorgogliò con voce paralizzata, «vi sono copie del sinistro Liber Ivonis, del tristemente noto Cultes des Ghoules del Comte d’Erlette, dell’infernale Unaussprechlichten Kulten di Von Juntz e una copia invenduta del De Vermiis Mysteriis di Ludvig Prinn. I proibiti Manoscritti Pnakotici, l’illeggibile Libro di Dyzan… e guarda, vedi! rilegato in pelle umana, addirittura l’aborrito Necronomicon del folle arabo Abdul Al Alhazred!».
Vi fu una pausa piena d’orrore prima che l’inquietante risposta del suo compagno raggiungesse le orecchie pazze di terrore di Whateley…
«Ce li abbiamo già tutti: guarda se c’è il primo numero di White Dwarf, invece».
*
«Questo non era quello che volevo», tuonò il Direttore. «I giochi di ruolo sono una cosa seria.».
«Oh!? Davvero?», disse Langford… le sue ultime parole.