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La mia vita con il Papa – l’evento (1)

Prima di tutto vi rassicuro: sono tornato a casa, per giunta senza problemi. Se non ho scritto negli scorsi due giorni non è perché vagavo alla ricerca di una varco nelle transenne ma perché si sono accumulate un po’ di cose familiari di altro genere.

A proposito, per quelli che lo sapevano: il mitico Pino è stato operato, è andato tutto bene, la frattura è a posto e adesso inizia il periodo seccante delle rieducazione, ma il peggio dovrebbe essere passato.

Per il resto, la giornata di domenica ha avuto alcuni momenti impagabili, altri belli e altri ancora meno belli. Questo è più o meno come ho vissuto io la venuta del Papa a Cagliari.

All’alba

Le nostre ospiti, che io avevo atteso fino a mezzanotte e mezzo, sono arrivate dopo l’una di notte, oltretutto imbufalite (per motivi del tutto slegati dalla visita papale e che magari saranno narrati un’altra volta). Dato che io avevo fatto il primo turno di veglia nella notte è stata Maria Bonaria ad accoglierle.

Alle quattro sono arrivate le infioratrici, praticamente di soppiatto. Si sono lavate, hanno approfittato del the e biscotti e se ne sono andate, in punta di piedi come tutta la loro visita: al mattino il bagno sembrava peraltro intonso, e Maria Bonaria ha commentato: «Si vede che sono donne, pensa come l’avrebbero lasciato dieci uomini».

Comunque Maria Bonaria era soddisfatta: abbiamo gestito senza problemi ospitalità per una quindicina di persone, che tutto sommato è un piccolo risultato (una delle signore ci ha chiesto: «Ma questo è un bed & breakfatst, vero?». No, ci piace solo avere gente per casa).

Papa Francesco Cagliari notteAlle sei, un po’ brancolanti nel buio, siamo usciti anche noi, convinti che la città sarebbe stata deserta. Per la verità sotto casa nostra non si è mai dormito: c’è stato un viavai continuo di volontari, mezzi dell’organizzazione… e imboscati: nella strada un paio di androni erano occupati da persone che, prive di pass, si erano piazzate con largo anticipo all’interno della zona da chiudere per potere comunque vedere il Papa, e mi hanno detto che lo stesso è capitato anche altrove.

In ogni caso già a quell’ora del mattino la città era in piena ebollizione: il varco di accesso per la Messa era proprio all’inizio della strada in cui abito e parecchi gruppi cominciavano a filtrare. Davanti a noi si è palesata la comitiva di Assemini dell’Azione Cattolica, con Matteo Venturelli in testa, che guadagnava la postazione con sole tre ore di anticipo. Baci e abbracci e poi via: noi dovevamo andare in direzione totalmente opposta, verso il Largo Carlo Felice.

Papa Francesco Cagliari comunità filippinaLungo tutto il percorso papale c’era già gente assiepata. All’angolo, davanti alla RAI, si era sistemato un folto gruppo di filippini: organizzatissimi, con almeno un paio di bandiere a testa, sia di quelle bianco-gialle del Vaticano che le loro nazionali: e al passaggio di chiunque, equanimi, le agitavano per fare festa.

Maria Bonaria mi ha suggerito: «Grida viva le Filippine, vedrai che esce una bella foto», ma io un po’ mi sono vergognato, e quindi ho perso l’occasione.

Un gruppo un po’ disorganizzato

Col gruppo “La Pira” l’appuntamento era all’edicola all’inizio della via Roma: molto lontano dal nostro ingresso in via Sardegna, la via delle trattorie di pesce della città, ma non sapendo se via Roma sarebbe stata bloccata eravamo pronti a fare in alternativa viale Regina Margherita per arrivare al punto: un altro esempio della paranoia organizzativa che ha assalito tutti in vista della presunta complicazione dell’evento: in realtà via Roma era libera (non sgombra, c’era già una marea di persone) e i percorsi semplicissimi e ben delineati.

Comunque, ci troviamo regolarmente lì alle sette, e regolarmente manca metà della gente prevista. Nei primi cinque minuti sei occupato con baci, abbracci e informazioni sulla salute del mitico Pino, e non ci fai caso. Poi arriva Alberto, che è riuscito a posizionarsi dalla parte sbagliata delle transenne, e si apre il dibattito se gli convenga andare avanti alla ricerca di un varco o tornare indietro. E così ci passano un altro paio di minuti. Nel frattempo arrivano un altro paio di ritardatari, e passa qualche altro minuto di baci, abbracci e commenti sul freschetto pungente dell’alba.

Poi, come di comune accordo, ci si attacca freneticamente ai cellulari per scoprire dove diamine sono gli altri che ancora mancano.

Papa Francesco Cagliari foto gruppoPaolo e Elisabetta sono in arrivo, ci raggiungeranno. E poi manca Laura, che diciamo non è nota per la puntualità (ti voglio bene, Laura!). Invece non è colpa sua:  si è dispersa da qualche parte oltre Su Siccu e pare in emergenza totale, ma non possiamo fare niente per lei. Teniamo accesi i cellulari e suggerendo via via percorsi alternativi, probabili e improbabili, ci avviamo almeno un po’ più avanti.

Paolo e Elisabetta, alla fine, ci raggiungono velocemente. Laura invece avrà più problemi, e dovremo aspettarla, ma comunque ben presto non c’è più emergenza: sappiamo che è emersa dal labirinto di transenne dietro piazza dei Centomila e deve solo recuperare il ritardo, male che vada entrerà da sola.

A questo punto tutto è a posto, possiamo andare. Momento! Dove sono Paolo e Alberto? I due più goderecci del gruppo sono andati a farsi un caffè, un’idea originale che nello stesso momento hanno avuto solo circa altri diecimila pellegrini, così tutti i bar di via Roma sono strapieni e loro sono bloccati. Qualcuno comincia a temere di non fare in tempo a entrare, di questo passo, ma alla fine la coppia di caffeinomani è recuperata e ormai siamo pronti: allora, via, tirate fuori il pass, preparate il documento di identità

Documento di identità?!

A sorpresa Grazia, fino ad allora inappuntabile organizzatrice della spedizione, e esattamente quella che si era raccomandata di portare i documenti, ha cambiato borsa e ha lasciato la carta d’identità a casa. Ahia.

Papa Francesco Cagliari LauraAnche Laura non ha documenti, ma questo è meno sorprendente (ti voglio bene, Laura!).

Mentre ci avviamo verso il punto d’ingresso, vengono elaborate diverse strategie: si suggerisce di tenere le due in mezzo al gruppo e passare velocemente, in modo che il controllo non sia accurato (una cosa che si faceva da ragazzini allo stadio). Grazia recupera tutti i documenti con cui ha gestito l’organizzazione del gruppo e si prepara a uno sfibrante mostra e dimostra. Laura propone di fare la faccia da brave ragazze. In realtà niente di questo sarà necessario: basta il pass ed entriamo tutti, senza problemi.

Pensieri nell’attesa

Manca ancora almeno un’ora, ma nel settore di pubblico a noi destinato c’è già parecchia gente (alla fine comunque non si riempirà mai del tutto) e i posti vicino alle transenne sono già tutti occupati. Noi ci disponiamo un po’ in alto, e ci rendiamo conto che anche se non siamo vicinissimi il palco si vede benissimo.

Papa Francesco Cagliari AlbertoA proposito di vedere: Alberto, che prima di uscire ha fatto in tempo a leggere il mio articolo e sa la storia dei cecchini sul terrazzo, mi fa notare un gruppetto di agenti sul tetto del Comune, dotati dei più grossi binocoli che abbia mai visto, che esaminano centimetro per centimetro la folla. Fucili comunque non se ne vedono: credo che lo strumento d’elezione per reprimere minacce sia una radiolina con cui allertare le squadre a terra. «Controllano quelli che potrebbero fare casino», mi dice con aria saputa, indicando alcuni gruppi di persone- non dirò mai chi erano, secondo lui, le potenziali minacce, ma su quell’onda inizia un bizzarro discorso in cui facciamo la conta di chi di noi potrebbe essere stato schedato dalla polizia: io ai tempi in cui facevo il mediatore alle riunioni della Rete Lilliput in vista del G8 di Genova, lui come indipendentista, quell’altra perché stava nella pantera all’Università, e così via: uno strano modo di attendere il Papa, o forse un modo normale di essere cinquantenni e ancora sani, non so.

Papa Francesco Cagliari titolo UnioneAbbiamo il tempo, poi, di commentare la prima pagina dell’Unione Sarda. A me pare un esempio del peggior provincialismo se non peggio, ma Alberto è di diverso parere e inavvertitamente parte una discussione sul sardo, la lingua e tutto il resto, discussione nella quale, temo, mi rendo un po’ sgradevole, ma che mi fa venire in mente che devo chiarirmi le idee in merito, prima di tutto con me stesso: probabilmente ci farò su un post nei prossimi giorni (purtroppo per voi). E poi naturalmente c’è il fatto che durante la giornata tutti, ma proprio tutti, faranno a gara a fare saluti in sardo, compreso il Papa: ma a lui magari gliel’hanno suggerito, Cappellacci, Zedda e l’Unione hanno fatto tutto da soli.

Un po’ mi ricordo una cosa che mi riferirono a suo tempo dell’Arcivescovo Mani: che gli avevano suggerito prima che venisse in Sardegna di non offendere la sensibilità dei sardi per le loro tradizioni e per il resto di andare tranquillo; e infatti lui sulle confraternite e la religiosità popolare ci imperniò la pastorale. Si è visto com’è finita, e magari non sempre il rispetto per aspetti folkloristici è rispetto per il popolo, temo: anche del Papa quel che conta è tutto il resto che ha detto, non quelle due frasette, e a maggior ragione Cappellacci e Zedda saranno rispettabili o non rispettabili per la fedeltà che portano o non portano al loro popolo, non per saper trarre dal cilindro due frasi in croce.

Che poi, pensa che sfortuna se l’altro usa la stessa frase che ti sei preparato te. Ma forse si sono sentiti prima: «Tu che dirai? Deu si du paghidi? Ah, benissimo, allora io dico Beni beniu. Come? L’ha già scelta Anthony? Giovane e coraggioso come al solito. Allora io dico: a si biri in paxi e in saludi». Magari Cappellacci e Zedda non si sentono di persona ma per queste cose ci sono gli sherpa, che preparano il tavolo per la spartizione delle frasi in sardo. Chissà.

L’attesa per il resto è come tute le attese di questo mondo, e ci si distrae come si può: a un certo punto passa un aereo Ryan Air bianco, giallo e blu e tutti applaudono, pensando che sia l’aereo del Papa. Poi ne passa un altro, e dicono che è quello giusto, e applaudono di nuovo. Come si faceva allo stadio da ragazzini cominciamo a gridare: «Eccolo! Eccolo!!» ad ogni nuovo aereo che passa, e tutti ogni volta saltano su a guardare il cielo, come se fosse possibile vedere Francesco che si sporge dai finestrini e saluta.

Papa Francesco Cagliari Bonaria ValentinaMi dice Valentina: «È troppo presto, è partito da Ciampino alle otto meno un quarto», ma non ci faccio caso. È quando mi dice: «Ha imboccato viale Trieste» che la guardo perplesso. E lei come lo sa? Un’illuminazione? Capacità extrasensoriali? No, Gaetano è a casa a guardare la televisione e ogni tanto la aggiorna: il che sarà una delle caratteristiche della giornata, la commistione fra presenza diretta e presenza mediata, fra il pubblico presente fisicamente e quello alla TV o alla radio – e peraltro andrebbe considerato anche quello che assiste dai maxischermi, che sono una strana combinazione delle due cose, in fondo.

Poi alla fine è arrivato il Papa, ma qui è arrivato anche il limite dello spazio, per non tediarvi troppo. Racconterò il resto domani.

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