Destino Italia. Autonomie addio?
Ho saltato nuovamente la riunione dei blogger del lunedì e a questo punto credo che sarà difficile mantenere l’impegno, ma ho piacere di continuare a pubblicare gli articoli settimanali. Come al solito l’articolo viene pubblicato, oltre che su questo sito, su quelli di Fondazione Sardinia, Tramas de amistade, Aladin pensiero, Vito Biolchini, Sardegna soprattutto, Enrico Lobina, Madrigopolis, Forma paris, Tottus in pari e Esseblog.
DESTINO ITALIA. Autonomie addio?
di Piero Marcialis
Il Parlamento italiano, la cui legittimità è incrinata dalla recente sentenza della Corte Costituzionale, ha votato la fiducia al Governo Letta, le cui Larghe Intese sono incrinate dall’uscita di Forza Italia: poco male perché l’appoggio di un condannato per truffa allo Stato dava a quelle Intese un’ampiezza carceraria. Ora il Governo è più compatto, annuncia il Premier, i ricatti sono finiti. Ma sono finiti davvero? Come mai il condannato anziché essere nei luoghi in cui si espia la colpa è quotidianamente sugli schermi?
Il Governo, con trombe mediatiche, annuncia il piano Destinazione Italia, tutto andrà meglio, bollette e assicurazione auto meno care, niente denaro ai partiti… sarà tutto vero? Ma, visto che ci siamo, e gli esodati? E il piano lavoro che doveva assumere chissà quanti giovani?
Non suggerisce nulla che Cgil-Cisl-Uil il 14 dicembre siano in piazza per contestare la politica economica di questo Governo?
E la nuova legge elettorale? E la data per nuove elezioni, senza premi di maggioranza e senza liste bloccate, che rendano legittimo Parlamento e Governo e Presidenza della Repubblica che, pur se devono rimanere per qualche tempo perché lo Stato non può sparire, di vera legittimità hanno tanto bisogno?
La grande novità che, per essere stata da mesi prevista e annunciata, tanto nuova non è, pare sia l’elezione di Renzi a capo del Partito Democratico.
Che dice Renzi? Che cos’è urgente per il Destino dell’Italia?
La legge elettorale, giusto, e magari lui sarà il candidato Premier.
Abolire il Senato, dice anche… Questo lascia perplessi.
La Costituzione dice con molta chiarezza (art. 55) che «Il Parlamento si compone della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica».
E la Costituzione si modifica secondo i dettami dell’art. 138, non per il gusto di un segretario di partito o di qualche comitato di saggi improvvisati.
Intendiamoci, sia chiaro, non siamo entusiasti del Senato di oggi, del bicameralismo com’è oggi ma, chiedo, che fine hanno fatto i tanti bei discorsi su un possibile Senato delle Regioni, possibilmente paritetico?
Non se ne parla più? Abbiamo scherzato? Che idea hanno Renzi e tutti gli altri autorevoli esponenti del Partito Democratico sulle autonomie locali?
Una sola Camera, un solo Centro, un solo Capo?
Una bella maggioranza italica dove spariscono problemi, bisogni, istanze, di regioni come la Sardegna, la Basilicata, la Calabria, che percentualmente e politicamente in questo Parlamento non contano nulla, sommerse come sono dalla soverchiante presenza delle Regioni più ricche e popolate?
La Costituzione nei principi fondamentali (art. 5) dice: «La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi e i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento».
I principi fondamentali si considerano parte intoccabile della Costituzione.
In conclusione, possiamo essere d’accordo sul modificare l’art. 55, magari seguendo il percorso costituzionale, ma non per abolire, piuttosto per dare un ruolo nuovo e diverso a un Senato delle Regioni che tuteli, pariteticamente, ogni Regione nella formulazione delle leggi che valgono per tutti.
E non sono accettabili su questo punto proposte del tipo: «volete il Senato delle Regioni? Le Regioni allora se lo paghino». No, cari risparmiatori del bieco centralismo, il Parlamento è della Repubblica e paga la Repubblica, non può essere che per mantenere il Senato le Regioni povere si assumano lo stesso carico delle Regioni ricche, questa parità sarebbe diseguale e ipocrita.
La solidarietà è anch’essa principio fondamentale: «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale» che limitano libertà ed eguaglianza (art. 3), «doveri inderogabili di solidarietà, politica, economica e sociale» (art. 2).
Non è abolendo il Senato che si realizza il risparmio sui costi della politica, come qualche anima candida ha creduto: il risparmio, se si volesse fare, va effettuato su un ventaglio ben più ampio di sprechi e di sciali: non è un segreto che in Italia Presidente, Magistratura, Parlamento, boiardi di Stato, costano il triplo che negli Stati Uniti, Inghilterra, Francia e Germania.
È grave che nel nuovo segretario del Partito Democratico ci sia tanta ignoranza e del dettato costituzionale e di quanto in questi anni si è mosso, anche dentro il suo Partito, in termini di rivendicazioni autonomistiche, da nuove proposte di federalismo a movimenti di ispirazione indipendentista e nazionalitaria, lasciando fuori i proclami ammuffiti della Lega lombarda.
Il Partito Democratico come affronterà la scadenza imminente delle elezioni sarde? Potrà parlare di autonomie con queste uscite del segretario in capo?
È autonomia quella di Silvio Lai che chiede a Renzi di decidere lui sul caso, che il PD sardo non sa risolvere, della candidatura al governo della Sardegna di una indagata, che rischia di sfilacciare tutta l’alleanza di centro-sinistra?
Francesca Barracciu dice di non voler fare un passo indietro, per il PD il problema vero è che lei non riesce a fare passi avanti, lo sanno e tacciono.
Chi pensa di prendere in mano il Destino dell’Italia deve capire innanzitutto quanto questo compito richieda sapienza e saggezza, verità e giustizia, non più parole in libertà.
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