Il gusto acre dell’apologetica
La puntata di Oggi parliamo di libri che ho messo in linea ieri, dedicata a padre Brown, è notevole perché mi ha permesso di dichiararmi in disaccordo con le opinioni di Antonio Gramsci, come se anch’io fossi un intellettuale vero.
Credo davvero che la lettura di Gramsci, sebbene suggestiva, sia imprecisa e che la polemica di Chesterton, polemica garbata ma evidente, si dirigesse verso altri bersagli rispetto al povero Sherlock Holmes, al suo metodo e perfino al suo protestantesimo (che poi il protestantesimo del vittoriano Holmes è tutto da discutere). Però non si può discutere di padre Brown senza affrontare questo tema e rispetto a questo dopo la puntata mi sono convinto che in trasmissione sono stato fin troppo benevolo.
Quando ho registrato la puntata ero a metà di una rilettura de The innocence of Father Brown e mi aveva colpito la freschezza della narrazione, l’abilità nel gestire il paradosso, sia nella costruzione narrativa che nel linguaggio, il gusto creativo per l’ossimoro sorprendente. Tutte caratteristiche molto positive che facevano passare in secondo piano il fatto che Chesterton, diciamolo, non è granché come giallista e che molti dei suoi enigmi sono un pochino scombinati.
Procedendo successivamente nella lettura, però, il gioco apologetico si è fatto un più pesante, e alla fine è diventato oppressivo. Molto oppressivo. In ogni episodio del libro padre Brown non soltanto svela l’enigma, ma soprattutto trionfa su una visione del mondo alternativa a quella cattolica: passano davanti ai nostri occhi atei militanti, anglicani, neopagani, filantropi materialisti, tecnocrati e ogni altra corrente filosofica o intellettuale rappresentativa del tempo di Chesterton. Nei momenti migliori Brown svela la superiorità dell’armamentario del buon parroco di campagna nel sondare, capire e curare le ferite dell’anima umana rispetto a tutti costoro. Ma sempre più spesso il racconto ha per oggetto l’inferiorità delle visioni alternative del mondo, se non addirittura la loro capacità di generare, di per se stesse, quelle ferite e quei crimini. Talvolta la polemica può apparire giustificata, ma nei momenti peggiori sembra un po’ che Chesterton spari a anitre inermi, posto che è lui a dettare i termini del confronto e a descrivere (e probabilmente caricaturizzare) le posizioni a lui contrarie nei termini che sono più congeniali a portare a buon fine la sua tesi.
Alla fine, per il buon cattolico che spero di essere, l’effetto è direttamente angosciante, e la conclamata misericordia di padre Brown cozza, un pochino, con la soddisfatta verve polemica del suo autore, al contrario del tutto priva di compassione.
È un po’ quello stesso tipo di empatia pelosa di qualche prete contemporaneo che frequenta ambienti apparentemente incongrui – che so, le discoteche o Twitter – con l’idea molto chestertoniana di lanciare esche attaccate a lenze molto lunghe: prima o poi, così va il ragionamento, il disagio esistenziale che brucia nel fondo dell’uomo che ha rinnegato o dimenticato Dio lo spingerà ad annusare l’esca e infine ad abboccare, riconoscendo la Sapienza che da prima di ogni tempo è in Gesù Cristo e da lui affidata alla Chiesa, e abbagliata e soddisfatta infine da questa sapienza un’altra anima sarà stata salvata. Sono sempre stato a disagio rispetto a questa impostazione (volevo scriverne tempo fa, a proposito del dibattito pubblico fra le Lucidosottile e don Dino Pirri, e magari prima o poi racconterò la serata e i miei dubbi) e la lettura di Chesterton ha rinfocolatole mie perplessità: certamente un gigante, ma non è il mio stile. Non solo perché c’è una certa differenza fra mangiare con i peccatori e le prostitute amandoli fino in fondo e andare a cena con loro per circuirli, sia pure per il bene del Regno di Dio, ma anche perché ho al fondo l’idea che la strategia non funzioni, e che per ogni singola anima salvata in questo modo molte altre – ma il discorso non cambierebbe se fosse una sola – discernano la strumentalità del gioco e ne siano segnate fino alla ripulsa definitiva della Chiesa e del Signore.
Insomma, forse sono stato un po’ troppo benevolo. Ma il brano musicale che ho scelto, con il suo verso sul catturare il cuore, era piuttosto preciso.
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