Una coppia di detective navajo
Ho voluto dedicare una puntata di Oggi parliamo di libri ai gialli in cui Tony Hillerman mette in scena le avventure degli agenti della Polizia Tribale Navajo prima di tutto perché mi piacciono molto: se avessi dovuto seguire rigidamente le regole che mi sono dato per le trasmissioni difficilmente questi gialli sarebbero comparsi, perché attualmente non ce n’è nemmeno uno disponibile in italiano. Ma vedo che l’attenzione degli editori per Hillerman ritorna periodicamente, magari con migrazioni da una casa editrice all’altra, e così ho deciso di lasciare un po’ più di spazio alla soddisfazione dei miei gusti personali, nella convinzione che chi fosse interessato prima o poi troverà occasione per leggerli.
Sulla puntata non ho molto da dire se non che riascoltandomi mi accorgo che dovevo essere molto in difficoltà nell’impaccio di districarmi fra le esigenze del politicamente corretto (e quindi di non dire “indiani” e “pellirosse”) e la necessità di non addentrarmi in eccessive complicazioni nella descrizione della cultura navajo: e perciò ho parlato di “spettri” e non di chindi, per esempio. Mentre ero occupato a fare queste capriole l’italiano se ne è un po’ andato per conto suo, compreso l’uso dell’orrendo “piuttosto che” al posto di “oppure” (per non parlare della bolsa scusa finale nei confronti “dei miei amici professori” o della curiosa autocelebrazione: «penso che sia stata una puntata interessante», volevo dire: «spero che sia stata una puntata che vi ha presentato una realtà che non conoscevate» o qualcosa di simile).
In realtà la vera perla di cialtronismo della puntata è la scelta del commento sonoro. Volevo un brano musicale tipico dei nativi americani e non mi fidavo di proporre qualcosa della scena rock nativa non conoscendola abbastanza. Ricordavo vagamente Ly O Lay Ale Loya ma nei momenti semifrenetici prima di andare in onda né io né i ragazzi della radio ricordavamo esattamente autore o disco di provenienza. Non so bene cosa abbiamo trovato sul web e come abbia fatto a convincermi che l’autore fosse “Nazca” (per dir la verità non so nemmeno chi diamine sia, ‘sto Nazca), ma è questa l’informazione con cui sono andato in onda.
Solo dopo ho scoperto che in realtà Sacred spirits non è il titolo del brano ma il nome del gruppo – che oltretutto è composto da tre musicisti elettropop tedeschi – e che oltretutto il brano è oggetto di feroci controversie perché non è nemmeno un brano folkloristico Lakota, come credevo (chissà dove avevo preso l’idea), ma un canto Sami, cioè finlandese, riciclato per l’occasione. Una disfatta, che ripropone un po’ i dubbi che esprimevo a proposito della puntata su nero Wolfe. Il che non toglie, naturalmente, che Ly O Lay Ale Loya – o meglio: La danza in cerchio in senso antiorario – sia un brano che si fa ascoltare con piacere.
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