Inconsapevoli letture giovanili semiporno del giovane Rufus
Tempo fa ho chiesto al mio amico Giorgio Astara di restituirmi un libro che giaceva da una quindicina d’anni nella sua biblioteca e nell’occasione mi ha rimesso in mano un paio di altri tomi della stessa epoca, fra i quali I leoni di Argouges (Pierre Naudin, Sonzogno 1980, lire 12000!, mai più ripubblicato in italiano).
Avevo de I leoni d’Argouges un ricordo piacevole: me l’aveva regalato Enrica per il compleanno dei sedici anni o qualcosa del genere. Raccontava delle peripezie di Ogier d’Argouges durante la Guerra dei Cento Anni fra inglesi e francesi: si apre con la battaglia dell’Ecluse, quando Ogier è un ragazzo che accompagna alla guerra il padre, lo zio Guillaume e il siniscalco di quest’ultimo Blanquefort. I francesi sono sconfitti e nella rotta generale Ogier scopre che un nobile francese e consigliere del Re, de Blainville, è un traditore. Questi però riesce a scaricare la colpa proprio sul padre di Ogier e successivamente decide di sbarazzarsi del figlio. Ogier viene quindi affidato allo zio perché lo porti lontano e gli faccia fare l’apprendistato di cavaliere nel suo feudo di Rechignac, dove sta costruendo un potente castello. A questo punto c’è uno iato di cinque anni e poi la seconda parte del libro racconta della ripresa della guerra, dell’invasione del Perigord e di un lungo assedio a Rechignac da parte di una numerosa banda di mercenari e altri irregolari inglesi, guidati da Robert Knolles.
Avventura purissima, come vedete, scritta da uno che è considerato un maestro del genere, con ventisette romanzi all’attivo, tutti ambientati durante la Guerra dei Cento Anni, in quattro cicli successivi. Delle vicende del libro credevo di avere un ricordo piuttosto preciso, invece la rilettura mi ha regalato diverse sorprese.
Strani cicli narrativi
Intanto, avevo l’idea che la prima parte del romanzo, quella dell’Ecluse e del processo per tradimento, non fosse altro che una breve premessa. In realtà è davvero una premessa, solo che non è breve: occupa centotrenta pagine. Se non ho capito male, nell’edizione originale è addirittura un intero romanzo indipendente (Les lions diffamés, con riferimento allo stemma della casata di Ogier, i cui leoni vengono sfregiati per l’infamia) e la cosa un po’ mi ha sorpreso, perché per essere un romanzo autoconclusivo non ci succede niente (a parte una battaglia navale, una fuga avventurosa, un po’ di macchinazioni e un processo), nel senso che non c’è approfondimento o crescita dei personaggi o linearità della trama: è appunto solo un preambolo di tutto il ciclo. Per quanto magari l’edizione originale possa essere stata un tascabile, o se l’editoria degli anni ’70 seguisse regole diverse dall’attuale, uno si chiede se chi lo comprava non si sentisse truffato: cosa poteva trovarci di interessante, in un preambolo? E in realtà questo tipo di suddivisione del materiale narrativo vale anche per la seconda parte del libro, nel quale i personaggi, apparentemente rimasti immobili per cinque anni, improvvisamente prendono velocità, crescono, si modificano, scompaiono addirittura all’improvviso e senza spiegazioni, come se l’assedio fosse una specie di strano meccanismo d’innesco di metamorfosi narrative. Roba che qualunque editor attuale rifiuterebbe il libro e i docenti di scrittura creativa segnerebbero gli errori con la penna rossa.
In realtà è interessante la lettura di un romanzo storico così vecchio e lontano dai nostri standard: perché per esempio ci ricorda che all’epoca di Naudin e di Anne e Serge Golon c’erano scuole nazionali di romanzieri di genere che seguivano dettami stilistici magari diversi da quelli di un Bernard Cornwell attuale e che davano del Medio Evo una lettura loro propria e diversa. Per esempio per Cornwell si tratta, per quello che ho letto, di un’epoca vitalistica e solare nella quale gli spiriti liberi devono combattere con convenzioni asfissianti legate al cristianesimo imperante o con gli intrighi del potere e della ragion di Stato. Per Naudin il Medio Evo è invece l’epoca nella quale si può collocare a una distanza di sicurezza, con la scusa che si era selvaggi, o primitivi, o in preda alle passioni, secchiate di sensualità morbosa, in maniera insistita e perfino inquietante.
Oh, per alcuni aspetti è una impostazione modernissima, tipo HBO.
Ciò a cui il tenero Rufus non badava
E insomma, prendo il romanzo. Ci siamo appena liberati della premessa e tutto va più o meno come ricordavo che a pagina 103 arriviamo a Rechignac e lì a Ogier viene presentata la governante e capocuoca del castello, Mathilde:
E si piegò in una riverenza, scoprendo pressoché per intero le nudità del seno ridondante, più impudico di due glutei cui peraltro somigliava.
Boh, dico.
Solo che a pagina 114 Ogier prima di andare a dormire sente dei rumori sospetti dalla cima della torre e assiste non visto a una scena lesbo fra la cugina e una fantesca, che ben presto evolve, con la comparsa di uno dei cattivi della storia, in esibizionismo ripagato da molestie sessuali. Ogier, non visto, batte in ritirata verso la sua stanza dove scopre una contadinella che non ha dove andare e con la quale ha una lunga discussione sul potere che avrebbe, in quanto nobile, di deflorarla con la forza oppure no. Essendo il buono della storia e lei una ragazza volitiva si accontentano di un po’ di petting in attesa di tempi migliori.
Il tutto arriva fino a pagina 130.
Boh, ridico.
Intanto inizia la seconda parte: a pagina 140 Ogier va a recuperare la cugina che ha terminato l’educazione in convento (della quale educazione pietosamente per il momento non ci viene raccontato nulla) e mentre viaggiano assieme ha pensieri del genere (lei è a cavallo e indossa uose scarlatte):
Il giovane gentiluomo osservava quel busto eretto, quelle anche dolcemente ricurve sottolineate dalla cintura che le cingeva i fianchi, quella duplice groppa, l’una scarlatta, l’altra bianca e lucente, fustigata dalla lunga coda di crini biondi.
Dice proprio così, groppa. Comunque, forse per scacciare dalla mente i pensieri lascivi, le racconta che la sua antica amante, quella della scena lesbo, nel frattempo è stata violentata e uccisa. Sarà perché non ha più la vecchia compagna di giochi che la cugina da questo momento in poi si dedicherà a comparire davanti a Ogier in costumi di volta in volta audacemente attillati, o audacemente scollati, o audacemente qualcosa, alle descrizioni dei quali – e alle reazioni di Ogier – Naudin si dedicherà con gusto.
Nel frattempo a pagina 157 Ogier va a cercare la sua contadinella e trova invece la sorella, Margot.
La fantesca aveva il viso tondo, gli occhi azzurri, una bocca dalle labbra sottili, atteggiata a un’espressione di lieve ironia. Lo sguardo di Ogier si posò sul seno: il laccio di cuoio che chiudeva lo scollo della camiciola era allentato rivelandolo quasi per intero.
«Quali nuove mi porti?»
«È graziosa», pensava il giovane, «e non è schiva…». E quei seni candidi, a portata delle sue mani, apparivano fermi. E così dolci… Gilles Champartel, suo marito, non aveva di che annoiarsi!
Per farsela però Ogier dovrà aspettare l’assedio. Il giorno dopo essersi dedicato a Margot, poi, quando va a comunicare a una tizia che suo marito è morto sui bastioni, già che c’è se la tromba. Così, per esorcizzare il senso di morte.
Ed è tutto così. Quando non ci sono avventure – ci sono combattimenti che durano anche quaranta pagine, quindi l’andamento è irregolare – si fa sesso, oppure si pensa al sesso, considerandolo però tutto sommato una cosa zozza. Impudico è una parola frequentissima. Però intanto ci si indugia, eccome se ci si indugia. C’è perfino una scena di necrofilia e un cesareo piuttosto conturbante.
Ora, il fatto è che io avevo di alcune cose un ricordo precisissimo: battaglie, duelli, episodi dell’assedio. Di tutto questo nulla, come se non l’avessi mai letto. Non ho la minima idea di cosa ne pensasse il Roberto dei sedici anni. Probabilmente assolutamente niente: ricordo che Enrica, dopo che io l’avevo letto, me lo chiese in prestito e restituendomelo mi chiese dubitabonda: «Maaaaa, cosa ti è sembrato?». «Bellissimo», risposi, e vidi che lei restava un pochino incerta.
Chissà come mai.
Era vero che mi era piaciuto un sacco. Il mio primo personaggio di Dungeons & Dragons si chiamava Ogier. Tutta quella sensualità morbosa invece mi era scivolata addosso come nulla fosse. Oh, lo sapevo: ricordo che capii la domanda di Enrica. Ma non mi diceva niente, infatti avevo rimosso tutti quei contenuti.
Percezioni diverse
È da questa mia memoria imprecisa che viene in fondo la riflessione più interessante sul libro, a parte il notare come il Medio Evo presentato sia diverso da quello romanzesco abituale attuale, in fondo molto più morigerato, segno che la letteratura popolare oggi soddisfa esigenze diverse del pubblico, ai quali altri media – citavo HBO apposta – offrono la quantità di donnine necessarie. È l’idea, che offro a insegnanti, genitori ed educatori, di ricordarsi che quel che leggono gli adolescenti non è quel che leggete voi. Il che naturalmente non vuol dire che agli adolescenti si può dare da leggere qualunque cosa (forse ai miei sedici anni sì, ma non è questo il punto) quanto dire che se è vero che ogni lettore trova nei testi cose diverse, questo vale in misura tanto maggiore per gli adolescenti. E vale per i video musicali che trovate disgustosi, per i fumetti discutibili, per i film violenti e così via: è probabile che i vostri figli e figlie li guardino con altri occhi.
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