Mormoni, poligamia e cattivi vittoriani
Sto rileggendo tutto Sherlock Holmes e con l’occasione ho ripreso in mano A study in scarlet, confermando la mia opinione che i romanzi sherlockiani di Conan Doyle non reggono il confronto con le raccolte di racconti brevi.
In questo romanzo d’esordio, in particolare, Conan Doyle fa una lunga digressione in cui abbandona del tutto Londra e l’epoca contemporanea e si avventura nel selvaggio west per raccontare l’antefatto della vicenda su cui Holmes sta indagando, una storia ambientata nello Utah fra i mormoni.
La cosa non mi avrebbe colpito particolarmente se non avessi finito da poco di leggere Riders of the purple sage di Zane Grey, “il romanzo western più famoso della storia”, e anche lì non ci fossero i mormoni nel ruolo dei cattivi, secondo un tema praticamente identico: una bella ragazza è concupita dagli anziani della comunità che vogliono aggiungerla contro la sua volontà al numero delle proprie mogli – nell’odiosa condizione di poligamia. Ci sono poi una serie di temi correlati: un clima religioso oppressivo fino all’intolleranza, la chiusura mentale di queste piccole comunità rurali, l’estrema predisposizione alla violenza, un clima dittatoriale e un regime di paura sotto il governo implacabile degli anziani.
L’estrema coincidenza dei temi in due romanzi abbastanza vicini fra loro mi ha incuriosito, considerando che oggi la figura del mormone come cattivo è credo del tutto scomparsa dalla letteratura di genere, al contrario di altri classici: società segrete, mandarini cinesi, avventurieri francesi, scienziati pazzi e così via (a cui ovviamente si sono aggiunti i gerarchi nazisti e i mafiosi ceceni, diciamo). La curiosità è stata sufficiente a indurmi a un rapido controllo su altri classici della letteratura avventurosa dell’epoca, con risultati altalenanti: in Salgari c’è una comparsata della lunga marcia dei coloni mormoni dall’Illinois allo Utah, in termini tutto sommato elogiativi; nel Giro del mondo in ottanta giorni Verne usa un missionario mormone come intermezzo comico, senza ricadute drammatiche, ma poi è piuttosto guardingo, per non dire critico, sulla poligamia; ho scoperto però che c’è una storia di Stevenson che non conoscevo, L’angelo della distruzione, che anticipa tutti i temi di Conan Doyle e Zane Grey (fino a far accusare questi due di plagio): ragazze concupite, polizie segrete, ricchi mormoni – o non mormoni – inquisiti sotto pretesti religiosi per sottrargli beni e figlie. Non sono riuscito a trovare altre fonti, ma a quanto pare il mormone come villain era un elemento ricorrente della letteratura popolare vittoriana, e la poligamia – o meglio: un appetito sessuale sfrenato, nemico della temperanza così cara alla mentalità ottocentesca – uno dei suoi elementi caratterizzanti.
La cosa che mi sono chiesto è come mai, in realtà, il mormone come cattivo non sia sopravvissuto nella letteratura popolare: dopo Zane Grey, che è già abbastanza tardo, del 1912, non ce ne sono molte altre tracce, anche se un ricordo rimane in quegli scrittori che si sono formati su autori classici come Grey o Stevenson: per esempio c’è una bella storia in uno dei primi Tex in cui Gian Luigi Bonelli mette insieme bande di razziatori mormoni che opprimono i “gentili” e, ancora una volta, donne oppresse, segregate in casa o promesse in matrimonio contro la loro volontà. Altri cattivi stereotipati, come il sinistro cinese con i baffi spioventi, hanno conosciuto corsi e ricorsi che invece li hanno portati fino a noi più o meno immutati.
La risposta probabilmente è nel fatto che intorno al 1890 i mormoni hanno rinunciato ufficialmente alla poligamia: sottoposti a una pressione estrema da parte del governo americano, con la loro chiesa sciolta, i beni sotto sequestro e i leader della comunità in carcere, dovettero accettare di “normalizzarsi” entro il resto della società americana. Sospetto che Stevenson e Conan Doyle, le cui opere sono esattamente di questo periodo (1885-1890), abbiamo scritto utilizzando fonti giornalistiche (magari di taglio sensazionalistico) ostili ai mormoni e che appoggiavano le politiche del governo federale contro di loro: una volta conclusa la questione con la capitolazione dei mormoni questo tipo di pubblicistica non aveva più motivo di esistere e deve essere andata pian piano scemando, non prima però che scrittori come Zane Grey e il cinema non fissassero definitivamente lo stereotipo da punto di vista della raffigurazione della storia del west, perché ovviamente al giorno d’oggi nessuno si sognerebbe di ambientare in una qualche comunità dello Utah una storia come quella di Stevenson.
Uh, forse ho parlato troppo presto: perché cercando risposta alle mie domande ho trovato un articolo del sito Religion & Politics che riporta una recente sentenza di un tribunale americano, che, immaginate un po’?, rimette parzialmente in discussione l’illegalità della poligamia, venendo così incontro, in parte, alle esigenze di quei mormoni fondamentalisti che non avevano mai accettato la revisione del 1890 (se gli ortodossi sono detti vecchiocalendaristi, questi saranno vecchiopoligamisti?).
Non ho purtroppo il tempo di tradurre l’articolo, di cui raccomandando però la lettura perché è molto interessante (per non parlare dei link che contiene a ulteriori letture sulla considerazione di religione, razza, sessualità e libertà personale negli Stati Uniti contemporanei): la cosa buffa, però, è che a quanto pare il punto centrale a favore dei ricorrenti, una famiglia che vuole vivere in poligamia, non è tanto il rispetto della libertà religiosa, come si potrebbe pensare, ma il fatto che è sembrato al giudice necessario tutelare il diritto alla libertà sessuale delle persone coinvolte, e quindi la poligamia: dopo oltre un secolo, a quanto pare, esattamente quello che per i vittoriani era l’elemento che faceva guardare con sospetto ai mormoni è diventato un punto di forza.
Mi fa notare su Facebook la mia amica Parvati V che in realtà il tema in qualche modo permane: i cattivi non sono più strettamente i mormoni ma in diversi episodi di vari telefilm (e analogamente mi viene in mente Bad Blood di John Sandford, un giallo della serie di Virgil Flowers) il ruolo dei cattivi viene svolto da esponenti di sette, sia legate al background fondamentalista dell’america rurale profonda, che “nuovi” culti: in ogni caso rimane il tema delle donne segregate e dello sfruttamento sessuale all’interno della comunità.
Mi pare che ci sia comunque uno slittamento della tematica: nel XIX secolo la preoccupazione è razziale e la ragazza è spesso, almeno implicitamente, una giovane WASP concupita da qualcuno che è percepito essere di un’altra razza; la differenza di religione è percepita cioè come differenza razziale, i mormoni equivalgono ai neri, ai latini, agli orientali e la preoccupazione sottostante non è solo il mantenimento dell’ordine sessuale e della temperanza ma anche la difesa della purezza della razza.
Oggi questo tema mi pare molto indebolito, a favore invece di una preoccupazione riguardo alla parità di genere: è la donna in quanto tale, come vittima, che è al centro dell’attenzione (mi domando quanto questo tipo di narrazioni rappresentino una esplicitazione – o una sublimazione, o una mistificazione – del tema delle violenze domestiche).
Su richiesta di Roberto riporto anche qui le osservazioni che avevo fatto su Facebook.
Il tema non e’ completamente scomparso, anche se non sono più i mormoni ma altri culti nuovi e strani a comparire in almeno un episodio delle varie serie di polizieschi (da Numbers a Law & Order a Criminal Minds e via discorrendo) per la poligamia e la segregazione delle donne; spesso l’episodio prende le mosse da un omicidio di fanciulla che aveva tentato di scappare, o del ragazzino – sempre proveniente dalla comunità, e innamorato della suddetta fanciulla – che l’aveva aiutata.
In America c’è una effettiva proliferazione di chiese minori più o meno arretrate ed estremiste, non e’ solo una questione di immaginazione.
Per esempio il giornalista Louis Theroux (http://en.wikipedia.org/wiki/Louis_Theroux) incontra almeno un gruppo simile in un suo documentario, che ho visto l’anno scorso ma di cui non riesco a ricordare il titolo.
A questi si aggiungono in tempi recenti una serie di santoni new age o di [inserisci moda a caso] che perlopiù sono dei truffatori spillasoldi; e questi ultimi non mancano anche in Italia, per dire. Alcuni diventano anche grossi e potenti, tipo [rimosso da Rufus per evitare querele, NdR].
E poi mi pare che il tema in questi episodi di telefilm non sia tanto l’emancipazione femminile quanto l’analisi del lavaggio del cervello ad opera del carismatico pazzoide di turno (di solito nei telefilm il tizio non è solo un truffatore, ma qualcosa di più sinistro in quanto sfrutta il culto per ottenere donne-schiave, spesso minori, quindi è anche pedofilo).
I seguaci-complici del capo della setta vengono ammaliati dal suo carisma oppure credono di avere trovato una comunità dove vivere secondo principi che condividono, anche se spesso viene messo in evidenza qualche personaggio che e’ stato cacciato oppure che si è dissociato per essersi reso conto di non avere trovato il paradiso che credeva.
Andando fuori tema: mi sono letto il link all’articolo di “Religion & Politics” e mi fa piuttosto impressione il fatto che si possa far cambiare opinione ad un gruppo di persone usando la forza. Ma forse basta fare l’abitudine a questo pensiero.
Non credo che ci si possa fare l’abitudine… 🙁
Non credo nemmeno che possa essere così semplice, e perciò è un tema storico che mi sembra significativo chiedersi perché sia stato, complessivamente, così facile far rinunciare i mormoni alla poligamia, come se fosse una trattativa fra Stati sovrani che si scambiano concessioni territoriali: ma non conosco a sufficienza la storia americana per abbozzare una risposta.
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