Incentivi alla didattica al chioschetto del caffè
Ieri mattina al chioschetto del caffè davanti all’ufficio ho notato un capannello di studenti che parlavano fra loro, tutti, in un ottimo inglese.
«Vedi», mi son detto, «i luoghi comuni che si dicono non sono corretti: il cattivo studio delle lingue, l’arretratezza degli studenti italiani, la chiusura verso l’estero, blah e blah: e invece eccoli qui, degli studenti normalissimi che mostrano una ammirevole padronanza della lingua di Shakespeare e Milton. Vedi che gli sforzi profusi dalle strutture universitarie danno frutto?».
Va fatto notare, in vista di una replicabilità del modello, che le ottime prestazioni degli studenti citati potevano essere legate al fatto che nel caso specifico l’inglese gli serviva per conversare con una ragazza palesemente straniera, forse una studentessa Erasmus, alta e bionda, e che la conversazione avesse per oggetto i dubbi di lei sul fatto che la sua minigonna fosse troppo corta.
Noooo!
Are you joking!?
It’s just fine!
Perfect!!
Compliments you nicely!
And I like the colour, too.
Think I’ve seen you on Facebook.
By the way, what’s your mobile phone contact?
A sentire il mio amico G. a volte perfino questa motivazione è insufficiente. La volta famosa che avevamo portato le norvegesi alla festa dei goliardi non erano state assediate come ci aspettavamo. Secondo G. la ragione era che i ragazzi si avvicinavano, scoprivano che dovevano parlare in inglese, e si allontanavano.
Sfugge comunque il motivo per il quale voi, potendo godere in solitudine della compagnia delle norvegesi, le portaste dai goliardi anziché in luoghi più romantici atti al corteggiamento privato, no?
I goliardi eravamo noi! Portarle alla festa era una dimostrazione di potenza almeno ai nostri occhi.