È difficile parlare di Tex
Strani collegamenti
Ormai dieci giorni fa sono andato a una manifestazione-dibattito che si intitolava Sulle orme di Tex e che metteva al centro, a quel che avevo letto sul giornale, il tema del genocidio dei nativi americani.
Un po’ tirato per i capelli, ho pensato.
In realtà ho scoperto poi che la manifestazione fa parte di un ciclo di dieci incontri, ciascuno su un “genocidio” diverso.
Nota: facciamo che sappiamo tutti che il termine, qualunque sia l’uso giornalistico che se ne fa comunemente, è tecnico e che il suo significato è fissato da una definizione dell’ONU, peraltro spesso contestata, ed evitiamo di entrare in quella discussione, ok?
Dicevo: un ciclo di dieci incontri e poi un evento finale, una mostra-installazione da tenersi a novembre a Cagliari. I dibattiti in preparazione servono anche a raccogliere fondi per i progetto. Il tutto a me è sembrato un po’ strano e quindi mi limito a riportare il video di lancio della campagna, poi ognuno potrà farsi la sua idea:
Come fu che non si parlò di Tex
Ma in ogni caso io non ero andato là per questo. C’ero andato per Tex.
Sono anche arrivato in anticipo e, man mano che il pubblico aspettava, mi sono reso conto che probabilmente mi sarei trovato in un ambiente che non avevo mai frequentato: quello degli appassionati di Tex.
Sappiamo tutti che Tex è il fumetto più letto in Italia, quindi non è che io mi stupisca che abbia un pubblico. Tanti lettori li conosco; so anche che spesso la passione per il personaggio unisce e accomuna generazioni diverse: negli ultimi anni, per esempio, io e Pino ci eravamo presi l’abitudine di comprare il nuovo numero a turno alternativamente ogni mese, e poi ciascuno lo passava all’altro. C’è qualcuno del gruppo La Pira che si recupera le storie prendendole da me, a blocchi di tre o quattro numeri alla volta: adesso che lo so, glieli lascio da parte. E ovviamente al momento di questi scambi si commenta: «Vedrai, questo numero…».
Ma non ero mai stato a una riunione di lettori, ed ero molto curioso. Certo, magari il gruppo di militanti di SEL era là più per il tema dei genocidi, ma c’era un nonno con figlia e nipotina e un signore seduto vicino a me con fidanzata affascinante e annoiata in partenza.
Altri episodi di crudeltà non ce ne sono stati, mi pare.
Che poi la fidanzata affascinante ha avuto un soprassalto quando è stato detto che Tiger Jack sarebbe la moglie di Tex…
… vabbeh, sto anticipando…
… e comunque ben presto è ricaduta nell’apatia, e quando il signore ha iniziato a discettare con me di quali storie e quali avventure e se Sangue Navajo fosse il numero 40 come diceva Gianni Olla o il 51 come dicevo io si è imposta e l’ha portato via.
Nel frattempo infatti Bepi Vigna, che faceva un po’ da anfitrione, aveva sbrigato con garbo e grande velocità il compitino suo e dato la parola a Gianni Olla, giornalista dell’Unione Sarda.
Che Tex, ha detto, non lo legge più (l’ho detto, era una serata strana).
Però prima lo leggeva, e infatti delle storie fondanti sa vita, morte e miracoli, anche se colloca Sangue Navajo dieci numeri troppo presto e anche se si sente che la sua competenza è soprattutto in campo cinematografico e infatti, pur citando Lilith, i trafficanti e le coperte infettate col vaiolo e la storia di Lucero, con i conventi e le scuole per i giovani indiani, al cinema tendeva continuamente a tornare. E quindi ha in fondo parlato tanto quanto di indiani, molto poco di genocidio, poco di Tex e molto invece di cinema, e quindi soprattutto di rappresentazioni dei nativi americani da parte dei bianchi e meno invece della loro realtà: d’altra parte il tema del dibattito era confuso fin dall’inizio. Traggo comunque da lui l’invito a leggere Amore e morte nel romanzo americano e vedere com’è questa storia di Tiger Jack nel ruolo di moglie, anche se ho l’impressione che in realtà il saggio di Fiedler con Tex c’entri proprio poco.
E poi c’è stata una studiosa del segno grafico di Galep (che peraltro ha proiettato anche tavole di Ticci) e mi è parsa piuttosto debole: perché a parte la scelta di Ticci di rappresentare Geronimo in maniera molto corrispondente alle testimonianze storiche che possediamo (d’altra parte la Bonelli ormai credo sia uno dei maggiori centri di documentazione sul West che ci siano in Italia) per tornare al tema del genocidio si è dovuta spostare a illustrare dialoghi e didascalie, che alla fin fine col segno grafico c’entrano molto poco.
E quindi a chiusura della tavola rotonda il risultato era un po’ in deficit. «Però adesso proiettano Come Tex nessuno mai, il documentario di Giancarlo Soldi», ho pensato, «e quindi adesso si parlerà davvero di Tex».
Per il genocidio, pazienza.
In realtà mi sbagliavo. Perché nonostante il titolo Come Tex nessuno mai non è un documentario su Tex: è un documentario (bello, peraltro) sulla casa editrice Bonelli e sui due Bonelli, Gian Luigi e Sergio, che al ranger hanno legato il proprio nome e gran parte della propria avventura umana e professionale. Scorrono insieme a loro le immagini e le interviste di tanti altri autori e collaboratori della Bonelli e un po’ di altri strani personaggi legato al mondo del fumetto, ma in realtà non si parla più di tanto di Tex.
È difficile parlare di Tex…
Questo mi dicevo andando via, poco prima della fine del documentario.
Perché l’avventura umana e professionale di Gian Luigi Bonelli è straordinaria, e quella di Sergio Bonelli probabilmente, in quanto editore oltre che autore, ancora di più; e alla loro si somma anche quella di una casa editrice che ha prodotto tantissimo e (quasi) tutto di grandissima importanza, e che raccoglie o ha raccolto al suo interno il gotha di un mondo straordinario come quello del fumetto italiano.
Ce n’è di documentari che si potrebbero fare. Se si guarda l’ottima Fumettology sulla RAI, per esempio, si vede che la redazione è tornata più volte sui personaggi Bonelli, eppure la sensazione è che si sia appena scalfita la superficie.
L’approccio di Soldi non è isolato: per esempio mi ha incuriosito un saggio, suggerito anche sul sito della Sergio Bonelli, e cioè Come Tex non c’è nessuno. Vita pubblica, segreti e retroscena di un mito. Però poi la presentazione del volume recita:
Nel sessantesimo anniversario della nascita del ranger più famoso d’Italia Franco Busatta intervista Sergio Bonelli, l’editore di Tex nonché suo storico sceneggiatore, nonché figlio di Gianluigi, il creatore del personaggio entrato nel mito del fumetto italiano. Con i suoi ricordi e grazie alla riproduzione di tavole e disegni d’epoca, l’editore ripercorre le tappe fondamentali della storia di Tex e degli autori che l’hanno fatto grande. Lasciandoci scoprire come si sia trasformato, da uno dei tanti protagonisti dei poveri giornalini a striscia del dopoguerra, in un’icona pop capace di conquistarsi un posto speciale nel cuore di molte generazioni di lettori.
E quindi siamo ancora al racconto degli autori e dell’editore, e non del personaggio.
Eppure in qualche modo, mi pare un peccato. Perché questa cortina di storie di vita e personaggi straordinari che in qualche modo fissa lo sguardo sugli autori impedisce di concentrarsi sui personaggi.
Che invece avrebbero molto da dire, e magari attraverso loro si coglierebbero delle cose nuove anche sugli autori: per esempio il focus su Bonelli padre impedisce, magari, di cogliere l’apporto specifico ormai pluriennale di Boselli che dopo tutto è l’autore principale attuale. Vale magari anche per Zagor, fra Bonelli figlio (creatore) e Burattini (sceneggiatore attuale). E in qualche modo l’approccio storico con la presentazione della casa editrice a partire dalle origini finisce per comprimere forzatamente l’attenzione per i personaggi più recenti: sembra obbligatorio citare per forza Ken Parker (e peggio ancora, un personaggio ridimensionato dalla storia come Martin Mystere) ma – che Dio mi perdoni – parlando della Bonelli forse oggi sarebbe più importante discutere di Orfani o Adam Wild.
D’altra parte Tex, in particolare, è immenso: decine d’anni di storie, situazioni e personaggi sfidano qualunque approccio critico, che per forza deve essere fatto in prima persona da chi indaga; intervistare gli autori, invece, è più immediato e più facile. Ma alla fin fine è Tex che è un’icona nazionale, è con il personaggio di Tex che migliaia di lettori si relazionano con grande affetto continuativamente da anni e anni, è Tex che è il prodotto culturale di maggior successo di una delle industrie di punta della creatività italiana. Sul sito della Bonelli c’è una pagina dedicata alla bibliografia su Tex, che appare molto ampia ma nella quale in realtà un saggio critico complessivo sul personaggio non sembra esserci. Nemmeno uno: e ce ne dovrebbero essere bizzeffe
Eppure Tex offrirebbe parecchio, secondo me. Per esempio andando alla conferenza di cui parlavo all’inizio mi dicevo che forse la scelta del personaggio era impropria: più in tema mi sarebbero sembrati Ken Parker o Magico Vento. Invece andandomene, e facendo la conta di quel che avrei detto io se avessi dovuto impostare una relazione sullo stesso argomento, mi sono reso conto non solo che di cose da dire ce ne sarebbero state parecchie, ma anche che proprio per la sua complessità e multiformità Tex suggerisce piste di ragionamento inaspettate, mentre gli altri due fumetti, essendo molto più diretti, finiscono per offrire un ragionamento più diretto ed efficace ma anche più scontato. Nel costruire la mia ipotetica relazione, invece, mi sono perso, perché ogni mattoncino del discorso che costruivo invitava a costruire in mille altre direzioni, piani e piani di edifici tutti diversi, e ho l’impressione che gli altri due questa opportunità non la offrano.