La stand up comedy che in Italia non c’è (e quella che c’è)
Passioni è un bel programma di Radio3 di cui ho già parlato altre volte.
Nello scorso fine settimana ho ascoltato due puntate dedicate alla stand up comedy, che erano molto interessanti e che vi invito a scaricare o a riascoltare in podcast (sono le puntate del 6 e 7 giugno 2015).
Una delle tesi portanti è stato che in Italia si fa molto poca stand up comedy (o ci sono pochi stand up comedians, che è quasi lo stesso). Una tesi che dapprima mi ha lasciato interdetto, ma che poi è stata argomentata estesamente: non basta alzarsi in piedi davanti al pubblico e fare un monologo al microfono: la stand up comedy richiede un impasto peculiare di comicità esistenziale, lavoro su se stessi, satira di costume e diverse altre cose che obiettivamente appartengono abbastanza poco al Crozza medio o alla serata tipica di Zelig o Colorado (il che non vuol dire che quelli facciano male, ovviamente, ma sono diversi). Una tesi, alla fine, che mi è sembrata piuttosto convincente.
Oggi però, mentre leggevo la recensione di Zerocalcare che ho segnalato poco fa mi è venuto in mente che questo vale probabilmente per l’umorismo teatrale in senso proprio, perché se c’è un settore nel quale la comicità esistenziale è in pieno vigore è esattamente il fumetto, a partire da Zerocalcare ma non solo (anzi, c’erano tanti già prima di lui).
Non è barare: è chiaro che stiamo parlando di media diversi, ma la cosa che mi sembra interessante, e che mi volevo quindi appuntare qui, è proprio il fatto che questo genere di comicità in Itlaia non solo esiste ma incontra pure il favore del pubblico: e quindi la dimensione interessante non mi sembra fare il catalogo (qui c’è, là no, non si può definire stand up comedy in senso stretto) quanto chiedersi come mai vada ad annidarsi in un determinato media piuttosto che in un altro.
Oh, io non lo so perché; ma mi sembrava interessante annotarmelo.