Le bandiere dei nostri padri (e la Apple)
Dylann Storm Roof, l’uomo che pochi giorni fa ha ucciso per motivi razziali nove persone in una chiesa di Charleston, nella Carolina del Sud, guidava una macchina con la targa personalizzata con la bandiera sudista.
Nel caso suo, naturalmente, la bandiera era un’affermazione di identità politica, più o meno come se oggi qualcuno sventolasse in Italia la svastica: si capisce che sta facendo apologia (per esempio, Google mi informa che l’immagine di qui sopra – che uso a puro titolo documentario – proviene dal sito dei “combattenti americani per la libertà”, pagina che mi sono ben guardato dal visitare direttamente).
Per altri americani del Sud, invece, la bandiera ha più il senso di una manifestazione di identità e di appartenenza, più o meno come quei sardi che in giro per il mondo sventolano i quattro mori ad ogni occasione e che ritengono impropriamente che una birra che ce li ha in etichetta debba per forza essere buonissima. È un uso della bandiera visto in mille occasioni nei film americani: ricorderete Hazzard, per esempio, individualismo, insofferenza delle regole, rifiuto delle imposizioni del governo centrale, orgoglio contadino, ma non necessariamente razzismo.
Nel mezzo c’è di tutto. Per esempio di fronte alla sede del governatore della Carolina del Sud sventola la bandiera di battaglia della Confederazione o più propriamente la bandiera dell’Armata del Tennessee (durante la Guerra Civile c’erano molte bandiere diverse di reparti militari e di entità politiche ma certo la bandiera sudista per antonomasia è quella con la croce di sant’Andrea), per non parlare del fatto che un altro stato del Sud come la Georgia ha ancora una bandiera statale che si ispira a quella della Confederazione, e il Mississipi ne ha una ancora più evidente: sono simboli di una protratta resistenza contro “il Nord” e il governo federale su una varietà di argomenti. Fino ai primi anni 2000 la bandiera sudista sventolava sulla cupola del palazzo del Governatore della Carolina del Sud insieme con quella degli Stati Uniti, poi ci fu una campagna per farla rimuovere perché legata a un passato di razzismo e di segregazione (il tema attraversa tutti gli Stati del Sud: la Corte Suprema del Texas una volta è stata chiamata a pronunziarsi sul quesito: «L’esibizione della bandiera sudista è tutelato dal diritto alla libertà di parola?») e la bandiera è stata spostata in posizione meno evidente.
La capacità degli americani di combattere battaglie infinite sul piano simbolico dimenticando opportunamente il piano sostanziale non manca mai di sbigottirmi. Non è strano che ci siano adunate pubbliche del Ku Klux Klan, per dire, ma se esibiscono la bandiera sudista, guai!
Comunque Dylann Storm Roof è andato a fare la sua strage a bordo di un’auto con la targa sudista, e nei giorni successivi la polemica è ripartita.
Sulle armi? Sulla disparità di reddito fra neri e bianchi? Sui tassi di criminalità? Sulle difficoltà della classe media bianca negli stati del Sud? Sulla povertà? Sulla sicurezza? Sul razzismo?
No.
Sulla bandiera.
Obama, credo, ci ha anche provato a citare la storia delle armi, ma senza troppo successo. Ah, ma sulla bandiera, invece, tante belle discussioni.
Siccome viviamo nel circo mediatico tutti si sono affrettati a schierarsi pro o contro la questione, con relativi posizionamenti su Twitter e Facebook.
Alla campagna Falla sventolare («Keep it flying») si è contrapposta la decisione delle maggiori catene di grandi magazzini – e di vendita on line – di sospendere immediatamente la vendita di tutti gli oggetti che avessero la dannata bandiera, fra i quali ovviamente dovevano esserci cose piuttosto preoccupanti destinate a un pubblico di nazisti dell’Illinois e motociclisti assassini insieme a roba sostanzialmente innocua sullo stile, appunto, dei nostri quattro mori. Fra le altre cose leggo sulla rete che i produttori della macchinina giocattolo del Generale Lee di Hazzard stanno pensando di ritirarla dal commercio e sostituirla con un’altra versione senza bandiera.
Per dire.
Comunque Wallmart, e-Bay e Amazon hanno dato la linea e molti altri si sono immediatamente accodati. Un po’ è il timore tipicamente americano di cause miliardarie o di boicottaggi rovinosi, un po’ è che così è facile fare i democratici a buon prezzo.
Noto nel frattempo che da Wallmart è possibile comprare un fucile da combattimento Sig Sauer calibro 5.56 NATO, immagino per difesa personale. È la stessa catena, peraltro, che è stata spesso oggetto di controversie con gruppi musicali ai quali chiedeva di “ripulire” i contenuti dei loro pezzi per renderli più accettabili “alle famiglie”.
E la Apple?
Già, cosa c’entra la Apple in tutta questa storia?
C’entra perché anche la Apple ha deciso di ritirare ogni cosa che avesse a che fare con la bandiera sudista dal suo store: perlomeno tutti quegli usi della bandiera offensivi e indicativi di povertà di spirito («offensive and mean-spirited»).
Solo che qualcosa non deve avere funzionato, là al confine fra arte e scienza dove si è sempre un po’ folli e un po’ affamati, oppure il fascistometro alla Apple è tarato in maniera piuttosto curiosa, perché per esempio sono stati rimossi senza preavviso giochi di argomento storico, come le ricostruzioni di battaglie della Guerra Civile, nei quali ovviamente ci sono bandiere sudiste.
Sul caso ripubblico, tradotto da me, il comunicato della casa produttrice di uno dei giochi, GameLabs, che appoggio con tutto il cuore, nonostante un po’ di retorica.
Come può essere che sappiate già (leggete il link su Facebook), la Apple ha rimosso il nostro gioco dall’AppStore a causa dell’utilizzo della bandiera confederata. “Ultimate General: Gettysburg” potrebbe essere accettato nuovamente se la bandiera fosse rimossa dai contenuti del gioco.
Accettiamo la decisione della Apple e capiamo che si tratta di un tema sensibile per la nazione americana. Noi abbiamo voluto che il nostro gioco fosse il riferimento più accurato, storicamente fondato e giocabile della battaglia di Gettysburg. Tutti i comandanti, la composizione e l’armamento delle unità, i riferimenti geografici fino ai più piccoli corsi d’acqua e fattorie sono ricreati in maniera storicamente accurata sul campo di battaglia del nostro gioco.
Riceviamo molte lettere di ringraziamento da insegnanti statunitensi che usano il nostro gioco nei programmi scolastici di storia per far sperimentare ai ragazzi una delle battaglie più importanti della storia americana dal punto di vista del generale in capo.
Spielberg in “Schindler’s List” non ha tentato di correggere il suo film per renderlo più accettabile. Il film storico “Gettysburg” del 1993 è ancora su iTunes. Noi crediamo che tutte le forme artistiche di rievocazione storica, libri, film e giochi come il nostro aiutino a imparare e capire la storia, descrivendo gli eventi come furono. Le storie vere per noi sono più importanti del denaro.
Perciò non abbiamo intenzione di modificare i contenuti del gioco e “Ultimate General: Gettysburg” non sarà più disponibile su AppStore. Speriamo davvero che la decisione della Apple ottenga i risultati sperati.
Non possiamo cambiare il passato, ma possiamo cambiare il futuro.
Il gruppo di lavoro Game-Labs
e devo dire che condivido anche un pezzo dell’articolo del sito Toucharcade da cui ho tratto la notizia:
Fonti vicine alla compagnia (la Apple, NdRufus) affermano che sta lavorando con gli sviluppatori coinvolti nel bando della bandiera per risolvere il problema e riportare i giochi sullo AppStore. Tuttavia i programmatori dovranno rimuovere o rimpiazzare la bandiera confederata. Se questo è davvero ciò che la Apple chiede agli sviluppatori questo solleva tutta una serie di problemi riguardanti la censura e la memoria storica poiché si rischia letteralmente di riscrivere la storia. Per quando discutile possa essere, l’esistenza della bandiera confederata in questi giochi è storicamente accurata, e io non sono sicuro che nessuna azienda debba avere la possibilità di plasmare la storia ai propri criteri e credenze.
P.S. 2 Se volete un punto di vista tangenziale sull’argomento, segnalo un terzetto di articoli di un annetto fa, che iniziano con la filantropia razzista e E.D. DuBois e proseguono con l’umorismo e gli interruttori emotivi (uau!). E sempre su questo sito c’è una vecchia polemica sul femminismo dalla quale si capisce, credo la mia opinione. E, domanda per i solutori più che abili, secondo voi le polemiche di questo periodo sulla famiglia non saranno mica un po’ come i bisticci sulla bandiera?
Segnalo una discussione davvero molto interessante a partire dal rilancio che del mio articolo ha fatto Francesco “Rugerfred” Sedda.
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