Il blues dell’aeroporto
Mi aggiro per Fiumicino. A un certo punto entro in un negozio che vende accessori per iPhone, cellulari, tablet: custodie, caricabatterie eccetera. Cartelle da viaggio, custodie per computer, cose così.
Ci sono un padre e un figlio che esaminano con aria critica i prezzi della roba per iPhone. Il figlio, più o meno dieci anni, saggio prima del tempo, chiede: «Qui le cose costano molto di più perché siamo in aeroporto, vero babbo?».
Il padre, che conosce il mondo, scuote la testa: «No, figliolo, qui le cose sono di qualità migliore perché siamo in aeroporto».
***
Vado al bar a prendere un caffè. Il barista, giovane, ha un torace come un barile e due braccia che paiono prosciutti. È coperto di tatuaggi e gli habitues – operatori dell’aeroporto, negozianti – lo prendono in giro.
«Devi gonfia’ er cervello, oltre che i muscoli, lo devi allena’».
«Ma un libro lo leggi mai? E che leggi? Totti alla scoperta de Roma?».
Lui, serafico, li tranquillizza: «Nooo, libri ‘un gne leggo. C’ho ‘aaa tennica mia, c’ho. Guardo i cosi, i documentari alla televisione. Tutti li guardo».
***
Penso: Se state su un autobus del CTM, all’aeroporto, in un bar a Milano, e c’è uno che origlia, non è una spia, un detective pagato da vostra moglie, un maleducato, è solo Roberto Sedda che sta pensando al suo blog. Tranquilli. È innocuo.
Decido di smettere. Fino alla prossima volta.
***
Vado al gate. È previsto l’allarme meteo, sono venuto a Fiumicino in anticipo per sapere se ci sono problemi. Sembra tutto regolare. Mi siedo.
Un tizio viene subito a sedermisi a fianco. Ha un’aria circospetta. per un attimo penso che mi voglia vendere autentici orologi finti, ha quell’atteggiamento.
«Lei va a Cagliari?».
«…»
«L’aeromobile in arrivo ha almeno mezz’ora di ritardo, quindi partiamo con minimo mezz’ora di ritardo anche noi».
«Ma lì non c’è scritto niente…».
«Adesso lo dicono, vedrà. Minimo mezz’ora».
Gli impiegati dell’Alitalia sbrigano la lista d’attesa, fanno altre cose.
«Vedrà, adesso lo dicono. Lo dicono alla fine per non avere proteste».
Nel frattempo viene annunciato che il volo per Brindisi ha un’ora e mezza di ritardo. «Adesso lo dicono anche per noi…».
Viene annunciato l’imbarco. Il signore è pronto a tutto: «Fanno così… ti imbarcano e non te lo dicono. Ti tengono dentro l’aereo ad aspettare. O sul pullman».
Chiediamo. Lo stewart è tranquillo, si parte subito. Il signore si stringe sulle spalle: «Peccato, si vede che non era vero». Dice proprio così: peccato. È che sono stanco, altrimenti dovrei essere contento: ho incontrato un fratello giocatore di ruolo.
… qualsiasi cosa pur di avere ragione…
Ma no, non era tanto per avere ragione. È che si era fatto una sua narrazione nella testa e non ne voleva uscire 😉
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