Piccoli film, piccole eversioni
Sorretto da un’interpretazione maiuscola di Bill Murray, St. Vincent racconta la storia dell’improbabile amicizia fra un vecchio scorbutico e ubriacone che si gioca fino all’ultimo dollaro alle corse dei cavalli e un ragazzino timido e giudizioso. Attorno a loro un piccolo microcosmo di storie personali e di comprimari ben tratteggiati, a partire da Naomi Watts nell’inaspettato ruolo della prostituta slava.
Costruito su un meccanismo narrativo a orologeria che fa ridere e piangere al momento giusto e alterna sapientemente fasi ascendenti e crisi apparentemente insormontabili fino allo scioglimento finale lungamente preparato, St. Vincent sembra un po’ in apparenza uno di quei classici per famiglie dai buoni sentimenti furbetti destinati a una lunga e gloriosa carriera nei pomeriggi dei giorni di Natale, se non fosse per il fatto che immediatamente ti vengono in mente una decina di motivi per i quali non sarebbe opportuno trasmetterlo in quei giorni e in quelle fasce orarie e ti rendi conto che sotto sotto mantiene una sua (minima) carica eversiva, una ruvidezza sotto l’apparenza cicciolosa, che lo rende molto meno rassicurante di quel che potrebbe apparire (esattamente come il signor Vincent McKenna, rompipalle patentato).
Menzione d’onore per l’ottima colonna sonora.