La pancia del Colosseo
Sulla storia del vergognoso decreto del Governo che fa rientrare la gestione dei siti archeologici fra i “servizi pubblici essenziali” arrivo buon ultimo, quindi non mi dilungo sul fatto in sé: cioè di come venga usata un’assemblea sindacale autorizzata in anticipo, che discute del fatto che i lavoratori non vengono pagati, per creare un caso mediatico basato sul nulla che permette però al Governo di varare misure liberticide (la compressione del diritto di sciopero è questo, mica altro).
Colgo solo l’occasione per far notare due cose che mi hanno molto colpito e che non ho visto particolarmente analizzate in giro: di solito ci si è concentrati di più sul cosa (lavoratori non pagati, colpevole disorganizzazione di chi doveva gestire la situazione, mancanza di risorse messe a disposizione del sistema dei beni culturali e così via) che sul come, che invece è quello che mi interessa.
L’operazione, che non è di tipo gestionale ma squisitamente politica, si è basata essenzialmente sulla bolla di attenzione mediatica: i tweet indignati dei turisti in fila sono stati la miccia di innesco, le dichiarazioni accalorate sul danno di immagine il secondo passo e poi via via il meccanismo delle condivisioni scandalizzate sui social finché i media tradizionali, che non aspettavano altro, hanno certificato il “caso” facendo a loro volta da innesco a una nuova maggiore bolla comunicativa, basata sul ritorno verso i social delle condivisioni dei loro articoli con l’inevitabile ulteriore codazzo di microbolle basate sulle dichiarazioni di politici, opinionisti di professione e così via, ciascuno a sua volta commentato e condiviso (su una opinionista in particolare torneremo fra un attimo).
Ora, sto per dire una cosa che credevo che non avrei mai detto: solo in Italia. Nel senso: la possibilità di basare un provvedimento del governo sulla copertura di una simile corrente di indignazione non ragionata può accadere solo in Italia. A voler essere più equilibrati diciamo: è tipica del modo con cui si orienta l’opinione pubblica in Italia, che lavora tutta di pancia, per parole d’ordine, per ondate emotive, per mitologie scambiate per passaparola incalzanti.
Non è che in altri paesi non accadano eventi che scatenano picchi di emotività: tutti ricordiamo Charlie Hebdo, per esempio. E anche altrove accade che il meccanismo delle condivisioni in rete perda il controllo. Ma in Italia i picchi emotivi sono scatenati da quello che altrove sarebbero obiettive cretinate e le condivisioni in rete sono molto meno temperate dai meccanismi di posizioni culturali contrapposte che altrove fanno da regolatori. L’intreccio di incapacità diffusa a capire i meccanismi della comunicazione di massa, di ignoranza tecnologica fra gli utenti (o utonti) e anche fra i giornalisti e gli altri professionisti della comunicazione, di concentrazione e complicità fra i grandi gruppi editoriali rende debolissima la valutazione accurata e ragionata delle notizie. Se a questo si aggiunge il clima di campagna elettorale permanente che dura ormai da vent’anni e il dibattito politico ridotto a cori di tifoseria si spiega un’opinione pubblica ormai in stato di isteria permanente, pronta a scagliarsi con la bava alla bocca verso il nemico di turno.
Naturalmente mi potete dire: ben arrivato, Roberto. Ma il fatto è, mi pare, che cose come queste si dicono spesso ma si ragionano poco: cioè poi succedono imboscate come questa del decreto e sembra che tutti caschino dal pero – invece il punto centrale dovrebbe essere che questa è la precondizione permanente che rende possibili queste operazioni. Smontare o rivoltare questi meccanismi è una battaglia politica molto più importante che non entrare nel merito della singola vicenda.
Per esempio: leggere questa vicenda in questo modo smaschera quell’atteggiamento che vedo in molti amici, anche fini intellettuali, più o meno vicini al PD, i quali lamentano, volta a volta, il populismo imperante, i complottisti, gli analfabeti funzionali, il volgo che non distingue la destra dalla sinistra ma pure si permette di votare, il massimalismo di Grillo, le campagne a colpi di fate girare!1!!1! e così via. Amici del PD, questa è un’operazione massimamente populista fatta da voi, dal vostro governo: si vede che tutti fanno gli antipopulisti con le tribune degli altri (e sono stato fine) e quindi magari la prossima volta astenetevi da un certo tipo di retorica, grazie.
Il che ci porta a un altra esponente del PD, cioè l’ineffabile Barracciu. La quale è stata – giustamente – messa in croce per un tweet impresentabile, quello del reato in senso lato. Solo che anche qui l’impressione è che si tratti di un fenomeno tutto mediatico in cui anche gli avversari sono stati intrappolati per insipienza o dabbenaggine: ogni tweet di risposta, ogni meme postato in giro sui social è stato forse un chiodo ulteriore sulla bara politica del Sottosegretario, ma probabilmente un tweet o un post in meno di una mobilitazione contro il ventilato decreto legge, spostando il focus dell’attenzione dagli attori principali (Franceschini e Renzi) a quella che è obiettivamente una comprimaria che si è aggiunta alla polemica a cose fatte.
Detto in altro modo: se l’avesse fatto apposta la Barracciu non avrebbe potuto trovare modo più efficace per disinnescare la polemica montante e portare tutto dal livello che meritava – bazzecole come l’indebolimento di un diritto costituzionale fondamentale – alla polemica un po’ caciarona destinata poi a svanire alla prima gaffe della miss Italia di turno. E intanto il decreto passa liscio ma noi siamo tutti contenti perché abbiamo cavalcato l’onda emotiva con un bel post polemico o un meme graffiante.
Già. Solo in Italia.
Faccio fatica a credere che questo decreto sia stato approvato: fantascienza.
Eh, Giovanni: realtà invece. Va detto, per completezza di informazione, che a quanto leggo nei servizi pubblici essenziali erano già comprese cose riguardanti i siti archeologici e di grande valore culturale: per esempio questioni di sorveglianza, sicurezza eccetera (altrimenti capita uno sciopero e qualcuno fa man bassa) ma certo niente che riguardasse la fruibilità da parte dei turisti.