La storia si ripete
Pare che a Cagliari sia (di nuovo) tempo di open space.
Ovunque.
Ora: le metodiche di democrazia partecipativa sono sempre buone, quindi niente da dire sotto questo punto di vista.
Cioè: magari qualche volta si potrebbe provare a usare anche altre metodiche (qui sul blog c’è anche un vecchio articolo per iniziare a orientarsi), ma non sottilizziamo.
Ho qualche resistenza in più, invece, quando un partito o movimento politico usa il coinvolgimento dei cittadini, formalmente non schierati, per costruire il proprio programma politico. Se la cosa è rivolta ai propri militanti ognuno usa le metodologie che vuole, se si rivolge alla cittadinanza le appartenenze andrebbero precisate esplicitamente: non è solo più efficiente, è anche più elegante.
Ne avevo scritto con una certa acidità ai tempi della campagna elettorale di Michela Murgia.
Per parità di trattamento mi viene da dire le stesse cose a proposito di Cagliari Open Space, che si definisce:
CAGLIARI OPEN SPACE è uno spazio di discussione e confronto creato da un gruppo di liberi cittadini che credono nella Cittadinanza Attiva e nell’impegno Politico.
Ci poniamo l’obiettivo di favorire e sostenere il cambiamento in atto nella città di Cagliari attraverso proposte e spunti che dal cittadino arrivino a influenzare i suoi amministratori.
Esistono persone e soggetti collettivi che hanno la volontà di incontrarsi per discutere di Cagliari guardando alla partecipazione proattiva e alla Sardegna. Dobbiamo far emergere da subito che, anche nella confusione oggi imperante, esiste una energia politica significativa espressa da persone che condividono con sinergia idee e scenari futuri possibili.
Mi spiace dirlo: io lo trovo molto ambiguo. Nella didascalia della foto che campeggia sulla pagina Facebook la frase nell’impegno Politico vede l’aggiunta delle due parole “… a Sinistra”, ma anche così non mi pare sufficiente. E d’altra parte nell’intervista rilasciata a RadioX il tema dell’appartenenza politica è stato sostanzialmente eluso in nome di “istanze dei cittadini” (sarebbe anche utile sapere chi compone il “comitato organizzatore” di CAos).
Estremamente ambiguo è anche l’invito alla iniziativa di domenica scorsa:
Domenica 8 novembre dalle ore 9:30 presso lo Spazio OSC – Open Scena Concept si terrà #LaCittàPubblica: una discussione libera in cui ciascuno di voi potrà contribuire e diventare parte del cambiamento con le proprie proposte per la Cagliari che vorrebbe!
Vogliamo che le vostre proposte possano realmente incidere sul programma delle prossime elezioni comunali.
#CAos
Poi vedi le foto su Facebook e ci sono il sindaco e un po’ di consiglieri comunali. Niente di male, ma se “sostenere il cambiamento” vuol dire “sostenere la coalizione” questo andrebbe magari specificato preliminarmente.
Per fare chiarezza.
E del resto la confusione fra “apertura alla partecipazione” e “comunicazione politica” nella maggioranza che governa il Comune era già abbastanza evidente anche nel sondaggio di un anno fa sui risultati dell’amministrazione.
Mi viene da ripetere esattamente le stesse cose dette a suo tempo per Michela (e che in parte valgono anche per la concorrente iniziativa tenuta sabato scorso da Cagliari Città Capitale):
Il punto però sul quale mi interrogo è se questa dinamica partecipativa può essere gestita senza entrare nei meccanismi di rappresentanza. Per esempio: si può essere chiamati alla collaborazione alla costruzione del programma senza avere la possibilità di selezionare il personale politico che poi dovrà farsi carico di queste proposte? Se Sardegna possibile chiede collaborazione ai cittadini per costruire il proprio programma, non dovrebbe permettere agli stessi cittadini di votare le liste con primarie o qualcosa del genere?
Oppure: le proposte – in questo caso di politica culturale – sono neutrali? Che se ne faccia carico un partito piuttosto che un altro è indifferente? Il contesto ideologico in cui queste proposte sono avanzate non conta nulla?
O ancora: qual è il mio vantaggio come cittadino non aderente a Progres a partecipare? Come posso far sentire la mia voce? Nel caso specifico, essendo l’invito un invito di parte, mi sembra un po’ poco. Mi state chiedendo di farvi gratis una consulenza sul programma elettorale così poi voi siete eletti? Lo dico in maniera paradossale, ma in questo caso non basta che l’incontro sia gratis: dovreste essere voi a pagare me.
C’è qui, secondo me, da una parte un’idea un po’ ingenua – o furbissima – della politica: che se una proposta è buona, un provvedimento necessario, non importa chi lo realizza, l’importante è che lo faccia. Non a caso è una cosa che dice sempre Berlusconi, e che è analoga sostanzialmente al: «Qui non si fa politica, si lavora». Sarà. A me il contesto di Nurachi non sembra neutrale, come non mi sembrerebbe neutrale se a organizzare la cosa fosse qualuque altro partito. E dall’altra mi sembra che la possibilità che la dinamica partecipativa dell’open space mascheri cose piuttosto concrete come dinamiche di potere, questioni di rappresentanza, e – usiamo la parola – conflitti di classe andrebbe affrontata in maniera un po’ più robusta di: Prima di dare le risposte, noi ascoltiamo le domande.