Fottiti
La spiegazione del titolo che, ammetto, è un po’ forte, si trova alla fine, quindi dovete leggere tutto. Per il resto non ho molto da aggiungere se non che si tratta di una traduzione: l’articolo originale è stato pubblicato su Polygon pochi giorni fa e anche le immagini e i link dell’articolo sono quelle originali.
Fare un gioco mentre ci si riprende dal cancro
di Sam Coster
Due anni fa, all’età di ventitré anni, mi è stato diagnosticato un linfoma allo Stadio 4b, un cancro del sistema linfatico. Non c’è Stadio 5, o anche 4c; il 4b è l’ultimo.
Prima che la diagnosi mi piombasse addosso lavoravo con mio fratello Seth al nostro piccolo studio di produzione di giochi, Butterscotch Shenanigans. Esistevamo da undici mesi e avevamo pubblicato due giochi. Il primo era stato un fallimento commerciale nonostante recensioni entusiastiche, ma il secondo era riuscito a portarci giusto abbastanza incassi da dimostrarci che il nostro sogno di progettare giochi poteva funzionare. Stavamo cominciando a capire il settore dei giochi per piattaforme mobili e a farci un nome. E poi, BANG, gli Dei del Caso si sono sporti verso il basso con i loro sporchi diti medi e hanno bloccato tutto. In tre mesi avevo perso quasi dieci chili e ero sempre più stanco e prostrato. Alla fine bevevo due brocche di caffè prima delle nove del mattino solo per poter lavorare almeno tre ore. Qualcosa era andata in modo terribilmente sbagliato.
E così fui sottoposto a una raffica di esami. I medici mostrarono meraviglia al fatto che ancora mi reggessi in piedi, dato che i loro esami iniziali mostravano che ero altrettanto cancro che umano. Alla PET [tomografia a emissione di positroni, NdRufus] tutte le parti interne del mio corpo brillavano di una luce bianca nauseabonda. Ero pieno di cancro. Sussurravano tra loro che avrei dovuto essere già morto, o che lo sarei stato entro poche settimane – se non avessi immediatamente iniziato la cura.
Dieci giorni più tardi, dopo la prima fase di trattamento, Seth e io ci sedemmo a discutere il gioco sul quale stavamo lavorando: un gioco a scorrimento infinito [per i tecnici: endless runner, NdRufus] chiamato Extreme Slothcycling. Eravamo già a buon punto nello sviluppo, e il gioco era già divertente. Ma in qualche modo non era abbastanza. Non riuscivo a immaginarmi al lavoro su quel bizzarro giochino lungo i mesi di cure e incertezze che mi aspettavano.
E così mi chiesi: e se avessimo fatto qualcosa di più profondo? Avremmo potuto fare un gioco nel quale potessi infilarmi durante le cure, un gioco che mi permettesse di dimenticare le nausee da chemioterapia o l’ansia per gli esami in arrivo? Potevamo costruire un mondo progettato esattamente per portarmi via dalla dolorosa realtà che stavo per affrontare?
Lanciai Game Maker e inizia a creare prototipi, cercando di fare qualcosa che esprimesse ciò di cui avevo bisogno. La finii con una creatura che assomigliava a un aspirapolvere robotizzato che se ne andava in giro a raccogliere foglie che alla fine trasformava in un paio di sandali da indossare mentre se ne andava in giro. I sandali non servivano a niente, il gioco orrendo e non ci volevano più di dieci secondi per sperimentare tutto ciò che aveva da offrire.
Era terribile.
La mattina dopo arrivò Seth, pronto a lavorare su Slothcycling, e io invece lo aggredii con il mio aspirapolvere in sandali. Gli dissi che non volevo che un gioco a scorrimento infinito fosse l’ultima cosa che avevo fatto prima di morire. Volevo fare qualcosa che avesse importanza. E ciò che aveva importanza era quell’orrendo robottino coi suoi sandali.
Non so se sia stato per esasperazione, amore fraterno, condivisione di idee o solo per non deludere le aspettative di un malato di cancro, che Seth accettò. Avremmo provato a costruire un mondo che mi permettesse di dimenticare la mia mortalità e la mia testa calva, e farlo sarebbe stato il nostro modo di affrontare la merda assieme. E una volta che tutto fosse finito avremmo potuto condividere il nostro mondo con altri che fossero alla ricerca di una via di fuga.
Mettemmo Slothcycle in pausa a tempo indeterminato e iniziammo immediatamente a lavorare al gioco. Sarebbe stata la creazione di un gioco di ruolo dall’aria esotica e dal taglio narrativo, chiamato Crashlands che ci avrebbe portato entrambi attraverso la mia cura contro il cancro e che sarebbe stato come un grosso FOTTITI! gridato proprio davanti alla stupida faccia del cancro. Ci lavorai febbrilmente, senza badare a nulla: all’ospedale, a casa oppresso da un dolore osseo che spezzava la schiena e in mezzo a ondate di nausea. Ogni volta che avevo spazio per il mio portatile e un mouse, volevo lavorarci. E lo facevo.
Cancro, il grande chiarificatore
Per quanto squallido apparisse talvolta il mio futuro, sotto molti aspetti il cancro è stato un grande chiarificatore. Per Seth e per me ha voluto dire abbandonare il nostro cronico obiettivo di pubblicare giochi con obiettivi a breve termine e invece lavorare su qualcosa di gigantesco, impegnativo e, speriamo, profondamente significativo per noi e per i suoi futuri giocatori.
Per il mio altro fratello, Adam, che a quel tempo stava chiudendo un dottorato in Biologia Molecolare, ha voluto dire rivalutare completamente la sua direzione di vita. Invece di proseguire lungo un percorso che pareva l’inevitabile conseguenza di una vita di studio della scienza, Adam decise che fare giochi coi suoi fratelli sarebbe stato più appagante. Il giorno in cui difese con successo la sua tesi fu celebrato con la consegna dei suoi biglietti da visita Butterscotch. E così si unì alla squadra come il nostro programmatore per le meccaniche di lavoro e il web.
E così va
Quando iniziammo Crashlands pensavamo che in sei mesi io avrei superato il trattamento e il gioco sarebbe stato finito. A marzo, alla fine delle mie cure, sembrava che io avessi già battuto il cancro ma il gioco era ben lungi dall’essere finito!
Sete mesi di gioia libera dal cancro più tardi tutto sembrava andare davvero per il meglio. Avevamo cominciato a fare pubblicità al gioco, immaginandoci il lancio nella tarda primavera del 2015 – sembrava che dopo aver lottato col cancro per un anno e aver visto deragliare la mia vita le cose stessero tornando a posto.
Poi, pochi giorni dopo Natale del 2014, trovai un bozzo sul torace. Di nuovo.
Lo premetti, lo schiacciai, sperando che fosse solo un nodulo infiammato, eccitato da un virus o, davvero, qualunque cose che non fosse cancro. Ma aveva un’aria gommosa. Ed era troppo maledettamente grande. Provai a finire la doccia ma la fini piangendo. La mia ragazza mi sentì e venne nel bagno. Glielo dissi, perché sapevo già di che si trattava, e tutti e due piangemmo finché l’acqua non divenne fredda.
Sapevo che questa volta sarebbe stato peggio. Se subisci una recidiva inizi una forma molto più aggressiva di chemioterapia chiamata “chemioterapia di salvataggio”. Avrebbe fatto sembrare la prima volta una giornata rilassante in una clinica di bellezza.
Proprio in quel momento stavo per andare in vacanza a Disneyland con la famiglia della mia ragazza, La gita era stata fissata con un anticipo di mesi, e guai a me se avessi permesso a uno stupido bozzo gommoso nel torace di mettersi in mezzo. Mi tolsi il bozzo dalla testa meglio che potevo e vagabondai per quel luogo di fantasia per due giorni, affascinato dalla grandezza e dalla visione dell’impero Disney. Me la spassai moltissimo e in qualche modo mi ingegnai a ritornare rilassato, ispirato e pronto a affrontare il cancro di nuovo.
Durante il viaggio di ritorno riorganizzai le mie note di produzione per Crashlands e spedii e-mail ai miei medici. Mi risposero con i dettagli del trattamento: stavo per essere sottoposto a due trapianti di cellule staminali, una barca di chemioterapia, e radioterapia. Sapevo che il trattamento mi avrebbe dato il tempo di arrivare almeno al dicembre successivo, anche se tutto il resto fosse fallito. E avevamo ancora moltissimo lavoro da fare per finire Crashlands.
Trapianto
A maggio dopo tre brutali cicli di chemioterapia mi sottoposi al primo trapianto di cellule. I medici mi diedero un nuovo regime di chemioterapia chiamato BEAM [dalle iniziali dei farmaci utilizzati, ma può voler dire anche “raggio di forza”, NdRufus], che è un acronimo dall’aria appropriatamente intimidatoria dato che equivale a sei giorni di tortura da fantascienza distopica.
Il farmaco finale del BEAM, il Melphalam, è un cugino dell’iprite [un gas tossico usato nella Prima Guerra Mondiale, NdRufus]. È somministrato una volta sola, per appena un’ora, e richiede che il paziente mangi ghiaccio senza interruzione da un’ora prima, durante e dopo (chiamata crioterapia). Questo perché il Melphalan è così tossico che distrugge il rivestimento interno del vostro tratto gastrointestinale dalla bocca al sedere, lasciando vaste ulcere interne che rendono impossibile mangiare e vomitare ancora più doloroso. Mangiare ghiaccio faceva restringere i capillari nella mia bocca, rendendo meno probabile che il farmaco rendesse il mio palato un’unica, grande piaga scoperta. Tenendomi ghiacciato per tutto il tempo potevo raffreddare parte sempre maggiore del mio sistema digestivo, mitigando quegli orribili effetti collaterali.
Mangiai così tanto ghiaccio che mi ustionai la lingua, ma riuscii a schivare il getto di lava che normalmente accompagna il Melphalan. Non fui in grado di evitare l’altro effetto del Melphalan, che è la completa distruzione di tutto il midollo spinale del corpo. Non puoi mangiare abbastanza ghiaccio per quello. Fortunatamente questo era parte del piano. Prima del trattamento avevo donato un buon paio di milioni di cellule staminali del mio midollo spinale, che erano state congelate. Così dopo che il Melphalan ebbe distrutto il mio midollo, lasciandomi a morire lentamente incapace di ricostituire il mio sangue, ottenni una manciata delle mie stesse cellule staminali per rimpiazzare ciò che avevo perso.
Il trapianto in sé ebbe luogo il giorno otto, dopo che ero stato del tutto obliterato dal BEAM. È stato contemporaneamente uno dei momenti più importanti e più anticlimatici delle cure che ho ricevuto – mi attaccarono una sacca endovenosa di qualcosa che sembrava aranciata, che mi fu iniettata in tre minuti e che mi fece odorare di granturco.
Nessuna fanfara, niente luci, nessuno scossone allo schermo alla Vlambeer [uno studio olandese di progettazione di giochi indie, NdRufus ], nessun epico effetto sonoro – solo il ricco aroma del granturco per poche ore. Se il momento fosse stato progettato da uno sviluppatore di giochi mi piace pensare che i muri dell’ospedale avrebbero pulsato, una luce avrebbe mandato un lampo e qualcosa come il tema della scoperta di oggetti in Link [se non capisco male il riferimento è ai giochi della serie Zelda, NdRufus] avrebbe suonato in sottofondo mentre una scritta sullo schermo avrebbe lampeggiato: «+500.000 NUOVE CELLULE!».
Invece gli effetti del BEAM si diffusero lentamente. Ebbi la febbre per la settimana seguente e vomitai ogni volta che mi fosse necessario stare in piedi per più di sessanta secondi. Sviluppai una infezione catarrosa che resistette a qualunque farmaco e che mi fece sentire come se mi stessi spaccando le costole con il mio proprio tossire. Mi sentii, per qualche giorno, come se fossi davvero morto.
In quei giorni Adam mi sorprese con una bacheca delle buone sensazioni che mise su per reggere la tensione – amici, sconosciuti, altri programmatori e fan si accodarono e lasciarono 455 messaggi, tenendomi su di morale. Piansi quando la lessi, e poi tirai fuori il mio mouse. C’erano poco più di venti centimetri quadrati sul tavolino del carrello per il mouse e così, quando potevo, anche se solo per pochi minuti al giorno, producevo altri disegni per Crashlands.
Alla fine delle quattro settimane emersi dall’ospedale senza sopracciglia, cose se mi fosse esploso un fuoco d’artificio troppo vicino alla faccia. Ma dovevo andare a casa, per sfuggire agli odori dell’ospedale e ai continui suoni dei cicalini che, avevo scoperto dopo pochi giorni di permanenza, erano i suoni dell’occasionale paziente a fianco che provava a morire. Avevo una tregua di due mesi prima del secondo trapianto che avrebbe completato la mia cura. Voleva dure due mesi per ricostituirmi, e per lavorare.
A giugno chiudemmo il trailer del gioco e lo lanciammo su Steam Greenlight [una piattaforma on line per comprare e giocare videogame, NdRufus]. Ebbe il via libera in quarantottore con il 70% di voti favorevoli. Eravamo incredibilmente eccitati. Dopo qualche momento di esultanza ci rimettemmo sotto. Adam finì i programmi di lavoro necessari per inserire la storia nel gioco, che voleva dire che la cosa più grossa fra noi e il lancio definitivo era riempire il mondo di Crashlands – un posto grande come la maledetta Olanda – di storie.
La spinta finale
Valutammo il lavoro che rimaneva e scoprimmo che, fra noi tre, la parte di scrittura delle storie sarebbe ricaduta soprattutto su di me. La parte artistica era quasi finita, salvo un paio di mostri importanti, e non eravamo ancora abbastanza vicini al lancio, il che voleva dire che il mio secondo compito – montare l’aspettativa – era ancora nel limbo. Fra noi tre definimmo i punti principali della trama e poi il mio compito divenne usare lo strumento che Adam aveva costruito (il Crashland Creator) per scriverla effettivamente.
I due mesi di pausa non durarono a lungo e il secondo trapianto ci venne addosso come un gorilla maschio che hai fissato troppo direttamente. Prima di rendermene conto ero di nuovo in ospedale per altre quattro settimane.
Questa volta il trapianto aveva obiettivi differenti. Il primo era progettato per salvarmi la vita dalla chemioterapia assassina che stavo subendo. Il secondo doveva essere la parte finale dell’operazione di attacco al cancro. L’obiettivo era adesso di cancellare il mio intero sistema immunitario e rimpiazzarlo con quello di qualcun altro. Definitivamente. A quanto pare il corpo umano produce regolarmente cellule cancerose, ma il nostro sistema immunitario normalmente uccide i piccoli delinquenti. Per qualche ragione il mio sistema immunitario aveva rinunciato e non riteneva il mio cancro una minaccia. Così era tempo di un cambio della guardia.
Anche la cura questa volta era diversa – una combinazione di radioterapia leggera e di un farmaco chiamato ATG, che in realtà è prodotto nei conigli ed è un cocktail anti-immunitario. È progettato per cancellare il mio sistema immunitario prima che le cellule del donatore arrivino, così che i due sistemi immunitari non si combattano alla morte – una risposta chiamata “malattia del trapianto contro l’ospite”, o GVHD [dall’inglese Graft vs Host Disease, NdRufus].
Il fatto che non dovessi subire il BEAM di nuovo rese questo trattamento come una passeggiata in un parco di delizie. Non successe niente di notevole – nessun attacco importante di vomito o di tosse squassante, nessuna febbre per quattro giorni o infezione. Il momento più importante fu l’anticlimatica infusione di cellule del donatore, che avvenne in maniera molto simile alla prima, tranne l’aroma di granturco, dato che erano stati appena estratti da un qualche amabile essere umano che non mi è permesso contattare per due anni. L’infermiera appese la sacca, io chiesi alla mia famiglia di fare silenzio mentre le cellule gocciolavano giù, e tutti noi guardammo mentre si svuotava.
Pochi minuti dopo tutti applaudimmo e iniziò il lungo travaglio di rimanere mentalmente in salute in una stanza di tre metri per tre per altre tre settimane.
Per fortuna avevo una massa enorme di storie da scrivere per Crashlands e, grazie al cielo, più di venti centimetri quadrati di spazio sul tavolo. Così dopo che la mia famiglia lasciò l’ospedale per quel giorno accesi il mio laptop e mi misi al lavoro.
Ritorno alla superficie
Uscii dall’ospedale ai primi di settembre. Andare a casa non voleva dire che le cure fossero finite – in realtà non lo sono ancora, non ancora. Quando prendi in prestito il sistema immunitario di qualcun altro le cose possono andare fuori controllo davvero in fretta, soprattutto se non è particolarmente contento di essere preso in prestito. Ho una scatola per pastiglie da ventotto scomparti che copre appena una settimana, e prendo circa venti pastiglie al giorno. Se salto una dose il mio fegato inizia a farsi pestare dal mio sistema immunitario. Lo so perché è capitato accidentalmente e ho dovuto aggiungere un altro strato di farmaci al mucchio per controllare le conseguenze.
Il lavoro sulla trama di Crashlands proseguì ben entro novembre. A parte la battaglia fra il mio fegato e il nuovo sistema immunitario ho schivato la maggior parte delle principali complicazioni che possono capitare nei primi pochi mesi dopo un trapianto – cioè gli strani virus o altre infezioni che possono colpire una persona quando ha poco o niente sistema immunitario. Mi sono anche ricresciuti tutti i peli, che è uno dei più grossi modi di non sentirsi più un paziente oncologico.
Decidemmo che arrivare alla versione beta prima della festa del Ringraziamento era il miglior modo di procedere – avrebbe dato ai nostri giocatori di prova ampia quantità di tempo per giocare durante le vacanze e ci avrebbe permesso di affrontare il bolo iniziale di problemi dolorosi e bloccaggi prima di prenderci una pausa con il resto delle nostre famiglie. Processammo e riprocessammo, estaticamente, nei giorni precedenti. Domenica 22 novembre, alle sette di sera ora del fuso orario centrale, la beta di Crashlands fu attivata.
Cento giorni per cento giorni
I nostri tester iniziarono immediatamente a divorare il contenuto del gioco e a rimandarci indietro i resoconti. Per giovedì notte avevano accumulato ventidue giorni di tempo di gioco. La domencia successiva, dopo appena una settimana, i nostri centosessanta tester avevano giocato un impressionante cento giorni cumulativi di Crashlands. Sebbene fossimo esausti non avremmo potuto essere più felici. Tutto quel tempo di gioco voleva dire che il gioco faceva ciò per il quale era progettato: trasportare i giocatori altrove, e contagiarli di gioia.
Come se gli Dei del Caso stessero tessendo una qualche strana forma di poesia, quando raggiungemmo il traguardo di cento giorni di gioco io raggiunsi anche il mio centesimo giorno dall’avere un nuovo sistema immunitario.
Il giorno cento è un giorno di bilancio. Prevede una scansione PET e una biopsia spinale, entrambe con lo scopo di dare uno sguardo dentro il corpo e capire se il cancro è presente o no. È un giorno di resoconto che può validare due anni di trattamento allo stesso modo nel quale la beta di Crashlands aveva iniziato a validare i due anni del suo sviluppo.
Ero stato così impegnato con tutto il processo della beta e col lavoro senza tregua che non avevo avuto tempo di pensare quanto importante fosse. L’ansia di entrare nell’ospedale e magari uscirne con una diagnosi di ricomparsa del cancro non mi aveva colpito fino alla notte prima dell’appuntamento. A quel punto il momento della verità era troppo vicino, e non riuscii a dormire. Bruciai la notte sistemando errori nella trama di Crashlands, ormai lunga oltre cinquantamila parole.
La mattina successiva, 2 dicembre, andai all’ospedale con tutte le dita incrociate. Mi controllai il torace per bozzi come quello che avevo trovato nella doccia nella recidiva del dicembre precedente, e non trovai nulla. Ricalcolai le volte che mi ero sentito stanco nelle ultime settimane per vedere se c’era uno schema ricorrente, come c’era stato quando tutto era iniziato. Premetti il pollice nel punto sopra la clavicola dove, altre due volte, si era mostrato un tumore. Niente.
La mia ragazza mi accompagnò all’ospedale, come anche Dylan Cress, uno dei cineasti di Forever an Astronaut [un piccolo e interessante studio cinematografico, NdRufus] che aveva saputo della storia e la stava seguendo per un documentario. Mi riprese mentre facevo gli esami del sangue e poi mentre mi avviavo all’ambulatorio della PET.
Alla fine della PET la tecnica mi fece cenno di avvicinarmi e dare un’occhiata. Feci scorrere lo sguardo sulla riproduzione in 3D del mio corpo e non vidi niente di interessante. Nessun punto brillante. Era la scansione PET più banale che avessi mai visto. Le chiesi di far scorrere di nuovo la scansione del mio torace giusto per essere sicuri. Lei fece muovere il cursore e mentre la sezione trasversale scivolava dal collo agli addominali continuai ad aspettare di vedere qualcosa. Ma non c’era nulla.
Naturalmente io non so cosa si deve guardare, così cercai di non entusiasmarmi. Ringrazia la tecnica e mi affrettai al piano di sopra per aspettare la risposta ufficiale della dottoressa. Seth e mia madre ci incontrarono lì – avevamo deciso che Seth sarebbe rimasto a casa invece di venire in ospedale tutto il giorno, così che potesse sistemare altri bachi della beta. E poi aspettammo.
In un modo o nell’altro
Prima della cena del Ringraziamento, una settimana prima, mio nonno mi aveva chiesto come stava andando e cosa mi aspettava come cura. Gli avevo spiegato che la tomografia, e la possibile diagnosi di recidiva, era dietro l’angolo. Fece un momento di pausa, poi mi guardò e mi disse: «Bene, suppongo che ormai non faccia differenza in un modo o nell’altro, o no?».
E io realizzai che dopo due anni di cure, onestamente non ne faceva. Se fossi uscito con un’altra diagnosi di recidiva la cosa non ci avrebbe fermato. Crashlands era pronto per uscire – era così vicino che non era davvero possibile che qualcosa lo fermasse. E, inoltre, il cancro non avrebbe fermato me. Nonostante tutto il tempo che avevo perso per la malattia, le cure e le malattie indotte dalle cure, ero riuscito a essere estremamente produttivo: nel frattempo avevo passato più tempo con gli amici e la famiglia, mi ero concentrato sul lavoro in maniera stupefacentemente catartica, ero giunto più vicino ai miei fratelli, avevo trovato una ragazza ed ero divenuto un artista 2D di videogame molto più potente. E avevo fatto una parte assurda di tutto questo da un letto di ospedale o mentre barcollavo sotto gli effetti della chemioterapia, con giusto un mouse e pochi centimetri quadrati di spazio di lavoro.
Avevo vissuto la mia vita più pienamente negli ultimi due anni di quanto avessi mai pensato di poterlo fare, ed era stato a causa dell’avere avuto il cancro – per avere avuto la mia mortalità sbattuta in pieno viso – e avere trasformato tutti i dolori ossei, la nausea per la chemio, l’ansia, la depressione, le ferite da taglio, gli strappi dei cerotti e la perdita dei capelli in un oggetto costruito per trasmettere gioia pura.
Non importava più se il cancro tornava.
La dottoressa entrò nella stanza e dopo dei brevi convenevoli fece una pausa e disse: «Allora, non ho ancora avuto il referto vero e proprio del radiologo, ma di questi ne ho letti molti e… posso dire con fiducia che lei è in REMISSIONE COMPLETA!».
Gli occhi mi si appannarono brevemente mentre offrivo uno strano e prolungato ululato al pantheon di scienziati e divinità che ci avevano portato lì. Era fatta. Ero pulito.
Sono pulito. Libero dal cancro. In remissione. Era la prima volta in due anni che niente, assolutamente niente, compariva nella mia PET.
Il resto del giorno fu un turbinio. La combinazione di non aver dormito molto per aver lavorato sulla beta, l’estremo sollievo per aver ottenuto una PET pulita e la persistente sedazione derivante da una biopsia spinale molto dolorosa mi condusse in un luogo oltremondano. Andammo a mangiare alla nostra bisteccheria preferita. Mi riempii la faccia di punta di petto e lo stomaco di whisky.
La mattina dopo mi svegliai e mi misi al tavolo con Seth e Adam. Frugammo in mezzo ai resoconti degli ultimi giorni e li riassumemmo in numerosi elenchi, e trovammo qualche osservazione positiva che i nostri tester avevano lasciato dietro di sé.
Da uno, che in questo momento si sta sottoponendo alla chemioterapia:
«Anche sdraiato a faccia in giù, desiderando di svuotare continuamente lo stomaco, tutto quello che davvero voglio è continuare a giocare».
Da un’altro. che soffre di disordine da stress post-traumatico legato al combattimento:
«Ho cercato a lungo un gioco che mi facesse provare le meraviglie dell’infanzia, quel senso di innocenza, quella pura esperienza che solo i giochi sembrano in grado di offrire… Dall’inizio del gioco fino a dove sono arrivato nella storia cinquantun ore più tardi, è stato gioia pura… sembra di essere di nuovo bambini!».
Crashlands fa quello per il quale è stato progettato – essere una corazza, un rifugio da un mondo che può essere spesso troppo aspro e crudele. Tutta la vita che noi abbiamo infuso in questa creazione negli ultimi due anni sta per traboccarne fuori, e un mondo di giocatori sarà presto in grado di fuggirvi dentro.
Funziona. E la maggior parte delle persone che lo giocheranno non conosceranno mai la storia che c’è dietro, la ragione per la quale è così prepotentemente giubilante, pieno di comicità da piegare in due dalle risate, costruito per tirare via il mondo per un paio di giorni. E questo va bene, perché il lavoro per il quale è costruito. E questo è sempre stato il punto della questione.
Ventiquattrore dopo che io sono stato dichiarato “libero dal cancro” fissammo la data di lancio di Crashlands.
21 gennaio 2016. Sta per succedere, e niente può fermarlo.
Grazie, a tutti quelli che negli ultimi due anni ci hanno dato un pensiero, un cinque, una vibrazione positiva, un pasto, un messaggio gentile o una piattaforma per raccontare questa storia. Non aspetto altro che di condividere tutto questo con voi.
Ah, e cancro? Fottiti.
Se volete contattarci, siete pregati di farlo – mandateci un messaggio su Twitter @bscotchshenani o una mail diretta (sam@butterscotch-shenanigans.com).
Che storia allucinante: fa venire voglia di impegnarsi in qualcosa 😀
Spero che questo Sam Coster stia sempre meglio. Intanto, mi segno di approfondire su questo Crashlands 🙂
Grazie per la traduzione 😀 (quanto ci metti, a tradurre un articolo del genere?)
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