Un paese come noi
C’è, da qualche parte del nostro mondo, un paese di alcune decine di milioni di abitanti.
In questo paese vi sono concorsi per accedere ai posti pubblici e alla prestigiosa facoltà di Medicina.
Tre ore di esame dovrebbero compensare un universo di
diseguaglianze di censo, classe sociale, genere, lingua, provenienza regionale e religione
In quel paese l’istruzione non è in grado di compensare le disuguaglianze e porre tutti i cittadini sullo stesso piano, quindi i genitori, che desiderano il meglio per i figli, pagano fior di quattrini a un sistema abnorme di scuole private, ripetizioni e preparatori specializzati nei concorsi.
E, naturalmente, in quel sottobosco di preparazione ai concorsi, alligna e si origina la corruzione. Del resto in quel paese in molti altri settori la corruzione è diffusa: «Siamo in …», dice la gente, «per tutto ci vuole denaro».
In quel paese lo scandalo dei concorsi pubblici è stato svelato casualmente da un’indagine della polizia che mirava ad altro e che ha rivelato un intreccio affaristico sconvolgente fra funzionari pubblici, uomini politici, faccendieri e persone comuni, uniti in un groviglio inestricabile di interessi.
In quel paese l’indagine è stata veloce e spietata, e ha portato a un gran numero di denunce e arresti. Ma presto nell’opinione pubblica si è fatto strada un dubbio: la polizia stava davvero indagando? Con tanti uomini politici coinvolti, si poteva essere sicuri dell’imparzialità? Si stavano davvero toccando i livelli più alti della corruzione? O ad andarci di mezzo erano, come sempre, gli intermediari, i segretari, i pesci piccoli, lasciando tranquilli i veri pezzi da novanta?
In quel paese presto la polemica si è fatta politica e mediatica: i partiti d’opposizione e la stampa hanno sostenuto che le prove erano state artatamente manipolate per esonerare i veri colpevoli. I partiti al governo, al contrario, hanno sostenuto che erano gli oppositori ad avere manipolato le prove, dando in pasto all’opinione pubblica ricostruzioni calunniose e infamanti.
E poi, in quel paese, la gente ha cominciato a morire.
Una strana catena di morti misteriose. Poliziotti che indagavano. Presidi e funzionari. Gente sospettata di avere pagato le tangenti. Intermediari che sapevano troppo. Giornalisti. Infarti. Strani suicidi. Incidenti stradali un po’ troppo comodi.
Ok, scommetto che fino alla storia dei morti avevate pensato che quel paese di cui sto parlando fosse l’Italia.
Invece no.
È lo stato indiano del Madhya Pradesh, un paese che da solo fa più di settanta milioni di abitanti, più dell’Italia. Incidentalmente è lo stato la cui capitale è Bhopal, quella del famoso incidente.
Scopro da un articolo di ieri sul Guardian, che non ho il tempo di tradurre ma che ho trovato molto interessante, che dal 2013 va avanti nel Madhya Pradesh uno scandalo enorme, che riguarda anni di manomissioni dei test per l’accesso ala facoltà di Medicina. In generale sarebbero stati pesantemente truccati gli esami per l’accesso alle forze dell’ordine, a una lunga serie di posti pubblici di basso livello e l’intero sistema statale di valutazione dei candidati per i posti pubblici in materia di studio e di lavoro.
Riferisce il Guardian che allo scoppiare dello scandalo si temette che l’intera macchina amministrativa potesse sfasciarsi, dato che c’erano letteralmente migliaia di impiegati il cui posto era stato ottenuto fraudolentemente. Per lo scandalo sono state arrestate più di duemila persone, molte delle quali, sempre per citare il Guardian, a elencarle sembra di recitare l’elenco del telefono interno del governo. E anche i costi sociali sono altissimi: il giornalista racconta il caso di uno che voleva fare il concorso in polizia. Gli dicono che così va il mondo e deve pagare e allora si vende il terreno di famiglia. Puntualmente vince il concorso, quindi decide che è venuto il momento di sistemarsi e mettere su famiglia. Si sposa e fa un figlio: il mese dopo lo arrestano. Torna a casa su cauzione, ma nel frattempo l’hanno licenziato. Adesso ha una moglie e un figlio a carico, niente più terreno e la prospettiva di una querelle giudiziaria infinita. Come lui devono essercene migliaia.
E poi, naturalmente, ci sono i morti. Il Guardian un po’ ci fa l’articolo e un po’ ci passa sopra veloce, ma una parte delle vicende raccontate, sentite da chi sta qui nel Bel Paese e a certe cose ci ha fatto l’orecchio, sembrano davvero strane. E i morti non sono pochi: le stime prudenziali elencano due dozzine di morti sospette, ma molti le portano a un numero almeno doppio.
La questione delle morti, oltretutto, getta parecchie ombre sulla polizia dello stato e sulle procedure di indagine. L’articolo si apre con il caso di una studentessa di medicina trovata morta vicino alla ferrovia. Una prima autopsia conclude che è morta mentre qualcuno le teneva una mano sulla bocca: asfissia per soffocamento. Una seconda autopsia condotta, tenetevi forte, esclusivamente sulla base di foto senza che il medico vedesse effettivamente il cadavere, stabilì che la ragazza si era buttata dal treno. L’insistenza della polizia di avere una seconda autopsia appare sospetta, e la sensazione di insabbiamento, a leggere le storie delle morti, si fa piuttosto forte.
Oppure è dabbenaggine, o peggio. Ho accennato alla storia delle accuse e controaccuse fra governo e opposizione su chi abbia manipolato le prove. La storia va così: durante uno dei primi arresti e perquisizioni viene trovato un foglio di calcolo con decine di nomi di politici, funzionari e candidati implicati nello scandalo. La polizia stacca l’hard disk ma non ha un cavo SATA nella stazione con cui connetterlo. Quindi vanno da un fornitore di servizi informatici di fiducia e questo, casualmente, mentre prova il cavo SATA per assicurarsi che il disco sia leggibile copia, accidentalmente!, il foglio di calcolo. Quindi ne abbiamo due, uno della polizia e uno del consulente, il quale il suo lo passa all’opposizione. In uno dei file (quello dell’opposizione) c’è anche il nome del Primo Ministro; in quello della polizia non c’è. L’opposizione ha una perizia che dice che il governo ha purgato il file della polizia dei nomi più compromettenti; la polizia una perizia che dice che il file dell’opposizione è stato sapientemente speziato con dei nomi che prima non c’erano.
Non sembra, in ogni caso, un’indagine al di sopra di ogni sospetto.
È una storia notevole, molto interessante. Per esempio il nesso fra sottobosco di preparatori agli esami e corruzione mi ha acceso più di un campanello.
E, naturalmente, c’è un’altra connessione piuttosto ovvia. Non so se, come me, mentre leggevate queste cose avete pensato ai marò. Io si. Alle perizie balistiche, per esempio. A procedure legali bizantine e a eterni rinvii delle udienze (anche il Guardian ne cita un paio).
Mi sembra legittimo fare connessioni. Solo, se le fate, prima di parlare chiedetevi: avevate capito che all’inizio, quando parlavo genericamente di “un paese”, non parlavo dell’Italia? Sicuri?
P.S. Le immagini che vedete sono il lavoro di un artista sperimentale che scolpisce matite, Salavat Fidai, che fra le altre cose… scolpisce matite. Lo proponeva il Guardian, a me è piaciuto e quindi l’ho riproposto.
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