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Tecniche di provocazione lenta

Segnalo, perché mi ha fatto molto ridere, l’impresa del regista inglese Charlie Lyne che ha girato un film di quattordici ore (quat-tor-di-ci) nel quale tutto ciò che si vede è un muro appena dipinto sul quale pian piano la vernice si asciuga.

Lyne ha concepito lo scherzo come una provocazione nei confronti della commissione di censura nazionale inglese che si occupa di esaminare i film prima dell’uscita nelle sale, per fissare i vari divieti possibili (quello che da noi sarebbe il “vietato ai minori”). Siccome i censori devono vedere per forza il film, allora che si ciuccino quattordici ore di seguito di noia indescrivibile. Ben gli sta.

Un tipo di disobbedienza civile da manuale che è piaciuto molto: in realtà se ne parla in giro da un po’ anche perché è stato interamente finanziato su Kickstarter (va anche detto che i costi sono totalmente amministrativi e logistici, dato che il muro ovviamente ha accettato di recitare gratis).

Facendo una ricerchina sul web, però, la cosa che mi ha stupito è che in realtà Lyne non è il primo a fare un film così: potremmo quasi dire che esiste un genere di film di vernici che si asciugano sul muro.

IMDB segnala un film analogo del 2009 (Paint drying: the movie, questo è lungo solo novanta minuti) di un certo Tom Steeber il quale, a quanto ho capito, offeso con un critico che aveva detto di un film: «È così noioso che preferirei guardare vernice che si asciuga su un muro» allora l’ha proprio girato, un film così, in modo che il critico si potesse sentire finalmente soddisfatto.

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