Quel che ho raccontato sulla finanza etica
Venerdì scorso con il compagno Stefano Sanna sono andato a fare una lezione sulla finanza etica ai ragazzi del secondo anno della scuola di partecipazione politica del Movimento politico per l’unità di Cagliari.
Naturalmente con un esordio come questo è finita che ho citato Brecht.
Non era solo perché io in tutte le relazioni finisce che cito sempre Brecht (un piccolo vezzo). Il fatto è che credo davvero che sia molto difficile delimitare i confini della finanza etica in senso teorico, non ho una gran fiducia in quel che dicono molti “libri” (in senso generico, fino a Wikipedia) e soprattutto credo che non sia opportuno farlo perché a tracciare questi confini si finisce sempre a identificare la finanza etica con uno o più metodi o con uno o più padri, e a dei ragazzi che si preparano per essere il personale politico del futuro mi sembrava opportuno dirlo con chiarezza e aiutarli preventivamente a liberarsi dei… padri troppo ingombranti.
Così ho un po’ giocato: molte delle narrazioni standard sulla finanza etica iniziano con Yunus e il microcredito (lo ammetto: l’ho fatto anche io, in passato) e quindi anche io ho scelto, ingannevolmente, di fare lo stesso.
Solo che man mano abbiamo tratto insieme dalla memoria altri fondatori del microcredito, precedenti a Yunus. Sono particolarmente orgoglioso di San Pietro Nolasco, fondatore dei Mercedari e uno dei mercanti e banchieri di Dio a un tempo più spirituali e pragmatici, anche se il riferimento più preciso ovviamente è ai Francescani.
Io sono partito dal microcredito, ma di esempi simili se ne possono costruire a bizzeffe. In quest’altra slide, per esempio, si parte dal cosiddetto “esperimento di Wörgl”, la cittadina tirolese nella quale nel 1934 il sindaco Unterguggenberger (ah, fare una relazione nella quale si può dire Unterguggenberger…) fece uno dei primi esperimenti di moneta complementare. Attorno a Unterguggenberger e al suo ispiratore, l’economista Silvio Gesell, potete vedere raffigurate un bel po’ di monete complementari o alternative oggi esistenti.
Come vedete c’è di tutto, dagli strumenti di sviluppo locale a cose molto meno rassicuranti. E quindi questo era il senso principale della mia relazione, riassunto così:
e così:
A questo punto avrei anche potuto fermarmi. Mi sembra utile, però, affiancare a quanto detto la citazione di alcuni pensatori. Devo dire che a citare Aristotele mi sono dovuto fare un po’ forza (io ho sempre detestato la Scolastica) ma non si può non farlo e mi consentiva di tracciare una linea convincente, per quanto sbrigativa, fino a Antonio Genovesi.
E per quanto la citazione affiancata a Adam Smith possa apparire sprezzante e quella di Marx sia probabilmente ingenerosa nei confronti dei suoi colleghi filosofi, mi servivano entrambi per ricordare che fino quasi alla fine del XIX secolo l’economia è stata parte della filosofia ed è stata legata sempre a una riflessione antropologica. È stato a un certo punto che la disciplina ha preso un’altra direzione ed è diventata spesso orribilmente tecnicistica e orribilmente giustificativa dello stato delle cose, ma è importante ricordare che non è nata per essere questo. In un certo senso non sono io che faccio “economia alternativa”, sono… loro.
Coraggio, la relazione è finita. Ho chiuso solo riassumendo con i contenuti del Manifesto della finanza etica (presi per comodità dall’art. 5 dello Statuto di Banca Etica), giusto perché potesse rimanere una sintesi e una definizione stringata (come vedete è un quadro di riferimento, non un confine ben delineato).
Se a qualcuno può interessare, ho preparato anche una sitografia con un po’ di siti dove è possibile approfondire i temi della finanza etica. La trovate qui.