Quieti conversari su chi hai amato di più
Ho letto l’altro giorno al mare la Laxdæla saga, la saga islandese degli uomini del Laxá, il fiume dei salmoni (Iperborea, € 17).
Stava da molto tempo nella mia libreria ma non l’avevo mai letta; questa volta invece sono arrivato alla fine in un battibaleno. È molto bella e piena di episodi memorabili, come quando la schiava Melkorka, creduta muta, è sorpresa da Höskuldr, che è suo padrone e padre di suo figlio, mentre insegna l’irlandese al bambino, perché un giorno possa tornare in patria e reclamare il trono di re degli irlandesi che gli spetta di diritto, o quando l’eroe Kjartan, caduto in un agguato, smette di difendersi quando vede approssimarsi il fratellastro Bolli, che gli assesta il corpo mortale e poi lo accoglie fra le sue braccia e lo culla mentre spira. C’è il consueto numero sterminato di personaggi realistici e vitali, fra i quali come comprimari i protagonisti di altre saghe, come l’eroe e poeta Egill Skalla-Grímsson o Snorri, l’intrigante goði di Tunga.
L’episodio più bello, però, è quasi alla fine della saga e, dopo tante faide, intrighi, viaggi per mare e combattimenti, è tutto giocato su una chiave minore.
Ci sono un figlio e una madre che conversano. In realtà non sono un figlio e una madre qualunque: lui è Bolli Bollason, il figlio del Bolli che uccise Kjartan per poi a sua volta perire nella faida. Il secondo Bolli è un capo e capitano famoso che in gioventù ha viaggiato fino a Bisanzio e ha servito nella Guardia Variaga, il primo d’Islanda a servire l’Imperatore e che quando è tornato a casa ha attraversato a cavallo mezza Islanda, fra l’ammirazione generale, scortato da dodici uomini tutti vestiti di broccato oro e scarlatto bizantino, con in mano uno spadino, alla moda orientale.
La madre è Guðrún. Ora è suora e anacoreta, la prima in Islanda ad avere imparato a memoria tutto il salterio, ma in gioventù
la donna migliore che fosse mai nata in Islanda, sia per l’aspetto che per l’intelligenza.
Guðrún ha avuto quattro mariti: dal primo, che era semplice e banale, ha divorziato. Il secondo e il quarto sono affogati. Il terzo, Bolli, è morto nella faida che lei stessa ha fatto iniziare, presa com’era dalla sua rivalità con Kjartan, che prima l’amava e poi, quando lei per un equivoco ha sposato Bolli, l’ha rifiutata. Per colpa di questa rivalità a lungo fra i clan del Laxá è scorso il sangue.
Bolli e Guðrún hanno vissuto in pienezza, ma ora su loro si stringe il cerchio del tempo e l’orizzonte racchiude solo famiglia e questioni domestiche.
Si dice che una volta Bolli andò a Helgafell, perché a Guðrún faceva sempre molto piacere che andasse a trovarla, e rimase a lungo con sua madre a parlare di molte cose.
Ed è in questo contesto che Bolli, che forse vuole ricapitolare la sua vita, chiede alla madre: «Chi hai amato più di tutti?».
Guðrún è evasiva:
«Þorkell er un uomo molto potente, un capo importante ma nessuno dei miei mariti fu più valente e compiuto di Bolli. Þórðr Ingunnarson era il più saggio e il più esperto di legge. Di Þorvaldr non faccio menzione».
Poi rimanda al futuro: dice al figlio che se mai deciderà di rivelarlo, sarà lui il primo a saperlo. Ma Bolli insiste ancora, e alla fine Guðrún dice una frase che resterà famosa nella letteratura settentrionale:
«Sono stata più crudele con chi più ho amato».
«Io credo», rispose Bolli, «che ti sia espressa in tutta sincerità» e la ringraziò per aver soddisfatto la sua curiosità.
Niente di più. Le vite dei due, e di molti altri, sono state ricapitolate, ma l’autore della saga non ci lascia altro che indizi leggerissimi da cui ricostruire per nostro conto tutti i significati della scena.
Poi chiedetemi perché mi piacciono le saghe.
Dopo aver pubblicato l’articolo trovo un pezzetto di analisi critica interessante, che mette in parallelo le figure di Guðrún e della Brunilde dei Volsunghi/Nibelunghi. Entrambe non sopportano di essere sposate a un uomo inferiore a quello che avrebbero voluto avere, e in entrambi i casi il nodo sentimentale è sciolto con l’assassinio di questi.
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