A proposito di gamification
L’altro giorno sono andato al cinema a vedere il Dottor Strange (magari ne parlerò un’altra volta) e all’ingresso ho notato un cartello, più o meno così:Il sito dell’UCI Cinemas spiega meglio il tutto: si tratta di un concorso, che prevede la possibilità di collezionare gli animali sui siti web dell’UCI Cinemas e di altri alleati oppure, come in questo caso, di identificarli mediante il QR code.
Un bell’esempio di gamification, cioè dell’uso di materiali ludici molto grezzi per accattivarsi l’attenzione del pubblico o rendere più piacevoli compiti ripetitivi o perfino sgradevoli: non veri giochi, ma attività ludiformi (in questo caso è usata per sostenere la pubblicità del film).
Fra gli appassionati di giochi la gamification, sebbene talvolta praticata per motivi alimentari, non ha una buonissima fama: c’è chi la disprezza per motivi di ordine morale (come un deprezzamento della nobile attività del gioco) e chi, come me, è soprattutto irritato per la complessiva mancanza di profondità dei materiali prodotti e per la quantità di occasioni sprecate: in certi casi ti viene da pensare che con gli stessi soldi e risorse spesi per fare una gamification insulsa si sarebbe potuto ottenere un gioco magnifico.
Ci sono anche altri problemi: in un sacco di casi – per esempio molti giochi social – una forma di gioco esilissima, spesso appunto poco più che gamification, è sostanzialmente usata per mascherare il fatto che si sta semplicemente inducendo il giocatore a una dipendenza che lo spinga a ripetuti acquisiti in game (spesso ci si lamenta delle slot, ma forse si sottovaluta la quantità di esborso indotto da molti di questi giochilli). E forse in certi casi c’è troppo in ballo perché la gamification faccia davvero effetto: ho visto una banca sotto casa che distribuisce buoni fra coloro che hanno sottoscritto dei mutui e magari con 500 € in palio la gente non lo prende granché come un gioco.
Ma comunque ci sono molto casi nei quali la gamification funziona: quella dell’UCI e abbastanza spiritosa e offre magari una piccola esperienza che integra e prolunga il divertimento della visione del film; ci saranno mille altri casi altrettanto godibili.
In ogni caso, prima che l’ondata della gamification passi (perché passerà, oh se passerà) e eserciti di pubblicitari si dirigano altrove, conviene farsi una cultura. Ci sono delle slide di Fabio Viola molto interessanti, e che consiglio di cuore.