Petizione per l’uso più ampio del termine faccendiere
Sento spesso parlare di uno che viene definito blogger. Ieri mi viene la curiosità di leggere qualcosa di suo. Ultimo articolo: 2015. Frequenza di scrittura, in precedenza: due, forse tre articoli al mese.
Boh.
Sento parlare di uno che è esperto di startup, un CEO di qualcosa, penso. Ha fondato una società che è fallita. La seconda ha vinto un premio… e poi è fallita. Da allora fa consulenze, sembrerebbe.
Leggo che uno dei miei contatti su LinkedIn consiglia un articolo su un argomento che mi interessa. Lo guardo. In realtà non è un articolo: è un video. Di uno che pontifica, pontifica, pontifica, ma sostanzialmente dice due cose in croce, e la croce è pure storta. Curioso, controllo il suo curriculum: nullo. Ha sempre fatto video pontificali, sembrerebbe, e basta. Ma sotto il video ci sono i commenti entusiastici degli amici degli amici, generosissimi: e tutti via a condividere.
Ogni tanto penso che sono tutti così. Gente senza arte né parte che conosce gente che si conosce con altra gente che conosce gente. E va in giro a fare conferenze, organizzare seminari, stringere mani, aprire partite IVA, parlare alla radio, incontrare assessori, fare tutorial su YouTube, maneggiare briciole di appalti, darsi un tono, commentare ossessivamente gli amici sui social, e via di nuovo a giro: fare conferenze, organizzare seminari, ritwittare articoli di gente che si conosce, stringere mani, aprire partite IVA…
Oggi sotto la doccia pensavo: ieri parlavo di comunicazione. Le parole sono importanti.
Un tempo gente così li chiamavano faccendieri. È un nome perfetto: aboliamo tutto il linguaggio delle startup, dei new media, dei social. Faccendiere basta e avanza.
Al massimo si potrebbe recuperare anche maneggione.