Prima di noi, dopo di noi
Non credo di averlo detto con precisione ai miei amici, ma a ottobre finisco il mio terzo mandato da Referente dei soci di Banca Etica del Centro Italia e sarò sostituito (tre mandati è il massimo che si può fare e più passa il tempo e più sono d’accordo che sia una buona regola).
Con i Coordinatori dei vari gruppi di soci del Centro Italia ci siamo riuniti l’8 luglio e abbiamo avviato il processo elettorale: la prima cosa che faremo è una videoconferenza nella quale renderò conto – una restituzione, si dice – di quanto fatto e cercherò di spiegare, a partire dalla mia esperienza e per quanto ne posso capire, quali sono le qualità che servono per l’incarico, in modo da discutere poi meglio dell’appropriatezza delle successive candidature. Cercherò anche di dire cosa è andato bene e cosa è andato male e in qualche modo di avviare un passaggio di consegne.
Quel che dirò appartiene, ovviamente, ai soci e ai loro rappresentanti e perciò non sarà raccontata in questo blog, se non magari fra un po’ di tempo. C’è però una riflessione che sto facendo e che mi sembra interessante a prescindere.
Molte volte, mentre preparo le cose da dire, mi viene da iniziare dicendo: «Quando sono arrivato io, in quel momento… le cose andavano così e cosà, si faceva questo e quello».
A un certo punto mi sono reso conto che questa tendenza, così naturale, cela però il rischio di una sorta di delirio di onnipotenza, come se il mondo iniziasse e finisse con noi.
Non è mica vero, ovviamente: per tornare al caso di Banca Etica, quando sono stato eletto sono entrato a far parte – per diritto della carica – di una serie di organismi. Siccome sono stato eletto a metà di un mandato del Consiglio di Amministrazione, erano tutti organismi che si erano formati prima che io arrivassi e avevano costruito un loro piano di lavoro nel quale io mi sono semplicemente inserito. Adesso che scado al mio successore accadrà lo stesso, e gli organismi dei quali adesso faccio parte continueranno a funzionare anche senza di me.
Pausa musicale: Quando son nato io, ovviamente.
Mi rendo conto, scrivendo queste cose, che possono sembrare ovvie. Sono ovvie. Ma finché non ti trovi a stilare un bilancio – la famosa restituzione – non ti rendi conto di quanto sia difficile scrollarsi di dosso questo modo di pensare, quanto la trappola mentale sia assolutamente seducente e difficile da evitare.
Sto lavorando un po’ su me stesso per sfuggire alla trappola, dunque. Il problema è che non puoi neanche lavorarci troppo, perché altrimenti stai barando. Se raccontassi la storia dei nove anni nei quali ho ricoperto il mandato come la storia degli ultimi quattro CdA che ho conosciuto, per esempio, o attraverso la visuale dei tre Consiglieri di Amministrazione con i quali ho collaborato di più (Cavani, Museo e due volte Nicoletta Dentico) starei ovviamente eludendo la domanda, che non riguarda cosa hanno fatto loro, ma cosa ho fatto io.
E quindi sto lavorando un po’ su me stesso anche per non fare quello che elude la responsabilità di mettere in gioco la sua esperienza e, vivaddio, la sua verità.
Uh, e facendo questo scopro un’altra cosa, che ha a che fare con l’invecchiare e quindi non è proprio piacevolissima. Sono nove anni che faccio il Referente. Sono entrato nella Cooperativa Verso la Banca Etica nel 1997, quindi complessivamente quest’anno sono esattamente vent’anni; chiudere col mandato e tornare a fare il socio normale in quest’anno nel quale faccio cifra tonda è anche suggestivo, fra l’altro, ma non è questo che mi colpisce: piuttosto il fatto che io mi sono sempre considerato prima di tutto un responsabile dell’Azione Cattolica che esprimeva la sua fede con un impegno diretto anche in altre attività sociali, come Banca Etica (o non le avete mai notate, le tre immagini che ci sono in basso nella pagina?). Ma se ora conto gli anni, comincia a essere vero che ho passato più tempo della mia vita in ruoli di responsabilità in Banca Etica che nell’AC.
Passa, il tempo.