Piccola storia letteraria
Ho da poco finito di leggere il Conte di Montecristo, in francese. Volevo vedere se ero capace. Già che c’ero ho fatto un sacco di scoperte e presto ve le racconterò, ma questo articolo in realtà ha a che fare di più con le mie esplorazioni linguistiche.
Quindi la storia è questa. mi è venuto in mente che dovendo andare in Spagna per una settimana avrei potuto portarmi dietro un libro in spagnolo per vedere se sono in grado di leggerlo. E cosa c’è di più simbolico del Don Chisciotte?
«Benissimo», ho pensato. «In Spagna leggerò il Don Chisciotte», cosa che tra l’altro volevo fare da molto (ammetto che le mie letture in materia si limitano a edizioni per ragazzi, e il Don Chisciotte una volta nella vita, almeno, bisogna).
Ovviamente sul palmare, perché trovare sui due piedi un’edizione in spagnolo non mi sembrava facilissimo. E poi il palmare ha il vocabolario immediatamente consultabile, e quindi in caso di difficoltà posso cavarmi dai guai.
Essendo un’opera di secoli fa si trova disponibile, ovviamente, sulla rete senza troppe difficoltà.
Bene. Cioè male.
Perché a questo punto mi è venuto in mente che non sarebbe stato male avere a portata di mano un’edizione in italiano, perché la traduzione della singola parola fornita dal vocabolario può non risolvere tutti i problemi di comprensione; invece controllare la versione in italiano può permettere di capire molto meglio il senso di una scena o di un dialogo.
Così per stare più sul sicuro, insomma.
Proprio la recente esperienza col Conte di Montecristo, però, mi aveva convinto che non c’è troppo da fidarsi delle versioni gratuite che girano sulla rete: magari il testo è molto datato, magari ci sono tagli, omissioni e sintesi non dichiarati.
Ma va bene, non c’è problema, me lo compro.
Addirittura l’edizione Einaudi, che sarà sicuramente ottima. Vedo in rete che la traduzione di Bodini è famosa, anche se qualcuno sostiene che tende a dare una interpretazione personale del Don Chisciotte, mentre quella di Carlesi per Mondadori sarebbe più obiettiva, ma per le mie esigenze va bene senz’altro e poi ha perfino le tavole del Doré. E un saggio di Auerbach, idolo della mia professoressa di lettere al liceo.
E nella foga del momento non mi rendo conto che il libro è protetto da DRM.
Lo capisco quando il negozio online mi mette il libro nel suo archivio e mi offre di leggerlo sul web.
Va bene. Io sono contrario al DRM per motivi ideologici, ma in pratica non sarà un dramma, penso. Mi darà un file da aprire con la mia password, che ne so, qualcosa di simile. Dopo tutto il formato del libro, nel senso di libro elettronico, è quello standard: qualunque programma di lettura può gestirlo, compresa l’applicazione del mio palmare.
Ci sarà un modo per scaricarlo, insomma.
Non c’è.
Cioè, ti permette di scaricare un file sostanzialmente criptato. Oppure usi il loro lettore proprietario, cosa che, come potete immaginare, farò senz’altro.
Ma certo, dice, non è necessario. Puoi usare qualunque tuo lettore. Però devi installarti il programma Adobe Digital Editions che fa le conversioni.
Va bene, ammettiamo che sia necessario, anche se perché debba registrami anche a un altro programma davvero non si capisce, però ok.
Andiamo nella pagina che loro mi indicano.
Il link non funziona. Il loro, badate bene, indicato con il classico cliccate qui.
Smanetto un po’ e trovo la pagina giusta.
Il programma gira solo sotto Apple o Windows. Io uso Linux.
A questo punto sto già sacramentando.
Calibre ha un plugin non ufficiale che sproteggerebbe il libro, ma a me non va: oh, l’ho pagato, a mio modo di vedere posso farne quel che voglio, ma mi secca più per l’autore del programma che per altro, e quindi il plugin semi-pirata non l’ho mai installato.
Provo se l’applicazione di lettura che uso normalmente sul palmare (Aldiko, tra l’altro molto comoda) può in qualche modo convertire il libro.
Il mio libro, sottolineo.
Ovviamente no.
Alla fine vado sullo store di Google e mi scarico sul palmare l’applicazione di Adobe Digital Editions. Il che comunque vuol dire che mi devo mettere sul palmare un’applicazione in più.
Smanetto un po’ cercando di farlo funzionare. Non ci riesco.
Nel frattempo mi dico che, dopotutto, voglio leggere il libro in spagnolo. E vedo che più o meno ci riesco. Quindi tanti saluti: si vede che avevano ragione tutti quegli amici che dicevano che il DRM è il male.
Oggi, per caso, chiudo il libro di Terry Pratchett che sto leggendo e pigramente apro la funzione di acquisizione di nuovi libri di Aldiko. Nell’elenco dei file c’è il Don Chisciotte e io ci premo sopra.
Importare?, mi dice.
E lo carica senza nessun problema. Così come carica il Conte di Montecristo, sempre di Einaudi, che avevo comprato per motivi simili e che non avevo mai toccato, non avendone avuto bisogno. Evidentemente l’integrazione delle applicazioni su Android fa sì che Aldiko abbia adesso dal programma di Adobe quel che gli serve per gestire i permessi DRM.
Tutto bene, quindi? Il DRM non è più il male?
Hmmmm, non direi. Non rientro sul discorso della forzatura del concetto di proprietà intellettuale, o sullo strano concetto che tu stai comprando l’uso del libro e non il libro stesso. Sono temi stranoti e non sarò io a dire qualcosa di nuovo.
Non entro nemmeno, anche se si potrebbe, nel discorso che il programma da scaricare per fruire del libro non è universale ma richiede solo Apple o Windows. Tuttora posso leggere un libro sul palmare ma altri utilizzi ragionevoli (es. estrarre un pezzetto di testo per citarlo sul blog) mi sono preclusi, perché sul PC il libro non lo posso aprire. Oppure c’è il fatto che, per esempio, dovrebbe essere un uso ragionevole quello di convertire un libro protetto da un formato standard a un altro: perché non posso leggere il libro sul Kindle, per esempio? Ma anche questi sono tutti temi già noti.
Il tema è che fatta l’esperienza diretta, io un libro protetto da DRM farò di tutto per non comprarlo mai più, anche se adesso so che posso leggerlo sul palmare. E non per motivi ideali.
Ma perché tutta l’esperienza è estremamente ostile. Estremamente. In un mondo nel quale la soddisfazione del cliente è, ufficialmente, il Verbo, a farti comprare un libro col DRM sembra che ti stiano facendo un favore.
Un’esperienza sgradevole. Seccante.
Soprattutto misteriosa: tuttora l’applicazione di Adobe Digital Editions mi dice che i file scaricati dal negoziante online non è in grado di leggerli (ci sarebbe un problema con la licenza). Cioè adesso riesco a leggerli con un programma secondario ma non con quello ufficiale. Ci sarà un motivo. Ci sarà una soluzione. Ma io perché devo sbattermi per risolverla? Perché devo avere la sensazione di essere in balia di sistemi, diciamo, arbitrari? Uno compra un prodotto e vuole usarlo, non essere costretto a un percorso a ostacoli.
O no?
Certi venditori non hanno ancora capito che la concorrenza non è un altro venditore, ma il pirata: se a pagamento non riesci a fare meglio di quello che fa un pirata gratis, hai un problema!
Ricordo che una volta mi fu regalato un videogioco – originale: sbagliando a scrivere il codice di attivazione, mi impedì di riprovarci e non potei nemmeno dopo aver disinstallato e reinstallato!
Riuscii a giocarci solo dopo aver scaricato l’icona di avvio della versione russa, priva dell’infame Starforce – credo fosse il nome del DRM che mi impediva di fruire di un prodotto legittimo…
Certi DRM dovrebbero essere classificati più correttamente: sono malware, nient’altro!