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Alla fine è sempre questione di sesso

Lola Darling (Spike Lee, USA 1986)

Ho visto nella notte di Natale Lola Darling (o meglio, nel titolo originale: She’s gotta have it, che in italiano sarebbe qualcosa tipo: “Prima o poi a quella glielo daranno”, o: “se lo prenderà”), opera prima di Spike Lee del 1986.

Forse voi pensavate che a casa mia nella notte di Natale si vedessero storie di orfani malati di brutte cose che muoiono serenamente sotto l’albero di Natale dopo avere ritrovato le sorelle gemelle a lungo perdute e averle aiutate a impedire il matrimonio del padre con conturbanti arrampicatrici sociali quando la segretaria-carina-che-sarebbe-tanto-una buona-madre si strugge non vista d’amore, invece no: si  vedono sfolgoranti film d’esordio di registi brillanti che hanno cose da dire e lo dicono piuttosto bene.

Il che non vuol dire che Lola Darling non abbia qualche lunghezza di troppo e dei piccoli limiti qui e là, ma ha anche dei momenti purissimi di grande cinema, un’ottima sceneggiatura e soprattutto un tema che rimane sorprendentemente attuale (immagino che sia in forza di questa attualità che Lee e Netflix ne stiano proponendo un adattamento ai nostri giorni in forma di serial in dieci puntate).

Mi spiace che del trailer italiano non ci sia traccia sulla rete, ma quello in inglese racconta abbastanza bene la storia:

Nola è una  bella ragazzona nera, alla quale piace sanamente il sesso che pratica largamente nelle tre relazioni sentimentali che tiene in piedi contemporaneamente con tre uomini molto diversi fra loro: Jamie, un tipo perbene con una visione molto, uhm, ortodossa del mondo, Greer, un modello vanesio,  e Mars Blackmon, una specie di rapper malconcio (che è lo stesso Lee in una caratterizzazione destinata a diventare famosa). Non è che Nola non si ponga il problema di scegliere fra i tre, però al momento vive la situazione con naturalezza ed è disposta ad aspettare il giusto per schiarirsi le idee. Sono invece i tre uomini a non riuscire a sopportare l’idea di dover dividere la ragazza con altri: la libertà sessuale di Nola è per loro un problema irrisolvibile. Mi correggo: non è solo il problema che Nola si conceda ad altri che è intollerabile, quanto il fatto che non rimetta a loro la scelta di cosa fare o non fare del suo corpo – quando Nola, in una fase di crescita della sua educazione sentimentale, decide di rimanere casta per un periodo, la cosa è altrettanto intollerabile: quello che vogliono non è che Nola non faccia sesso con altri, ma  che lo faccia solo con loro.

Dice: chiamali stupidi, è naturale che la pensino così. Ma Lee ha la capacità di costruire e sviluppare una situazione nella quale ci si rende conto che questa presupposta naturalità non lo è per niente: è puramente egoismo, per non dire sopraffazione.

Il cattolico che è in me osserva che in realtà il discorso impostato nel film non è un inno alla libertà sessuale assoluta, e anzi problematizza: la promiscuità sessuale di Nola ha come conseguenza un paio di passaggi cupi in quella che dopotutto è una commedia e, alla fine, dei costi sentimentali da pagare: quando alla fine la ragazza decide quale sia il traguardo sentimentale che si augura, questo è divenuto impossibile per via delle sue stesse azioni (e, cosa non da poco, per le decisioni di Jamie, Mars e Greer); Nola poteva essere più saggia, o esserlo prima. Ma l’assunto di base, riassunto nella frase che Nola dice a un certo punto: «Di chi è il mio corpo e il mio cervello? Mio o di altri? Mio!», rimane incontrovertibile.

E l’altro punto essenziale del film è la sua capacità di riassumere in questa domanda – meglio: direi di coagulare – interi volumi dedicati alle questioni di genere, ed è per questo che è importante la notazione che mantiene tuttora intatta la sua attualità: oggi come più di trenta anni fa la domanda su chi abbia diritto al corpo – e, occhio! al cervello – mantiene tutta la sua forza. E non parliamo di un diritto al corpo generico, o di questioni di corpo sulle quali è facile non capire o capirsi fino in fondo, come il fine vita o l’aborto o la maternità surrogata: no, parliamo proprio di sesso, e alla fin fine sul sesso non ci possono essere infingimenti, ci racconta Lee: il sesso è una lente di ingrandimento, o un distillatore, che riduce ogni cosa agli elementi base. Oggi come trent’anni fa.

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