Niente da scherzare
Ricorderete forse un post qui sul blog nel quale raccontavo, fra il serio e il faceto, la storia del professore di fisica che, credendo di avere conquistato il cuore della modella si era ritrovato in galera per traffico di droga.
È un articolo che, soprattutto per un periodo, ha avuto un sacco di lettori, forse perché la modella aveva grandi… grandi…
Ok.
Ricorderete forse anche che l’anno scorso avevo segnalato il caso delle due belle croceriste australiane utilizzate come esche dai trafficanti: si mandano le ragazze avanti sperando che facciano girare la testa ai doganieri e passino indisturbate col carico; se invece vengono beccate la loro visibilità aiuta a far passare tranquilli un certo numero di altri corrieri, maschi. Era una notizia già un po’ più cupa, senza l’ironia riservata al professore che, se ricordate, un po’ ci aveva messo del suo fingendosi vittima; le ragazze, invece, per quanto sicuramente colpevoli, lo erano senza scuse ma anche senza tanta cattiveria: più stupide e avide che malvagie, insomma, e la notizia di questi giorni di una condanna a sette anni di carcere può dispiacere per loro come per lui.
Un paio di settimane fa la notizia del professore si è ripresentata ancora, in altra forma: una signora australiana di una certa età (è già nonna) se l’è cavata per il rotto della cuffia a Kuala Lumpur, evitando la pena di morte per traffico di droga: il giudice ha accettato l’idea che fosse all’oscuro della droga presente nella valigia che le era stata consegnata.
Al processo è venuto fuori che la signora intratteneva da due anni una relazione via chat con un capitano Daniel Smith dell’esercito americano, di stanza in Afghanistan. Non solo il falso capitano le ha estorto del denaro, ma l’ha anche convinta a recarsi a Shangai per ritirare dei documenti necessari per il suo pensionamento dall’esercito, in modo da potersi riunire con lei in Australia e vivere per sempre felici e contenti.
Solo che a Shangai alla donna oltre ai documenti è stata consegnato uno zainetto pieno di abiti ma anche imbottito di droga. E all’aeroporto di transito di Kuala Lumpur – neanche la destinazione finale – la droga è stata individuata.
E la Malesia ha la pena di morte obbligatoria per il traffico di droga.
La cosa sembra essersi risolta bene, alla fine, anche se l’accusa potrebbe presentare appello e riaprire l’iter processuale; a parte questo quello che mi ha colpito è piuttosto il fatto che queste continue storie di corrieri di droga più o meno inconsapevoli man mano che si ripropongono tendono a spogliarsi di un certo esotismo (la modella, le croceriste in costume da bagno…) per mostrare il volto definitivo del traffico, che è sinistro come può esserla l’idea che una tranquilla madre di famiglia possa ritrovarsi sulla forca perché troppo ingenua per distinguere un ufficiale americano da dei mafiosi cinesi.
Non c’è proprio nulla da ridere, insomma, e in particolare per le donne: già ai tempi delle croceriste avevo segnalato un articolo sulle corriere della droga in America Latina; lo ripropongo di nuovo, con l’avvertenza che è una lettura necessaria che, però, probabilmente vi metterà di cattivo umore.