La truffa della finanza islamica
La settimana scorsa, in viaggio verso Milano, ho letto l’interessante storia dell’esperimento fatto dal giornalista Mattia Salvia di Vice, il quale voleva provare se i giornali italiani sia davvero così permeabili alle notizie false, o meglio: se possa davvero bastare un minimo di lavoro e un paio di comunicati stampa per riuscire a farsi pubblicare.
La risposta è si.
Salvia si è inventato una notizia che andava a solleticare diversi elementi caldi del dibattito attuale (un grande gruppo industriale e finanziario saudita sta per sbarcare in Italia per introdurvi la finanza islamica; a questo fine investirà centinaia di milioni di euro e costruirà una grande sede a Milano); per diffonderla ha costruito (con qualche cura) un falso sito internet, un falso profilo Twitter del gruppo e uno LinkedIn di se stesso nei panni dell’addetto alle pubbliche relazioni della nuova sezione italiana dell’azienda. E poi ha iniziato mandare comunicati stampa, sempre lo stesso, in realtà, ma per ondate successive: prima alle testate locali, per costruire risultati e inzuppare Google della notizia, poi man mano a organi di comunicazione sempre più importanti.
Il risultato gli dà ragione: articoli su Italia Oggi, Avvenire e Libero, un sacco di condivisioni e pagine su pagine di segnalazione della notizia on line.
L’articolo nel quale si spiega tutta la vicenda è molto interessante e merita una lettura (è anche piuttosto spiritoso), tuttavia mi rimangono un paio di dubbi che segnalo qui, soprattutto per gli amici che, come me, seguono queste cose e che magari hanno voglia di discuterne.
Giornali permeabili?
Una delle cose interessanti dell’articolo, in realtà, è proprio il suo essere un esperimento costruito in laboratorio: della vicenda abbiamo una cronaca quasi ora per ora e rispetto ad altri casi di fake news allegramente riportate senza il minimo spirito critico nei quali non si sa mai chi ha deciso di pubblicare cosa, come e perché, qui siamo in grado di ricostruire tutti i passaggi. Il problema, però, per come è stato condotto l’esperimento, è capire esattamente cosa sia stato dimostrato o, per dirlo in altro modo, se mera possibile non caderci, e come. Perché Salvia non si è sforzato moltissimo però è stato bravino, ha curato il sito, ha costruito un background e così via, e questo un po’ inficia la dimostrazione, così come la inficia il fatto che tutto sommato la notizia di base (finanza islamica in Italia) non è particolarmente incredibile: sono abbastanza sicuro che le comunità islamiche, in Italia, è da almeno tre anni che si pongono il problema del rapporto con gli istituti bancari a partire da premesse religiose. Certo, l’account su Twitter aveva solo un messaggio e il profilo LinkedIn zero contatti e su Wiki la società al-Salwiya risulta del tutto sconosciuta: ma forse la dimostrazione era più forte se la proposta fosse stata un po’ più ruspante, diciamo, o magari con qualche easter egg lasciato qui e là che permettesse a chi voleva capire di capire e casomai stare allo scherzo.
Riduzione del danno
All’estremo opposto occorre anche dirsi che, in fondo, la permeabilità risulta limitata, anche perché dall’articolo che ha scritto si capisce che Salvia non intendeva spingere sul pedale più di tanto: un comunicato stampa e poi basta, vediamo come va. È andato piuttosto avanti, evidentemente, ma non è che abbia prodotti squarci inenarrabili nel tessuto dell’universo: per esempio è andato in cronaca, ma non sulle pagine finanziarie – tutto sommato è rimasto nel rango delle notizie curiose, non fra quelle lette con attenzione dagli addetti ai lavori (quando inaugurammo la sede della consulente finanziaria di Banca Etica a Cagliari, l’Unione scrisse erroneamente che aprivamo una filiale. Mi telefonò la sede di Banca d’Italia, per chiedere com’era questa storia che aprivamo filiali senza dare comunicazione – ecco, al falso addetto alle relazioni pubbliche Banca d’Italia non l’ha chiamato, per chiedere esattamente che banca credevano di poter aprire ). D’estate ci sono giornali anche serissimi che, in mancanza di meglio, pubblicano risapute leggende urbane senza troppo preoccuparsi e qui, forse perché sotto elezioni, magari non siamo lontanissimi: certo quelli che ci sono cascati non fanno una gran figura, ma magari non ci dice molto di nuovo sul giornalismo italiano.
Una delle dimensioni dove l’esperimento ha avuto più successo, naturalmente, non è stato fra i giornalisti ma fra il pubblico, con le varie migliaia di condivisioni, e fra i siti propalatori di notizie cliccabili e di campagne di propaganda: ho visto in giro articoli che commentavo la notizia dicendo
La tenaglia islamica si chiude sull’Europa da due direttrici: quella demografica e quella finanziaria. È un progetto di invasione a lungo termine. Componente fondamentale è la penetrazione della finanza islamica
mi rifiuto di fornire clic a gente che espone Pepe the frog, perciò credetemi. Qui il dubbio, però, è un altro: Salvia non aveva loro come obiettivo, ma forse non è stato comunque abbastanza cattivo. La deviazione situazionista, la beffa come questa, dovrebbe svelare qualcosa di nuovo del dibattito pubblico, non replicarlo in maniera identica: chi ci casca dovrebbe fare una barbina tale da dover rimanere sconfessato, non poter dire vabbe’, comunque se non stato oggi sarà domani, come tutto sommato è possibile in questo caso. È la differenza, tutto sommato, fra dire qualcosa i più e aggiungersi al rumore.
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