Cose di cui non parlare
Ho letto tempo fa un articolo interessante, che purtroppo non riesco a ritrovare, sugli argomenti che gli americani non avrebbero voluto toccare all’ultima festa del Ringraziamento.
Si tratta di un sondaggio che viene fatto tutti gli anni, perché pare che tradizionalmente il Ringraziamento, che rimette insieme famiglie che magari non si vedono in nessun’altra occasione, sia spesso una grande fonte di imbarazzo e anche di frizioni. Gli argomenti che di solito la gente non vorrebbe che venissero toccati durante la festa sono abitualmente cose tipo i soldi (per evitare che il cugino del Wisconsin ti chieda magari aiuto per pagare il mutuo), la salute (affinché la zia di Cleveland non possa entrare in troppi dettagli sulla nuovissima cura per le ragadi anali che sta sperimentando), la religione e le preferenze sessuali (che spesso in America e altrove sono un po’ lo stesso argomento).
Questo di solito: la grande novità del 2017 era che la gente riteneva che il modo migliore di rovinare la festa sarebbe stato parlare di Trump. Molto meglio le ragadi anali, il cugino che adesso si chiama Ramona, le prescrizioni alimentari di una esotica setta ebraica newyorkese e perfino il mutuo del Wisconsin, ma Trump proprio no. Una richiesta così maggioritaria nei numeri che è certo che alla fine se uno ha anche solo provato a dire: «Avete visto che Tr…» tutti i parenti sicuramente l’hanno preso, cucito dentro il tacchino e lasciato chiuso nella dispensa fino alla fine della festa, così impara.
Mi ritornava in mente l’episodio nei giorni scorsi, quando mi è capitato di vedere un certo numero di razzisti salviniani (non c’è altra parola) allargarsi a condividere meme, filmati e altre minchiate (scusate, non c’è altra parola) nei posti più impensati.
Ora, non parlo dei social. Lì la cosa fa parte delle regole del gioco e ognuno condivide quel che gli pare (quel che è strano, ovviamente, sono quelli che si offendono se gli rispondi, ma questo è un altro discorso). E sui social, oltretutto, in questo periodo non sono solo i razzisti salviniani a essere tossici: c’è una vasta scelta a disposizione per tutti i gusti, che occupa tutte le sfumature possibili della destra, dal PD a Casapound, e anche parecchie sfumature non di destra.
No, quello che voglio dire è che tu sei lì nel gruppo, che so, degli esperti dei profilati in ferro, o nella lista WhatsApp che deve organizzare la pizzata per i dieci anni di Mariuccia, e c’è uno che improvvisamente ti piazza la storia che è finita la pacchia, o cose del genere.
E io mi chiedo: «Ma perché?». Normalmente uno non è che, per dire, va in un posto dove non conosce nessuno, mettiamo lo studio del medico, e dice: «Aaaah, meno male che qui non ci sono ricchioni di merda». Perché il rischio normale è che la signora a fianco a te, che si è appena trasferita dall’America e ha un figlio che si chiama Ramona, ti faccia mangiare la borsetta, no? Non è che conosci un cliente potenziale e subito gli racconti una barzelletta sui grillini scemi, perché se è grillino ti dice che, sai che c’è, lui va a fare acquisti altrove. Non vai alla cena di Natale dove la cugina Liliana ha appena portato il fidanzato nuovo e parli male dei siciliani, non finché hai controllato che sia nato sopra lo Stretto.
Nei posti che non conosce tanto bene uno di solito si tiene tranquillo. Le vecchie tzie di Orani che ho conosciuto, massima autorità mai esistita sul savoir faire, prima di dare un giudizio su qualunque cosa intraprendevano percorsi esplorativi che al confronto il dottor Livingstone era un dilettante. E poi i giudizi li davano, ma sempre con la dovuta accortezza. In società è questa la prassi normale, salvo che uno non voglia passare l’intera giornata a rompere le palle agli altri e rompersele lui di rimando: ma quelli si chiamano sociopatici.
E quindi mi chiedo: ma questi qui tronfi che, non so, nel gruppo del taglia e cuci postano un elogio delle camere a gas come se fosse la cosa più naturale e appropriata del mondo, ma dove (non) hanno imparato a vivere?
E la seconda cosa che un po’ mi meraviglia è che noto che fra tutti i tossici che si aggirano per i social gli unici che hanno la protervia gradassa di mettersi lì a sputare sentenze in luoghi impropri come se il mondo corrispondesse totalmente alla loro immagine sono appunto i razzisti salviniani e un po’ mi chiedo come mai, cioè come mai fra i tanti deliri paranoidi che quotidianamente ci assediano – mi cito: da poco ho scritto su Facebook
Quelli di voi che “vedono” un categoria a scelta qualunque fra gli immigrati, i cinquestelle, gli analfabeti funzionali, i cattolici, i nazisti, i leghisti, i comunisti, i gufi, i renziani, i novax, i vegani, i buonisti, le ONG, i fascisti, i populisti eccetera non secondo la realtà ma secondo categorie accuratamente selezionate dalla propria immaginazione per confermare i propri preconcetti, in termini tecnici si chiama “delirio”: fatevi vedere. Da uno bravo.
Oh, dico a te che hai appena scosso la testa con compatimento, eh.
E te che hai pensato: “ah, e allora questa prova provata che mi hanno condiviso che dimostra che [inserire uno a scelta fra “immigrati, i cinquestelle, gli analfabeti funzionali…] sono proprio così”, rileggi con attenzione la parte con “categorie accuratamente selezionate”.
#mabravoeh
– fra tutti questi deliri, dicevo, questo sia l’unico che sente il bisogno di essere espansivo e condivisivo.
Un po’ come quelli che postano foto di tettone seminude, dando per scontato che a tutti piacciano.
Onanisti, praticamente.