Gli articoli su La Pira del Portico
Come ho raccontato l’altro giorno ho scritto un articolo per Il Portico, il settimanale diocesano, sull’impegno per la pace di Giorgio La Pira. Lo riporto qui sotto, segnalandovi che sul giornale trovate anche un articolo sul gruppo diocesano Giorgio La Pira, ne quale mi onoro di militare, e un editoriale di Francesco Piludu.
Un sindaco tessitore di dialogo e costruttore di pace
di Roberto Sedda
Grande impegno per l’apertura di canali di azione diplomatica
Si può dire forse che La Pira arriva al suo impegno per la pace attraverso un percorso di riflessione e approfondimento che parte, prima di tutto, dai poveri. Il suo impegno sociale, infatti, inizia con le “Messe di San Procolo”, celebrazione eucaristica, mensa del povero e incontro fra persone di estrazioni sociali diversissime. Ai tempi La Pira è già un intellettuale impegnato ma, vigente ancora il regime fascista, non ha alcuna possibilità di lavoro politico attivo e, forse, neppure lo desidera.
Dopo la guerra, però, di fronte alla immane distruzione bellica che ha colpito Firenze e di fronte ai problemi dell’Italia appena diventata repubblicana, i cattolici sono chiamati a entrare direttamente in politica. Per La Pira le linee ispiratrici della sua azione non cambiano: sarà sindaco di Firenze, sindaco del diritto alla casa e al lavoro, sindaco della dignità del vivere civile, sindaco dei poveri.
Così come le sfide della ricostruzione portano La Pira verso la politica, così il suo punto di osservazione privilegiato di sindaco lo porta ad aprirsi agli scenari internazionali. Di nuovo non è un abbandono delle tematiche precedenti, ma un approfondimento: le città vogliono vivere, aveva scritto, e la Guerra Fredda e il rischio dell’apocalisse atomica mettevano in forse l’esistenza stessa delle città. La Pira fa di Firenze, città dell’arte, della bellezza, della cultura, anche la città del dialogo, invitando i sindaci delle maggiori città del globo a incontrarvisi. È una intelligente apertura di canali di dialogo e di diplomazia “dal basso” fra i blocchi contrapposti, che costruisce fiducia reciproca, getta ponti oltre i fossati e accredita La Pira come interlocutore prezioso per una soluzione pacifica delle crisi.
Dai dialoghi di Firenze nascono anche i suoi famosi viaggi. Nel 1959 è a Mosca – in un momento nel quale l’Europa era divisa da una cortina di ferro che appariva insormontabile – ed è grazie a questa esperienza che si ritrova proiettato al centro degli sforzi per raggiungere la pace in Vietnam. Il viaggio seguente sarà infatti ad Hanoi, per incontrare Ho Chi Min e strappargli una proposta di pace che gli americani rifiuteranno e che dovranno poi accettare, identica, dopo grave spargimento di sangue molti anni dopo.
Questo impegno per la pace rimane nella vita di La Pira quando le mutate condizioni politiche lo allontano dalla conduzione dell’amata Firenze: negli ultimi anni della vita, lontano ormai dalla politica attiva è però ancora presidente della Federazione delle Città Unite del Mondo e continua a esercitare un ruolo infaticabile di tessitura di relazioni e di dialogo, soprattutto verso il Medio Oriente.
Non è comprensibile l’azione di La Pira se non se ne comprende la saldezza della speranza cristiana (spes contra spem, sperare contro ogni speranza, diceva), ma chi legga la “Premessa di Cagliari”, il discorso col quale La Pira nel ‘73, durante un convegno nelle nostra città, riepilogò il suo impegno per la pace, ne coglie anche l’estrema lucidità, la sapiente capacità di programmazione, la profondità di lettura degli avvenimenti; «l’ipotesi della pace non ha alternative», era intitolata quella relazione. Appunto.