Drammi istantanei sulla linea 6
Ieri sono salito sul 6 per andare a una riunione di soci di Banca Etica.
Non so perché ma gli autobus del 6 sono sempre un po’ più vecchiotti e un po’ più scarsi di quelli delle altre linee: ma l’autobus era mezzo vuoto e io mi sono accomodato su un sedile. Dall’altra parte del passaggio centrale c’era un ragazzo con una felpa nera col cappuccio tirato su – ad agosto, a Cagliari.
Questo ragazzo a un certo punto porta avanti la mano di scatto e fa: «Psshkt!» e io, onestamente, penso che veda gli spiriti. Solo che rispetto agli altri che incontri sull’autobus che parlano con gli amici immaginari lui non discorreva, non faceva niente, solo ogni tanto faceva un gesto con la mano, verso avanti, e ripeteva: «Psshkt!», «Psshkt!!».
Stavo cercando di evitare di guardarlo con curiosità quando, dietro di me, sento una voce femminile che fa un singhiozzo strozzato. Poi un altro. Poi un vero e proprio grido di angoscia.
Mi giro e – giuro – c’è questa ragazza giovane e piuttosto carina schiacciata contro il vetro posteriore dell’autobus, in una posa classica da eroina di film horror che vede avvicinarsi il bruto armato di ascia e non può più ritirarsi ancora. Ha perfino i capelli sconvolti.
E il ragazzo con la felpa fa: «Psshkt!».
Ora , spesso le ragazze carine hanno una certa ritrosia a mescolarsi alla plebe, soprattutto se parla con gli spiriti, però insomma, la situazione non mi sembrava a questo punto.
Perplesso mi giro di nuovo: la ragazza è ancora nella stessa posizione, come se volesse filtrare attraverso il vetro e guadagnare così la libertà, continua a fare suoni inarticolati e perfino cominciano a scorrerle le lacrime.
Sto iniziando a chiedermi se stanno girando un film quando il ragazzo con la felpa fa: «No, asco’, io mi sposto, così non fa», e viene a sedersi dalla mia parte.
E svela così la presenza di un animale lungo un dito, dotato di un buon numero di ali e di zampe, che sta sul vetro del finestrino, per la verità in posa non particolarmente minacciosa ma che, se potessi definirmi esperto di psicologia e fisiognomia degli insetti, potrei definire perplessa.
Solo che la ragazza, adesso che in linea retta fra lei e l’animale non c’è più nemmeno il ragazzo e neppure la felpa, tocca nuovi livelli di panico: «Nonononono.. argh… sigh… eh… oh…».
A questo punto una signora si alza e, con estrema gentilezza, cerca di prendere l’insetto in mano. Quello, ovviamente, si sposta, si infila nella fessura fra finestrino e soffitto, ricompare da un’altra parte (tutto con quella che i suddetti esperti definirebbero estrema calma).
La ragazza commenta ogni fallito tentativo con un gridolino. Il tizio della felpa ridacchia. Il meglio però è un amico del ragazzo, sino a quel momento invisibile, anche lui con una faccia di chi ha visto parecchie cose sulla strada, che ammirando il sangue freddo della signora le fa: «E però lei è cazzuta, signora, eh?!», col tono di non sembava e invece…
Alla fine la signora prende l’insetto nelle mani chiuse, lo sbircia e apprezza: «Eehhh, è proprio un bel farfallone». I due ragazzi, quello con la felpa e l’altro, balzano in piedi e fanno, rivolti al pullman vuoto: «Presto, aprite un finestrino!», ma la signora è rilassata: «Ma no, tanto adesso scendo». Si apre la portiera e scende: siamo davanti alla Manifattura, siamo saliti alla RAI, tutta la scena non avrà preso più di cinque minuti.
Faccio appena in tempo a rimettermi a leggere storie di fucilieri britannici contro Napoleone che dietro di me sento una voce, allegra, disinvolta, in pieno possesso di sé: «Aspettami, sono quasi al Bastione, così facciamo via Manno». Ride. «Si, vediamo se c’è Gianni…». È la ragazza di prima: mi passa a fianco, ricomposta, elegante, carina, assolutamente disinvolta, nessuna traccia di lacrime, il trucco perfetto, i capelli a postissimo.
Scendiamo insieme alla fermata successiva. Lei si allontana, svolazzante, come una farfalla.