Del mettere in ordine le foto
C’è una dimensione della vita digitale contemporanea che sembra progettata apposta per rendere un inferno la vita di tutti coloro che, come me, sono profondamente disordinati ma contemporaneamente un tantino ossessivi-compulsivi.
Le foto.
Perché, siccome siamo disordinati, allora queste foto si spargono ovunque: rimangono anni dentro la macchina fotografica e poi vengono accatastate in una cartella intitolata Smistare, tranne quelle che erano state temporaneamente scaricate su una pennina USB per farle vedere alla vecchia madre, che già è molto se ha un computer ma figuriamoci se naviga in rete o addirittura può farsi mandare una foto su WhatsApp.
Comunque la cartella Smistare ovviamente non contiene le foto fate sul cellulare, che naturalmente sono anche in Drive, tranne quelle che un giorno per sbaglio gli hai detto di non fare un backup. E quelle che, per un motivo misterioso, hai scaricato via bluetooth su un secondo telefono. E quelle che hai estratto e scaricato sul PC ma che, invece di finire nella cartella Smistare, hai messo in un’altra cartella chiamata, chissà perché, Foto da vedere.
E poi quando l’anno dopo decidi di nuovo di fare pulizia nella macchina fotografica ti dimentichi che c’è una cartella già con delle foto dentro e ne hai creato un’altra chiamandola Dalla macchina da ordinare. Nel frattempo però una sera che ti sentivi padrone di te e dell’universo hai deciso di scaricare tutta la cartella di foto di Google e l’hai chiamata, per non sbagliare, Gallery. Poi ti sei dimenticato di averlo fatto e la settimana dopo l’hai scaricata di nuovo su una pennina USB, però un’altra, non quella che hai usato per mamma che se no era troppo facile. Su una terza USB, invece, hai scaricato le foto di Facebook. A quel punto ti sembrava tutto davvero troppo disordinato e hai scaricato di nuovo tutto su un’altra USB ancora, dove hai messo una cartella che hai chiamato Smistare definitivo, perché naturalmente nel frattempo ogni paio di giorni fai foto nuove e le maledette raccolte non sono mai uguali a se stesse.
Ecco, la vita di noi disordinati digitali è così.
Però, siccome abbiamo quel tanto di ossessività sufficiente a rovinarci del tutto la vita, coltiviamo il sogno impossibile di riportare tutto a casa.
E quindi ci facciamo religiosamente una directory sul PC nella quale disponiamo religiosamente sottocartelle: Foto di famiglia, Vacanze, Foto di Banca Etica, Foto dei Fabbricastorie eccetera. All’ultimo controllo la mia directory ha diciassette sottocartelle e alcune centinaia di sotto-sotto-cartelle, compresa una che si intitola Cose impossibili da classificare e una Foto incomprensibili ricevute da sconosciuti.
Ho perfino una cartella che si chiama Deteriorate, dove ci sono le foto sovraesposte fino all’illeggibilità, che magari qualcuno magico con Photoshop potrebbe salvarle. Chissà, un giorno.
Attualmente sono in un periodo di classificazionite: per esempio ho deciso che le varie cartelle e sottocartelle vanno datate, perché altrimenti man mano che le riordino – dopo averle duplicate su millemila pennine, cloud e cartelle temporanee – finisco per metterne metà da una parte e metà dall’altra.
Tremo al solo pensiero. Per la stessa occasione potrebbe succedere che metta qualche foto in Banca Etica->Incontri organizzati da altri e altre in Eventi e manifestazioni? Un abominio.
E quindi sto affinando capacità di ricerca degne di un analista della CIA: data di creazione del file e data di acquisizione vengono confrontate con agende di dieci anni fa, con il vestito indossato dalle persone raffigurate e perfino col taglio di capelli. Copio il nome del file e lancio ricerche globali, salvo poi frastimare perché durante un precedente attacco di ordinite ho rinominato una per una tutte le foto per renderle parlanti (sarà meglio Agnese che gioca con la palla forse Poetto forse 2011 di un banale WA-0001-20110328?) e adesso non ci capisco più nulla: perché c’è una cartella che data la festa di compleanno di Marta all’estate del 2012 e un’altra con le stesse foto di novembre 2012? E Marta non è nata a marzo?
Maledizione.
Però non lo cambierei con nient’altro. È che è materialmente impossibile venirne a capo, ma perdersi in mezzo alle foto, trovare e ritrovare cose, ricordarsi momenti, confrontare come eravamo e come siamo, intenerirsi… è impagabile.
Ti spinge perfino a prendere il vecchio cellulare che hai messo a riposo e tirarne fuori tutto ma proprio tutto. Cioè, passi l’ovvia cartella DCIM, ma WhatsApp? Dove per tirare fuori tre foto tre che hai fatto tu direttamente nella app devi farti largo nelle migliaia di meme cretini che ti hanno mandato?
Solo noi sappiamo cosa vuol dire.
Come le mamme ebree o napoletane, ci lamentiamo ma non ci rinunceremmo per niente al mondo.