Finestre sporche
È in corso, come sempre nelle prime settimane dell’anno, la discussione sullo stato del mondo 2019 fra Bruce Sterling e Jon Lebkowsky, come sempre la lettura più stimolante dell’inizio dell’anno, come sempre molto ammerrigana e del tutto fuori bersaglio (come sempre non ci azzeccano mai) e, come ho fatto gli altri anni, come sempre vi invito a leggerla (qui).
La battuta di apertura di Sterling è stranamente in sintonia con quello che sento, confusamente, in questo periodo e riecheggia anche una recente discussione interna al gruppo La Pira. Sterling paragona il dibattito che svolgerà con Lebkowski alla ripulitura annuale delle finestre: un esercizio salutare che in un grattacielo non può riuscire a eliminare tutto lo sporco accumulato, ma permette almeno di riconoscere le strisciate che restano nei punti irraggiungibili per quello che sono – sbavature di sporco – restituendo il panorama alla sua autenticità e facendo improvvisamente notare che la patina di sporcizia che sembrava ricoprire tutto il mondo là fuori in realtà stava solo sul vetro.
Un esercizio salutare (ripulire le lenti attraverso le quali si guarda il mondo) e dopo averlo letto ho deciso di impormelo io stesso: è troppo facile, altrimenti, finire rapidamente col dire: «Tutta va male, eeeh, ai miei tempi…» e in un attimo invecchiare di vent’anni come niente fosse.
Poi, intendiamoci, giusto nelle prime battute lo stesso Sterling dice:
E quindi ho viaggiato parecchio nel periodo finale del 2018, ma ho trovato più o meno lo stesso umore, diffuso in tutto il mondo. È la nuova oscurità. Tallinn e Bangalore sono stati i luoghi che spiccavano – più energici, più sensazione di alzarsi e darsi una mossa – ma non c’è tutta questa energia sociale brillante e scintillante là fuori. C’è il grigio, c’è la bonaccia. Non è un senso fatale di disperazione, ma è una specie di impotenza appresa, una sensazione di malessere e smarrimento. È molto simile all’atteggiamento delle persone che si iscrivono a Facebook perché non riescono ancora a immaginarsi un altro modo di vivere. Lo fanno perché si devono conformare all’apparente necessità, nonostante la loro vaga consapevolezza bovina di essere spiati, ingannati e defraudati. Questo è il malessere rassegnato che si adatta all’Internet del post-Snowden e al consolidamento dell’industria tecnologica. È il corteo funebre della Legge di Moore. Sembra un tizio grasso e sudato sul divano che sgranocchia biscotti avvelenati. Ecco com’è oggi. Ammesso tutto questo, però, tra questi weltschmerz [coloro che hanno stanchezza del mondo, NdRufus] globali c’è una strana corrente nascosta di persone che da un punto di vista personale se la stanno passando mica male. C’è fuoco sotto la cenere. Le persone non sono immerse in una morbosa disperazione esagitata; al contrario, le strade sembrano ben ordinate, le persone sono vestite meglio, il tasso di natalità è un pochino in crescita… Può essere che non abbiano un lavoro affidabile, o un piano pensionistico, ma si sono costruiti delle routine, in un certo senso.
Se Sterling abbia ragione – io credo di sì – e se questo sia un buon segnale – io credo di no – ovviamente si può discutere. Ma questa del ripulire le finestre per scoprire che non era sporco il mondo, ma la finestra, mi è sembrata proprio una bella metafora.