Essere un marchio (di se stessi)
La storia che voglio raccontarvi oggi è probabilmente una storia minore, però a me sembra irresistibilmente divertente e, quel che è più importante, molto rappresentativa dei tempi che corrono.
Dunque la storia è questa. Durante le foto sul red carpet per la consegna dei Golden Globes una (astuta) ragazza si è sistematicamente intrufolata nelle foto dei vari attori e celebrità presenti, comparendo inosservata alle loro spalle.
Dopo un po’ qualcuno, esaminando le foto della serata, si è accorto che la stessa ragazza con la bottiglia compariva dappertutto e la storia è diventata virale.
Questo ha voluto dire, naturalmente, il giusto quarto d’ora di celebrità per la ragazza, che è diventata il soggetto di centinaia di meme, è stata intervistata in TV in orario serale (qui potete sentire la sua spiegazione di come venire bene in foto in queste situazioni), ha fatto un po’ di comparsate qui e là e in generale è diventata famosa. Le hanno fatto fare pure una scena nella quale finge di avere vinto il premio ai Golden Globes come migliore attrice non protagonista (in inglese supporting role, “ruolo di contorno”, rende meglio).
E nel pacchetto erano comprese le inevitabili ondate polemiche di ritorno, come quella sulla poca sostenibilità delle bottigliette d’acqua.
È la società dello spettacolo, no? E cannibalizza tutto. Lo fa a tal punto che l’azienda distributrice dell’acqua, la Fiji, ha pensato bene di capitalizzare spiritosamente sulla notorietà della ragazza: alla consegna dei premi della Screen Actors Guild, poco tempo dopo, ha presentato delle sue sagome di cartone, invitando i vari ospiti a farsi un falso photobombing con lei.
E lei li ha citati, per uso non autorizzato della sua immagine.
Una parabola perfetta, no?
Che apre vertiginosi scenari. Un attore dietro cui lei si è fatta fotografare potrebbe citarla per uso inappropriato della sua immagine? Dopotutto lei è diventata famosa grazie alla loro celebrità.
In realtà però è la cosa ancora più vertiginosamente complicata. Perché la ragazza non era lì per conto suo. La cosa era organizzata. L’acqua Fiji, infatti, da almeno un decennio ha scelto come sua linea pubblicitaria quella di sponsorizzare grandi eventi, nei quali belle figliole vestite con abiti da sera blu – una specie di colore aziendale – passano fra la folla per offrire acqua e, casualmente, si trovano vicino agli ospiti di maggior rilievo proprio nel momento delle foto che poi saranno pubblicate nelle cronache e sui social.
Ho visto un articolo in cui Jamie Lee Curtis, per esempio, si lamenta di questo uso non autorizzato della sua immagine.
È interessante tutto questo dirottare la carrozza: il red carpet scippato agli attori da parte delle marche, le ragazze delle marche che si ritagliano uno spazio loro proprio, e così via.
Sono tempi complicati, no?